8 - Jonathan

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L'attico del palazzo è stato svuotato per fare posto agli invitati. Val avrà organizzato anche qualcosa alla piscina. Infatti, candele galleggianti, torce intorno e l'acqua riscaldata. Ha aperto tutte le vetrate dell'appartamento, in questo modo sembra un unico grande ambiente. Quel palco deve essere per il gruppo spalla di Emily. Per ora suonano pezzi scritti da loro. Probabilmente dopo faranno qualcosa dall'album di Emi. Lì c'è la postazione per il dj e sul soffitto ecco le luci da disco. La serata cambierà tono sul tardi. Il buffet è stato diviso in tanti tavoli sparsi per tutto l'appartamento, mentre per il vino c'è un esercito di camerieri pronto a lavorare.

«Allora? Ti piace come ho organizzato?». Val mi abbraccia da dietro avvolgendomi con le sue ali piumate. Mi piace l'odore delle sue piume.

«È fantastico! Ma le ali? Mica rimarrai così!».

«Oh sì che rimarrò così, fratellino! Non fare quella faccia, Jonathan. Dirò che le ho fatte produrre in Italia da un liutaio. Disegnate apposta per la mia schiena. Mi basterà tenerle un po' rigide per non creare troppi sospetti. È una festa in maschera! Voglio divertirmi. Tu invece sei un po' anonimo. Non hai trovato niente di meglio?».

Una maschera veneziana bianca con dei ricami azzurri, una camicia aperta sul petto, con le maniche a sbuffo e un paio di pantaloni bianchi allacciati in vita e stretti alle cosce con dei lacci. A piedi nudi.

«Dovrei sembrare un veneziano, o qualcosa del genere. Sai, tipo il carnevale di Venezia. Ma forse non è venuto molto bene».

«Sei abbronzato. Stai benissimo lo stesso. Che ti frega! Ah! Ecco i primi ospiti! Andiamo a fare gli onori di casa».

Nel giro di mezz'ora l'appartamento si è riempito di persone. Non ne conosco nemmeno una. A parte il cugino Jelial, e quei tipi del consiglio di amministrazione della Feather Corp. Le luci vengono abbassate e il gruppo suona le ultime note del brano. Si girano tutti verso la porta d'ingresso che viene aperta, ed Emily fa la sua entrata in una ridda di applausi e urla di incitamento. È raggiante, saluta con baci e abbracci tutti quelli che incontra. Quel vestito bianco di percalle che le fascia i fianchi gliel'ho regalato io. Gli orecchini a pendaglio e i braccialetti di fili d'argento glieli ha regalati Val quando ha fatto diciotto anni. Dietro di lei, un eterogeneo gruppo di persone, e anche tra loro non conosco nessuno. A parte Caroline, ovvio, che è al telefono persino in questo momento. Quella non si ferma mai.

Mi faccio da parte e vado a prendere un bicchiere di vino. Ci vorrà un po' prima che Emily riesca a districarsi dal giro di saluti. Mi siedo a bordo piscina e metto i piedi nell'acqua. Ci sono un paio di persone che stanno facendo il bagno mentre bevono un drink. Mi sorridono. Non hanno la più vaga idea di chi sia. È facile essere il fratello dimenticato quando gli altri due sono così vistosi.

Non so quanto tempo rimango con i piedi nell'acqua a guardare le candele che galleggiano. Quando mi sento afferrare alle spalle i due che mi avevano salutato non ci sono più.

«Quanto mi sei mancato! Ma sei uno splendore, tutto abbronzato! Ehi!», chiama alcuni suoi amici intenti a servirsi a uno dei tavoli del buffet, «guardate quanto è bello mio fratello l'infermiere surfista!».

Che vergogna.

«Emily, smettila».

«Vieni che ti voglio presentare una persona. Alexander!». Emily rientra nella sala. Mi alzo, passo i piedi su uno dei tappeti intorno alla piscina e la seguo. Ha raggiunto un ragazzo poco più basso di me, pelle scura e lunghe treccine di capelli neri. È vestito come uno sciamano tribale o qualcosa del genere. Comunque uno sciamano di qualche paese caldo, visto che ha buona parte del corpo scoperta. Ha un corpo asciutto e tonico senza essere muscoloso, il corpo di un corridore. Forse dovrei dire qualcosa invece di fissarlo. Iridi gialle e ciglia nere. Un bel tipo davvero. Brava Emily.

Nephilim. Guerra in PurgatorioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora