Capitolo 48: Hei

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Non riesco a chiudere occhio finché non mi arriva il messaggio di Ben «L'ho accompagnato a casa. Ha vomitato l'anima ma sta bene» Non mi serve sentire la sua voce per capire che ce l'ha con me, ma gli passerà prima di domani.

Infatti è andata proprio così, il mattino seguente Ben è venuto a prendere me e Lucy per andare a scuola. Il giorno dopo io e Jake siamo andati a vedere la partita di calcio di Isabelle e poi, insieme a Lucy, siamo andati a festeggiare la sua vittoria. Venerdì sera ho aiutato Ben a studiare e Sabato io e Lucy siamo andate a casa di Isabelle a cenare e ha guardare un film. E tutto si ripete per circa un mese, senza che niente che non sia quotidiano accada. Niente Cameron. Mi manca terribilmente. E io che pensavo che con il tempo le cose sarebbero andate meglio. Anche mio padre e Bethany mi mancano moltissimo. Per fortuna domani vado a trovarli, anche se Holly non è entusiasta del fatto che devo saltare qualche giorno di scuola proprio quando mancano pochi mesi alla fine dell'anno scolastico. Prendo la mia valigia da sotto il letto e la riempio lentamente di vestiti.«Hai bisogno di aiuto?» chiede Izzy entrando nella mia stanza. Annuisco e le chiedo di passarmi delle scarpe. Chiudo con fatica la valigia. «Sono solo alcuni giorni, con cosa hai riempito la valigia?» chiede sedendosi sul letto.«Ho comprato un paio di regali per Bethany» le spiego spostando la valigia sul pavimento per potermi sedere accanto a lei.«Peccato che Lucy non c'è» dice Isabelle pensierosa. Lucy e i suoi genitori sono andati a trovare i loro parenti, così io ho deciso di andare a Chicago. Mi rialzo e prendo la valigia.«Andiamo?» Izzy annuisce decisa e insieme andiamo in garage e carichiamo la mia valigia nella sua macchina.«C'è un problema» dice preoccupata.«Che problema?» chiedo facendomi influenzare dalla sua preoccupazione.«Non parte» Riprova più volte a mettere in moto ma il motore non si accende. «Perderai l'aereo se non ci sbrighiamo» fa notare lei, guardando l'orologio che porta al polso. «Chiediamo a Jake un passaggio» propongo. Lei scuote la testa «Sta facendo da baby sitter ai suoi cuginetti» afferma prendendo il telefono. «Chi chiami?» chiedo subito spaventata al pensiero che possa chiamare Cameron. Probabilmente non sa nemmeno che mi sono trasferita. Isabelle blocca i miei pensieri «Ben sta arrivando» annuncia uscendo dalla macchina. Pochi minuti più tardi arriva Ben. «Cosa fareste senza di me?» chiede sorridendo.«Dai, salite in macchina. Quando torniamo vedrò cosa c'è che non va con la tua macchina Izzy»

«Grazie per avermi accompagnata» dico loro una volta arrivati all'aeroporto. «Nessun problema» risponde Ben allegro. «Tutto a posto?» chiede poi Isabelle. «Si, è solo che già mi mancate» dico triste. «Sono solo quattro giorni Amy» dice Izzy dolcemente. «Non hai intenzione di non tornare più, vero?» chiede allarmata. La tranquillizzo con un sorriso. «No, certo che no» Usciamo dalla macchina e ci abbracciamo. Prendo la valigia e mi allontano lentamente dai miei amici, salutandoli con la mano.

Dopo molte ore finalmente atterriamo. Bethany mi sta aspettando all'uscita. Mi affretto a raggiungerla e quando la vedo le corro incontro, trascinandomi dietro la valigia. Ci abbracciamo a lungo e poi scoppiamo a ridere senza alcun motivo, se non la felicità di rivederci. «Mi sei mancata» ammette lei sorridendomi. «Anche tu. Un pochino» scherzo spingendola verso la macchina. «Andiamo, voglio vedere il vostro appartamento» Beth mi aiuta a caricare in macchina le mie cose e poi comincia a raccontarmi delle ultime settimane trascorse a Chicago.«Papà stamattina era così contento che ha pulito l'intero appartamento ed è andato a fare la spesa per cucinarti qualcosa di speciale» dice lei con un dolce e affettuoso sorriso.«Gli manchi molto» aggiunge poi.«Anche voi mi mancate molto, ma sai cosa non mi manca?» chiedo guardandola. Mi lancia uno sguardo fugace.«La cucina di papà» Betha si mette a ridere e annuisce.«Ora che ti sei abituata alla cucina della mamma di Lucy ti sembrerà ancora peggio» Mi unisco alle sue risate e l'ascolto attentamente mentre mi parla della sua nuova scuola e di alcuni amici che vanno in classe con lei. «Manca ancora molto?» chiedo dopo un po', impaziente di abbracciare mio padre.«No, siamo arrivate» Entra in un garage e parcheggia la macchina.«Prendo le valige» dice aprendo il baule. Prendiamo l'ascensore e saliamo al terzultimo piano dell'edificio.«La prima porta» mi dice indicandomela. Affretto il passo ed entro nell'accogliente appartamento. Mio papà spunta da infondo al corridoio, con grembiule e pantofole pelose addosso. Si toglie di fretta il grembiule e si dirige verso di me con le mani in alto, pronte ad accogliermi. Lo abbraccio e lui mi stringe a se.«Ti ho preparato la cena. Il pollo sembra squisito» annuncia orgoglioso lasciandomi andare. «E mentre io pensavo che tu fossi qui per lavorare... Tu hai abbandonato tutto per essere una casalinga» scherzo.«Le porto in camera tua» ci interrompe Beth.«Ho una camera tutta per me?» chiedo sorpresa.«Certo. Cosa pensavi, che avrei condiviso la mia stanza con te?» chiede ridacchiando. Seguo mio padre fino in cucina, dove vengo sorpresa da un piacevole odore di pollo al forno.«Promette bene» dico sedendomi sul bancone.«Sono migliorato molto» afferma mio padre spegnendo il forno. Mio padre muore dalla voglia di tartassarmi di domande, ma per mia fortuna arriva Beth.«Ti mostro l'appartamento» Bethany mi fa vedere il salotto moderno, i due bagni, la camera di mio padre, la sua camera e infine la mia. È praticamente identica a quella che avevo a casa, solo molto più ordinata e vuota.«Ti ho comprato alcuni dei tuoi libri preferiti» dice avvicinandosi alla libreria. Mi abbasso per aprire la valigia e butto sul letto diversi sacchetti.«E io ti ho comprato un paio di cosucce» le dico sorridendo. Lei ricambia il sorriso e si precipita subito a controllare i suoi regali. Dopo circa mezzora di risate nostro padre ci chiama per venire a mangiare. Riordino alla svelta i vestiti che Bethany a provato e raggiungo la mia famiglia a tavola. Ora niente impedirà a mio padre di farmi mille domande senza sosta. Procede tutto a meraviglia finché non tocca l'argomento Cameron. Mentre mio padre parla di lui, Bethany mi fissa cercando di capire l'effetto che mi sta facendo. Va tutto bene. «Cambiamo argomento?» propone Bethany.«Mi passi il sale, papà?» chiede poi distraendo mio padre. Le sorrido riconoscente e sospiro prima di ricominciare a mangiare. Rimaniamo seduti a tavola fino a tardi, aggiornandoci sui fatti accaduti questo mese, poi mio padre ci chiede di sparecchiare e ci saluta prima di andare a dormire. Io e Beth portiamo i piatti in cucina, dove ci dividiamo i compiti. Mentre lei lava i piatti e le posate, io asciugo tutto quello che mi passa e lo ripongo dove mi dice lei.«Ci sono novità?» chiede. Faccio finta di non capire a cosa si stia riferendo e scuoto la testa inarcando le sopracciglia.«Cameron» precisa, fermando l'acqua.«Dobbiamo proprio parlarne?» chiedo sbuffando. Mi prende il piatto dalle mani e annuisce.«Si» afferma seria.«Sono tua sorella, racconta» insiste. Sbuffo nuovamente e mi appoggio al bancone.«Non è successo nulla» dico fissando il panno ormai bagnato che tengo in mano.«Non ti ha chiamata? Nemmeno una volta?» La guardo negli occhi e scuoto la testa.«Mi ha chiamata un paio di volte, ma non ho avuto il coraggio di rispondergli» rispondo. Almeno con lei posso confidarmi.«Perché non lo chiami, o perché non provi a dargli un'altra possibilità?» chiede avvicinandosi di un passo a me. Scuoto nuovamente le testa, questa volta con decisione.«No, ho promesso di non farlo» Beth alza un sopracciglio e mi fissa per un secondo senza dire niente.«Promesso a chi?» ribatte.«A me stessa. Non posso e basta» rispondo tenendo lo sguardo fisso su di lei.«Si che puoi» insiste, irritandomi.«No. Basta Bethany. Non voglio discutere con te su questo. Non puoi capire» Sbuffa prima di parare «Cosa vorresti dire? Pensi che io non abbia mai sofferto? Sto solo cercando di dirti che forse, per stare meglio, dovresti semplicemente vedere cosa ha da dirti. Scommetto che te lo hanno detto tutti ma tu non...»«Mi ha spezzato il cuore, okay? Per quanto vorrei non posso perdonarlo. Ho passato momenti terribili dopo la morte di Ally...» Il solo pensiero mi ferisca ancora «Ma con il tempo ho imparato ad amare me stessa e non posso buttare tutto nel cestino adesso, solo perché non so stare senza di lui. Mi ha trattata troppo male, mi ha fatto soffrire e mi ha fatto sentire insicura così tante volte che mi meraviglio che io abbia ancora un briciolo di autostima. Per quanto possa amarmi, mi ha spezzato il cuore. Più volte, ho ormai perso il conto. E mi stanno distruggendo i sentimenti che provo per lui. A volte sembra odio, altre ossessione e io non capisco più niente quando si parla di lui. So solo che devo pensare e me stessa, ora, e non posso farlo con lui accanto perché manda tutto all'aria. Quando comincio finalmente a fidarmi ciecamente di lui e permettendomi di avvicinarmi a lui e lasciarmi andare, raccontandogli tutto... lui mi pugnala alle spalle» sbotto, sfogandomi come non ho fatto da troppo tempo. Non fa mai bene tenersi tutto dentro. Mia sorella mi guarda con occhi tristi, pieni di compassione sono obbligata a distogliere lo sguardo. Mi riprendo il piatto e finisco di asciugarlo.«Scusa» dice a bassa voce, avvicinandosi verso di me per abbracciarmi.«Se mi abbracci adesso non riuscirò a trattenere le lacrime» la avverto. Lei alza le mani in alto e mi sorride. Sospiro, sollevata dopo esserini sfogata e ricambio il sorriso, cercando di farlo apparire il più sincero possible.«Posso dire solo un'ultima cosa?» chiede. Annuisco. Pessima scelta.«Forse non dovresti dimenticare chi ti ha aiutata ad uscire da quel brutto periodo, facendoti diventare la ragazza che sei ora» Le sue parole mi colpiscono violentemente in piano stomaco, risvegliando i miei pensieri. Ha ragione. Forse. Sussulto quando il campanello interrompe il silenzio. «Vado io» dice Beth prendendo le chiavi dal tavolino in corridoio. Mi appoggio di nuovo al bancone e cerco senza alcun risultato di riordinare le idee. Cado dalle nuvole quando sento la sua voce.«Posso parlare con lei?» C'erano poche cose di cui ero sicura, ma vengono spazzate via immediatamente con il suo arrivo. Cosa ci fa lui qui? Corro verso l'entrata e non posso fare a meno di trattenere il respiro quando lo vedo. Mi fa un debole sorriso e alza una mano per salutarmi.«Hei»


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