46 (Diana)

43 10 0
                                    

<<Mi passi il miele, per favore?>> Filippo allunga il braccio senza fare un fiato e dà uno slancio al barattolino, che Nicole afferra al volo e svita, anche lei senza dire "A" come risposta. 

Mentre stacco un morso di toast, faccio qua e là con gli occhi per osservare la scena: teste basse, fissi sulle tazze di latte e piede di lui che batte come stesse battendo la cassa della batteria. <<E insomma>>, inizio per rompere l'imbarazzante silenzio <<dite qualcosa, no? Che ne so, magari inventate o raccontate cosa avete in programma per la giornata! TU, che farai oggi?>> Punto la fetta di pane contro mia cugina, che alza lo sguardo per un minimo secondo e lo riabbassa subito, tossendo.

<<Stamani vado in centro, il pomeriggio esco e dopo cena vado da Cristina. Tu, Fil?>>, domanda con un sorrisino sul viso, quasi lo stesse prendendo in giro.

<<Io stamani sto con Diana, poi penso rimarrò a casa.>> E' un continuo: occhiatacce, sorrisi davvero fastidiosi, voce fredda... Dovrei intervenire? Dovrei lasciarli fare? Non lo ho di certo invitato per passare il tempo così!

Finisco rapidamente di mangiare e bevo il cappuccino, poi sciacquo tutte le stoviglie, mentre i due ancora se ne stanno fermi su quelle sedie, quasi fossero statue, senza accorgersi neanche che li fisso dal vetro della finestra davanti al lavandino. Il ragazzo alza lo sguardo quando vede che lancio addosso a mia cugina il panno per asciugare le cose, fa una risata per la mia smorfia e lo riabbassa, così, stufa della situazione, gli propongo di uscire: fosse un buon modo per farli stare tranquilli e carini!


<<Cosa avete, voi due?>>, domando mentre camminiamo sotto l'ombrello a fantasia scozzese che mi aveva regalato il primo giorno d'inverno.

<<Siamo usciti insieme un po' e non è funzionata, ma tranquilla: niente di che.>> "Davvero niente di che eh, dato che non vi siete parlati per tutto il tempo e somigliavate tanto a due ragazzini dell'asilo che hanno appena litigato per un pastello colorato con cui colorare!", mi suggerisce di dirgli la mente, ma preferisco tacere per non avere altre discussione, anche se non sarebbe tanto sbagliato farglielo notare; mi fisso bene queste parole in mente, in caso dovesse succedere di nuovo, e inizio a correre sotto la pioggia battente lasciandolo solo a qualche metro di distanza: correre sotto l'acqua mi è sempre piaciuto, tant'è che una delle prime volte che stavamo insieme gli ho fatto mollare tutta la t-shirt a causa di un acquazzone di fine stagione! <<Non cambi mai, eh?>>

Faccio qualche salto e torno da lui, sorridente, che mi stringe tra le sue braccia fraternamente, facendomi sentire protetta come riesce a fare anche Lorenzo. <<Sai che staresti bene in frac?>> Si, è vero, lui sta benissimo con i vestiti formali, come tutti i ragazzi carini, d'altronde, ma non so perché gli abbia detto questa cosa, ora; rido e mi metto le mani sul viso mentre mi guarda sconvolto, domandandosi dentro si sé che cosa c'entri ora il frac.

<<Sarebbe inutile, tanto, però se lo dici tu!>>

<<Alle ragazze piacciono i ragazzi eleganti, non pensare a quelli che portano i pantaloni calati e le canottiere strappate, Fil.>> Tiro avanti per qualche secondo in silenzio, poi mi viene un lampo di genio: <<Io e te andiamo a fare shopping insieme un giorno e vedrai che ti farò essere davvero, davvero, davvero bello... Non che tu non lo sia già, chiaro!>>. Ci stringiamo la mano in segno di promessa e continuiamo a ridere del più e del meno per un'ora abbondante, raccontandoci le nostre vite e proponendoci di fare cose divertenti al più presto.

<<Sei bella, Diana.>>, se ne esce prima di imboccare la strada di casa di mia zia.

<<Grazie>> Gli do un bacio sulla fronte, tirandomi sulle punte <<e tu sei troppo carino, Filippo.>>.

<<Ti voglio bene>>, dice seguendo quelle tre parole con il mio nome, <<Ti voglio bene come se ti conoscessi da una vita, come fossi la mia migliore amica da diciassette anni a questa parte, come se non avessi mai avuto nessuno all'infuori di te.>> Ogni tanto si interrompe ed è proprio in quegli istanti che capisco sempre meglio quanto tenga a questo ragazzo. Senza parole pronte da rispondere, mi butto in braccio a lui, che lascia cadere l'ombrello e mi tiene forte sulle gambe, con la testa contro la mia. 

Lo bacio sulla guancia: <<Tesoro mio.>>, gli dico, e la sua voce si sovrappone alla mia: mi era mancato, mi era mancato il fatto di dire le stesse parole allo stesso tempo, mi era mancato sentirlo così vicino e si, mi erano mancati i suoi abbracci, anche se per così pochissimo tempo; sarà per il fatto che io e lui ci vedevamo tutti i giorni, che stavamo sempre appiccicati a dire cavolate su cavolate, non lo so, ma io ho bisogno anche di Filippo, per essere felice.

Apro gli occhi mentre mi accarezza la testa e trovo Lorenzo impalato lì davanti a noi.




FrameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora