13 - Ryan

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Una caduta dal 104° piano. No. Non la reggo. Ma avevo visto bene. Dopo pochi piani in caduta libera c'è la statua di un angelo ad ali spiegate. Atterro su quella e da lì continuo a saltare verso i piani più bassi utilizzando statue, cornicioni e tutto quello che trovo nel mio passaggio. Un grattacielo che sembra uscito da un fumetto di Batman. Meglio così. Fosse stato vetro e cemento armato, non avrei avuto nessun appiglio e allora avrei preso la birra con lo zio. Quando arrivo a terra, sento il suono di un clacson.

«Qui! Ryan! Sali!». Morgan, in macchina con gli altri. Se la ridono mentre cercano inutilmente di metterla in moto. Li raggiungo correndo. Un SUV nero quasi mi mette sotto mentre attraverso la strada.

«Ryan! Dov'eri finito?». Morgan mi accoglie urlando a squarciagola. Sono mal ridotti. Blaze ha dei brutti tagli sul petto e Rubi-qualcosa un occhio nero e un braccio piegato in maniera innaturale. L'unico che sembra star bene è Morgan, stravolto dall'eccitazione del combattimento. Ha perso la parrucca, il vestito è strappato in più punti e le corna gli spuntano tra i capelli. Durante il combattimento deve averne perso il controllo.

«Allora, non è stata una festa da sballo?!».

Mi metto al posto di guida, accendo il motore, ingrano la prima e parto.

«Ti sono cresciute le corna, idiota».

«Ma sì, poi le limerò. Ryan, amico mio... cos'è quel sorriso che hai stampato sulla faccia?».

Mi guardo nello specchietto. Sotto il sangue ho un sorriso fin troppo evidente. Non mi ero accorto di sorridere. Rubi-coso dietro di noi continua a urlare e festeggiare. Blaze non dà molta corda all'amico, guarda fuori dal finestrino mentre si gira tra le dita una fiammella. Saranno feriti, ma certo non sono in fin di vita. Guardo la strada, mi accorgo che sto spingendo sull'acceleratore. Troppo. Rallento un po'. Morgan mi fissa. Non capisce se ho ammazzato qualcuno o se sono solo stordito d'adrenalina.

«Ho conosciuto un ragazzo, Morgan».

«Avete capito ragazzi? Ha conosciuto un ragazzo!».

I due dietro non rispondono nemmeno. Stanno cantando qualcosa di indecifrabile che coinvolge una mucca, un fattore e un sacco di altri dettagli che non capisco. Accendo la radio e la metto a tutto volume. Non ho voglia di starli a sentire. Se ci becca una volante della polizia stavolta ci buttano in galera con tutta la macchina.

«Grande, amico mio! Era ora! E chi è? No, Ryan. Non dirmelo. Il cantante del gruppo. Secondo me ti aveva buttato l'occhio. Oppure quel buttafuori con i capelli rossi? Oddio, forse è uno di quelli a cui ho spaccato la faccia davanti la piscina. Ehi! Ho spaccato la faccia al tipo che ti sei rimorchiato? In caso mi devi perdonare, ma c'è da dire che non era niente di che...».

Un rosso bruciato e una curva stretta, terza, poi quarta e via sull'asfalto.

«Chi? Non so di chi stai parlando».

«Allora non lo so. Meno male. Sarei stato un pessimo amico se ti avessi mandato all'ospedale il tipo la sera stessa che l'hai conosciuto! Ma hai visto che ballo che ho fatto fare a quei dementi? Senti, ma 'sta storia che erano Demoni? 'Sti stronzi dei Celestiali ancora si tengono Demoni per casa! Per casa poi! Come fai a tenere sotto il tuo tetto uno che per colazione mangia vermi e cuori di bambini. Certo questi non facevano schifo come altri che abbiamo incontrato. Rubicante! Ti ricordi di quel Demone che abbiamo incontrato in Messico? Quello con le corna da cervo coperte di muco... Eh? Ti ricordi?».

«Mh?».

«Ma sì! Quando c'eravamo messi in testa di trovare un chupacabra per tenerlo come animale domestico».

Rubicante si rimette a cantare con Blaze.

«Alla fine abbiamo trovato una licantropa che era una bomba. Te l'ho raccontato? Vabbè come sia. Insomma amico, incontriamo questo Demone, ma era tipo chiuso in questa cantina da non so quanto tempo. Era circondato da amuleti, roba di quelle zone. Mojo bruttissimo. Ed era tutto ricoperto di una melma che...».

Freno a mano, sterzo. Testacoda. Recupero la strada e lancio la macchina sul ponte di Brooklyn.

«Cazzo Ryan! Dovrò cambiare le gomme, amico! Quanta irruenza in questo Infernale! Quanta irruenza!».

«Jonathan. Si chiama Jonathan».

«Jonathan? E adesso chi è questo? Non dirmi che è un Demone! Meglio un Umano a questo punto! O magari un Infernale! Un altro infiltrato che non abbiamo notato, eh? Un bell'Infernale. Guarda che a letto siamo i migliori. Insomma non sono mai stato con un Infernale uomo, ma le ragazze... ti fanno dimenticare qualunque Umana!"

«Non è umano e non è un Infernale».

«Oh, Ryan, un Demone no! Che schifo! Mah! Basta che non è come quello messicano. È come quello messicano?».

«Un Celestiale».

Anche i due dietro si azzittiscono.

«Un Cele... Tu... stai scherzando, vero?».

Smetto di guardare la strada per un attimo e lo fisso negli occhi. Poi mi giro di nuovo giusto in tempo per schivare una moto contro cui stavo per schiantarci.

«Sei impazzito?».

«Penso proprio di sì».

«Non parlavo della moto».

«Lo so».


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Nephilim. Guerra in PurgatorioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora