35.Lui

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Sono in piedi davanti alla finestra. Una sagoma di potere stagliata contro la luce del giorno che mi scalda la pelle. Amen. La luce del Signore mi fa sentire in pace con il mondo. A pochi centimetri da me, oltre il vetro, il puma finisce di pasteggiare con la sua preda. Animale affascinante. In poco più di ventiquattro ore ha spolpato la sua vittima, tenendola al sicuro dagli altri predatori della foresta. Ne ammiro la determinazione, gli artigli e la pelliccia. I felini sono tra le creazioni più affascinanti dell'Unico. Sento la porta che si apre. Uno dei servitori mi viene incontro ossequioso. Deve essere l'ora.

«Signore, l'Infernale è qui». «Grazie, puoi farlo accomodare».

Mi giro verso la porta e osservo il Nephilim Ryan entrare nella grande sala. È la prima volta che lo vedo. Questo ragazzo non è importante nemmeno la metà di quanto non lo sia Val Feather. Non ci siamo incontrati prima, tantomeno privatamente. Dopo che il ragazzo ha rinunciato alla sua discendenza, rinnegando il padre Prometheus, è uscito dalla scacchiera dei giochi di potere. Fino ad oggi. Lo accolgo con un sorriso. «Tu sei il figlio di Prometheus Hill, a suo volta figlio di Chris Hill. Somigli a tuo nonno. Era una persona speciale. Un Infernale potente e intelligente. Era molto piacevole conversare con lui. Possedeva due corna imponenti. Tra le più grosse che abbia mai visto su uno della tua razza».

«Sì, beh... È morto in ogni caso».

Che risposta fuori luogo. Con un certo disappunto lo osservo guardarsi intorno con aria stolida. «Già... un peccato che le vostre vite siano comunque così brevi». Speriamo che la conversazione si risollevi. Mi aspettavo di meglio. Che non sia una delusione, insomma! Gli indico la stessa poltrona dove ho fatto sedere il Nephilim Val ieri. Ryan si accomoda, tradendo un certo nervosismo nei movimenti.

«Ho sempre avuto un debole per quelli della tua razza». Mi fermo a osservarlo, ora si schernirà. Si sentirà lusingato del mio apprezzamento. Oltretutto da parte mia, dovrebbe coglierne la contraddizione, il lazzo giulivo.

Non sembra afferrare niente di tutto ciò.

«Sono stato io il primo a conversare con uno di voi. Ti dirò di più, sono stato il primo a conversare con uno degli Angeli caduti, quando ancora non li chiamavamo Diavoli. Fu una conversazione

interessante. Cercò di convincermi che era dalla parte del giusto. Quando fu scacciato nel profondo dal piede dell'Unico non ne provai dolore. Era così tanto tempo fa. Ho spesso nostalgia di quel tempo. Il mondo era vergine, pieno di possibilità. Per questo ci trasferimmo nel Nuovo Mondo dopo la sua scoperta. Era come tornare indietro nel tempo. Ovviamente fummo obbligati a portarvi tutti con noi. Siete la nostra responsabilità e la nostra condanna, purtroppo».

Cerco una risposta nel suo sguardo, un segno di comprensione. Un barlume di acume. Nulla. Continua a fissarmi senza deferenza o interesse. Aspetta che io arrivi al punto. Questo tempo è dimentico dell'arte oratoria. La sintesi è la morte della conversazione. Slogan, brevi e urlati. Tweet. Concetti primitivi. Grugniti primordiali. Versi appena articolati. Poco più di questo.

«Immagini il motivo per il quale ti ho convocato qui?» «Penso di saperlo, sì. Dov'è qui?».

«Non superare la sottile linea che delimita il rispetto, Ryan. Non ti è conveniente. Ricorda sempre che le domande le faccio io. Tu devi solo rispondermi. Vista la tua incapacità nell'intrattenere una conversazione interessante, limitati a rispondermi. Come sia, qui è un posto molto lontano da casa, e che questa mia risposta ti sia sufficiente». Mi lascio cadere sul triclinio e mi metto comodo. Fatti. Ormai tutti si aspettano fatti, chiari e concreti. Diamo a questo ragazzo un fatto semplice che potrà comprendere. Mi protendo in avanti e sollevo all'altezza del volto la pietra che tengo tra le dita. «E sai cos'è questo, Ryan?».

Nephilim. Guerra in PurgatorioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora