Capitolo 41

176 6 0
                                    

Il sonno ha portato i suoi benefici. Mi sveglio lentamente, sentendo che la febbre è scesa e mi sento molto meglio rispetto a prima. Il letto è vuoto accanto a me, e quando apro gli occhi, vedo che Harry non c'è. Mi stiracchio appena, ancora avvolta nel calore delle coperte, ma poi sento una voce bassa provenire dalla stanza accanto.
Riconosco subito la voce di Harry e mi accorgo che sta parlando al telefono. Per qualche motivo, mi viene istintivo fare finta di dormire ancora, per poter ascoltare senza essere notata. La sua voce è calma ma tesa, come se stesse cercando di mantenere il controllo di una conversazione scomoda.
"Papà, non c'è bisogno di fare così," lo sento dire, con un tono frustrato. "Ho una media altissima."
Ci sono dei secondi di silenzio, probabilmente mentre suo padre parla dall'altro lato del telefono. Harry sospira, e la sua voce si fa più seria. "Non fare paragoni con Alec. Lui è grande e sta già lavorando. E Constance, allora? Ha la media più bassa della mia! Non c'entra nulla che è all'ultimo anno, io studio cose più difficili!"
Mi giro leggermente nel letto, cercando di non fare rumore, mentre il mio cuore accelera un po'. Non avevo mai sentito Harry parlare così. La pressione della sua famiglia, il confronto costante con i suoi fratelli... è qualcosa che non avevo mai veramente considerato.
Un'altra pausa. Poi, con un tono più stanco, Harry riprende: "Quindi dovrei rimanere a Oxford per tutte le vacanze natalizie solo perché ho saltato qualche lezione? Non vedo mamma da mesi!"
Il dolore nella sua voce è palpabile. Faccio fatica a continuare a fingere di dormire, perché improvvisamente capisco che dietro la facciata sicura e arrogante che Harry mostra al mondo c'è molto di più. C'è una vulnerabilità che raramente lascia trasparire, e per la prima volta mi rendo conto di quanto peso si porta addosso.
Resto lì, immobile, ascoltando il silenzio che segue le sue parole.
Harry rientra in camera e subito nota che sono sveglia. Il suo sguardo si addolcisce non appena incrocia il mio, e c'è una strana luce nei suoi occhi, come se sapesse che ho ascoltato più di quanto volessi.
"Ehi, come ti senti?" chiede, avvicinandosi al letto con un sorriso che nasconde a fatica una certa stanchezza.
"Molto meglio," rispondo, cercando di sembrare rilassata nonostante quello che ho appena sentito. "E tu?"
"Sto bene," dice, facendo spallucce, ma c'è qualcosa nel suo tono che tradisce una leggera tensione.
Faccio un respiro profondo e, senza volerlo, escono le parole che avevo cercato di evitare. "Era tuo padre al telefono?"
Harry si blocca per un istante, come se cercasse di capire cosa rispondere, ma poi un mezzo sorriso gli sfugge. "Hai sentito, eh?" Non c'è accusa nella sua voce, solo una rassegnata accettazione.
"Un po'," ammetto, abbassando lo sguardo. "Non volevo origliare, ma..."
Lui si siede sul bordo del letto, appoggiandosi con le mani alle ginocchia, e sospira. "Non preoccuparti. Tanto non è niente che non sappia già. I soliti paragoni con Alec e Constance. È sempre la stessa storia." Cerca di fare il disinvolto, ma posso vedere che tutto questo lo pesa molto più di quanto voglia ammettere.
"Mi dispiace," dico sinceramente, osservandolo con attenzione. "Deve essere difficile... vivere sotto questa pressione costante."
Harry scuote la testa, come se volesse scrollarsi di dosso quel peso. "Ci sono abituato, ormai. Ma a volte, sì, è dura. Specialmente quando si tratta delle vacanze. Mi hanno chiesto di restare qui per studiare invece di andare a casa."
Sento una stretta al cuore. "E tu cosa hai detto?"
"Che non voglio," risponde, senza esitare. "Non vedo mia madre da mesi, e non voglio passare il Natale in un campus vuoto solo perché ho saltato qualche lezione." Si passa una mano tra i capelli, frustrazione palpabile nella sua voce. "Ma sai com'è mio padre... sempre a confrontarmi con i miei fratelli."
Annuisco in silenzio, capendo finalmente quanto deve pesargli tutto questo. "Harry... non devi dimostrare niente a nessuno. Sei incredibilmente brillante, e lo so che già lo sai, ma non devi sentirti sempre in competizione. Non con me, non con loro."
Mi guarda, sorpreso dalle mie parole, e per un momento non dice nulla. Poi il suo sguardo si addolcisce, e riesce finalmente a rilassarsi un po'. "Grazie, Mal. Forse è per questo che litighiamo così tanto. Mi sento sempre come se dovessi dimostrare qualcosa."
"Beh, non più," rispondo, dandogli un sorriso rassicurante. "Non c'è bisogno di fare la guerra quando c'è già abbastanza pressione fuori da qui."
Harry annuisce, poi si lascia cadere accanto a me sul letto, fissando il soffitto con un'espressione pensierosa. "Hai ragione. Non voglio più competere con te. Sono stanco di tutto questo."
"Sai, neanche io so se tornerò per Natale," dico piano, rompendo il silenzio. "I biglietti aerei costano tantissimo in quel periodo."
Harry mi guarda, sorpreso. "Caspita, da quanto non vedi i tuoi?"
"Dall'inizio dell'anno," ammetto, cercando di non far pesare troppo la cosa. Ma la verità è che mi manca casa più di quanto voglia ammettere, e il pensiero di passare il Natale lontano dalla mia famiglia è più triste di quanto voglia riconoscere.
Harry rimane in silenzio per un attimo, poi mi guarda con un'espressione seria. "Mal, te lo pago io."
"Cosa?" Mi giro verso di lui, incredula. "Non dirlo neanche per scherzo."
"Non sto scherzando," risponde, con un tono fermo ma gentile. "Me li ridai quando avrai la possibilità. Ma lascia che ti dia una mano. Non ho problemi a prestarti dei soldi e lo faccio volentieri."
Scuoto la testa, sentendo una leggera stretta al petto. "Harry, no. Non posso accettare. Non voglio metterti in una posizione del genere."
Lui si sposta sul letto per guardarmi negli occhi. "Malia, ascoltami. Capisco quanto ti costi accettare un aiuto, ma non c'è niente di male nel farsi dare una mano quando ne hai bisogno. Sono io che ti offro questo, perché ci tengo a te e perché non voglio che tu passi il Natale da sola, lontana dai tuoi."
Lo guardo, cercando di trovare le parole giuste. La sua offerta è generosa, troppo generosa. Eppure, c'è una sincerità nei suoi occhi che mi fa sentire sicura. Non c'è traccia di arroganza o di superiorità. Vuole solo aiutarmi, e per un attimo mi sento grata in un modo che non riesco a spiegare.
"Non devi farmi questo favore," sussurro, la voce leggermente tremante.
Harry sorride, prendendomi la mano. "Non è un favore, Mal. Lascia che lo faccia, per favore."
Mi mordo il labbro, indecisa, ma alla fine annuisco lentamente. "Okay," dico piano, sentendo il peso di questa decisione. "Te li ridarò appena posso."
"Lo so," risponde con un sorriso gentile. "Non ho mai dubitato di questo."
Il calore nel suo sguardo mi fa sentire a mio agio, e per la prima volta da giorni, mi sento sollevata. Harry ha ragione: non c'è niente di male nell'accettare aiuto da qualcuno che ci tiene.
"Ma ad una condizione," dico, guardandolo con un sorriso furbo.
"Quale?" risponde Harry, leggermente sospettoso.
"Se i tuoi non ti vogliono a casa per Natale, allora ti voglio io a casa mia."
"Cosa?" Harry mi fissa, incredulo. "Vuoi che venga con te?"
"Esattamente," rispondo, decisa. "Se proprio non hai problemi di soldi, prendi due biglietti e sarai mio ospite."
Harry si passa una mano tra i capelli, chiaramente preso alla sprovvista. "E ai tuoi va bene?"
"Certo," dico ridendo. "Non sai come sono fatti. Per loro, più siamo e meglio è. Non vedono l'ora di avere un'altra persona a tavola."
Harry mi guarda, ancora in bilico tra sorpresa e confusione. "Mal... questo è troppo."
Scuoto la testa, ferma. "Anche quello che vuoi fare tu per me è troppo. Ma ci sono solo due opzioni: o restiamo qui, in un campus vuoto come due disperati, oppure aggiungi lo Utah ai luoghi visitati della tua lista e andiamo a spaccarci di tequila con mio zio Randy."
Harry esplode in una risata genuina, lanciandomi uno sguardo divertito. "Tequila con tuo zio Randy, eh? Non mi sembra affatto male come programma."
"Sarà un Natale indimenticabile, te lo prometto," aggiungo, cercando di convincerlo davvero. "E poi, tu mi hai offerto una mano, è giusto che ricambi. Non voglio che tu resti qui da solo."
Harry si appoggia contro il cuscino, guardandomi intensamente per un attimo, come se stesse considerando davvero la mia proposta. Poi, con un sorriso malizioso, dice: "Va bene, affare fatto. Natale nello Utah, tequila inclusa."
Sorrido trionfante e lo tiro per un braccio, abbracciandolo stretta. "Sarà il miglior Natale di sempre."
"Spero che tuo zio Randy sia pronto per me," scherza Harry, ma nei suoi occhi c'è qualcosa di più, un senso di sollievo e gratitudine che non avevo visto fino a quel momento. Forse, per entrambi, questo Natale sarà davvero speciale.
"Lo sarà. E adesso andiamo a fare una partita alla Switch, mi manca competere con te."
Harry ride, quel suo sorriso malizioso che ormai conosco bene si allarga sul viso. "Ah, è così che la metti? Ti manco così tanto che vuoi tornare a perderti in una sfida, Mal?"
"Perdermi? Ti ricordo che l'ultima volta ti ho stracciato e ridotto a brandelli, Bennett," rispondo con un sorriso di sfida. "Non vedo l'ora di ripetere l'esperienza."
Harry si alza dal letto e mi tende la mano, lo sguardo pieno di entusiasmo. "Okay, ma sappi che stavolta non avrò pietà. Ti prometto che non sarà come l'ultima volta."
"Lo dici sempre, ma il risultato non cambia," rispondo, prendendogli la mano e lasciandomi tirare su. "Andiamo, che ho bisogno di ricordarti chi comanda."
Ridiamo insieme mentre ci avviciniamo alla console, e lui accende il gioco con quel suo sguardo competitivo che tanto mi piace. C'è qualcosa di rassicurante nelle nostre battaglie a Super Smash Bros, come se fosse uno spazio in cui possiamo essere noi stessi, senza litigi reali, ma con tutta la tensione positiva che ha sempre caratterizzato il nostro rapporto.
"Preparati, Bennett," dico, prendendo il controller e sedendomi accanto a lui sul divano. "Sono pronta a darti una bella lezione."
Harry scuote la testa con un sorriso divertito. "Sì, sì, vedremo, Mal."
E così, tra una risata e una battuta, torniamo a quello che sappiamo fare meglio: competere, ma stavolta con leggerezza, senza rancore, solo noi due, un controller in mano e la consapevolezza che, qualunque cosa succeda, ci sarà sempre un'altra partita.

OPPOSITE: Tutto è lecito in Guerra e in AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora