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Dopo aver rimandato la sveglia di cinque minuti decido di svegliarmi, ma come sempre ci metto un bel po' prima di mettere i piedi giù dal letto: aprire gli occhi alla stessa ora, rimanere per cinque minuti sdraiata a fissare il vuoto per prendere meglio coscienza, fare sempre gli stessi movimenti ormai diventati meccanici e totalmente naturali è purtroppo quello che sono obbligata a fare, da buona studentessa, per non perdere l'autobus e non rovinare la mia nomina di "precisina", che mi sono acquistata alle medie e che sinceramente non mi dispiace più di tanto.

Decido di non fare colazione: senza i miei in casa sono libera, più o meno, di fare tutto ciò che voglio, così vorrei mettere un po' di musica, invece di sprecare il tempo a bollire il latte, fare il caffè, apparecchiare per non sbriciolare con i biscotti. E così faccio: metto su il mio CD preferito, mi preparo in poco tempo ed esco.

<<'Giorno!>>, urla Chiara, la mia ex compagna di classe, non appena mi vede salire sul bus. E' seduta al solito posto (in fondo a destra, terza poltroncina) ancora tutta sola, ma non mi metto accanto a lei: i due posti vicini sono riservati alle sue migliori amiche storiche, così mi appoggio vicino all'ingresso, nel posto singolo.

In pochi minuti il pullman si riempie e io sono costretta a farmi piccola piccola per non venire schiacciata dai vari studenti rimasti in piedi.

Il tragitto dura più o meno dieci minuti, che bastano a farmi ripassare il programma di letteratura della settimana: "L'Ermetismo".

La mia fermata è la prima e, come ogni mattina, trovo ad aspettarmi, sotto il box, Filippo, il mio compagno di banco.

<<Andato bene il viaggio?>>, mi sorride porgendomi il bicchiere pieno di cappuccino e cacao.

<<Alla grande!>>, scherzo. Sa che odio viaggiare su quel bus, ma continua a chiedermi ogni mattina la stessa cosa che è diventata un rito obbligatorio dal primo giorno di scuola.

<<Menomale! Dai che dopo oggi si finisce e non dovrai più rivedere quei volti che tanto ami!>> Quanto ama prendermi in giro, questo ragazzo!

Abbiamo fissato di andare a casa mia dopo scuola, per pranzare insieme senza dover fare i compiti dopo i pasti, per una volta. Oggi infatti è l'ultimo giorno prima delle vacanze invernali, che a grande richiesta sono state allungate ad un mese e mezzo e ci dobbiamo scambiare i regali di Natale. Poi lui si è offerto di farmi compagnia, data l'assenza dei miei genitori dovuta al loro viaggio di tre mesi per motivi di lavoro, così sicuramente ci andremo a fare un giro, senza rimanere a ripetere le stesse cose per ore.

Entrando in classe ci uniamo al gruppo dei compagni, che discutono dei troppi compiti che quella di francese ci aveva dato: effettivamente quella è una vipera, ma non posso negare che gli sto simpatica, quindi non commento.

La giornata procede benissimo, prendo un bel voto in scienze nell'interrogazione, riesco a non buttarmi il cioccolato caldo indosso e, tra un cambio dell'ora e l'altro, riesco perfino a scambiare due chiacchiere con Susanna, la nuova arrivata. Quando all'una e quindici la campanella annuncia la fine delle lezioni, si alza un'ovazione dal corridoio, dove quelli dell'ultimo anno sono già ammassati. Io e Filippo rimaniamo per ultimi per evitare la calca e quando la situazione si è placata corriamo anche noi verso la porta.

<<Avrei voglia di buttare tutti questi fogliacci in giro!>> Il mio amico non è come me, anzi, siamo completamente l'opposto, ma sta cercando di migliorare da quando mi ha conosciuto: con sorpresa da parte di tutti la scorsa settimana ha portato a casa un nove in geografia, dopo aver passato la serata con me a studiare.

<<Io ancora non la capisco questa cosa, sai! Perchè sei diventato...così? Quelli della squadra anche lo pensano, i tuoi, i professori...!>> Gli faccio cenno con le mani e lo indico da capo a piedi.

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