18 - Emily

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Due ragazze mi fermano davanti la porta dell'ufficio di Valerie.

«Fatemi passare».

«Mi dispiace, ma ci è stato chiesto da suo fratello di non essere disturbato».

«Allora sono proprio fortunata a voler parlare con mia sorella!». Allungo la mano per afferrare la maniglia ma una delle due guardie del corpo si mette davanti.

«Come ti chiami?».

«Sarah, signora».

«Piacere di conoscerti Sarah. Tu sai chi sono io, giusto?».

«Certo. Ho anche comprato il suo disco. Mi piace molto la sua musica».

«Bene, sono contenta. Siete le uniche di turno nel grattacielo?».

«Ci sono altre due guardie nella hall, due cecchini sul tetto e pochi altri di stanza nel garage».

Il grattacielo è quasi del tutto vuoto. Dagli schermi nella hall di ingresso una ragazza sorridente informa i dipendenti che oggi è giorno di ferie pagate. Che la Feather Corp. è lieta di augurare a tutti un buon riposo. A parte le guardie all'ingresso e queste due non ho visto nessun'altro. La cosa è grave e devo capire cosa sta succedendo. Non saranno certo due umani a fermarmi.

«Le chiediamo il favore di venire più tardi signorina. Al momento suo fratello non può...».

Mormoro a bassa voce. Una melodia semplice. Poco più di una scala. Appena un accenno di accordi. La infondo di zucchero e cioccolata. Di marmellata di fragole e una tovaglia a quadri rossi. Una casa in campagna, sì. Quella dove passavi l'estate con la nonna. Ti piace vero? Certo che ti piace. E ti manca molto. Siete lontane dalle vostre nonne da così tanto tempo. Forse sono addirittura morte. Questo vi rende tristi. Lo vedo, siete tristi adesso. Ma una tristezza nostalgica. Qualcosa che vi fa venire voglia di riflettere sulla vostra vita, sulla morte e sul tempo che vi rimane. Di certo non ne avete per stare a pensare a me, alla fine sono solo la sorella del vostro datore di lavoro. Un lavoro che, sapete, non durerà poi tanto. Brave, così, fatevi da parte. Sentite l'odore di quella cucina, ricordate il riflesso del sole nel lavello. Anche la nonna cantava, non è vero? Sì, anche lei. Vi cantava le canzoni con cui vi faceva addormentare quando eravate piccole. Vi manca la nonna. Brave, andate avanti da sole adesso.

Apro la porta dell'ufficio di mia sorella mormorando ancora qualche nota. Me la chiudo alle spalle e sento uno delle due soldatesse sospirare, rapita dai suoi pensieri e dai falsi ricordi che le ho impresso per ammaliarla.

«Sorellina! Che bello vederti! Eppure mi era parso di aver detto alle guardie all'ingresso di non far entrare nessuno».

«Già. Non c'è più il personale di una volta. Vero, signora del male?». Mi guardo intorno. L'ufficio di Valerie è stravolto. I mobili sono stati spinti contro i lati e coperti con teli di plastica, le pareti ricoperte di pannelli e la grande vetrata che fa da muro di fondo oscurata. L'atmosfera dell'ufficio, di solito luminosa e calda, è cupa e fredda. Qualcosa tra un cantiere e una cantina. E sulla scrivania c'è un pugnale rituale. Vuole aprire una Breccia. Un duello.

«Signora del male? Ma di cosa stai parlando?». Valerie mi si avvicina. Le ali spiegate, i capelli biondi disordinati sulla testa. Un farsetto bianco chiuso con delle stringhe e un paio di pantaloni di stoffa chiara. A piedi nudi e con un sorriso nervoso. Ha un po' di trucco. Rimmel nero e eyeliner. Le iridi brillano sotto le ciglia lunghe.

«Bello il nuovo arredamento. Ti prepari a demolire la stanza o vuoi avere spazio quando avrete aperto la Breccia?».

«Emily, perché non ci prendiamo un caffè più tardi? Ti raggiungo al solito bar sulla...».

«Finiscila. Che succede?». La fisso negli occhi. Non ho alcuna intenzione di stare a chiacchierare.

«Non capisco». Valerie guarda altrove e si allontana da me.

«Torna qui». Usare la Voce contro di lei la renderà nervosa, ma non ho voglia di giocare al gatto e al topo.

Valerie si blocca. Un piede a mezz'aria. Si gira. E torna verso di me. Le labbra strette e lo sguardo piantato nel mio. Mi dispiace. «Te lo spiego io. Demoni utilizzati come guardie del corpo durante una festa in casa nostra; l'attacco degli Infernali e adesso questo. Una spiegazione. Ora».

«I Demoni sono stati una benedizione, visto l'attacco...».

«I Demoni sono stati forse il tuo errore più grande. L'attacco degli Infernali? Jelial va in giro a minacciare rappresaglie e guerra come se fossimo tornati a cinque anni fa e tu sembri uscita da un ritratto del nonno».

«Emily, ti ricordo che siamo sorelle e che ci eravamo promesse molto tempo fa di fidarci l'una dell'altra».

«Vero. Posso ancora fidarmi di te?».

«Certo che puoi ancora fidarti di me».

«E tutti quei soldi spesi in un nuovo dipartimento di Sviluppo e Ricerca?».

«Ma come?». Valerie questo non se l'aspettava.

«Ho fatto i compiti a casa, sorellona. Pensi davvero che la mia laurea in Economia sia servita solo a fare felice papà? Ho la tua stessa quota azionaria della Feather Corporation. E non credere che la carriera possa allontanarmi dagli affari di famiglia. Non puoi chiudermi fuori. Voglio sapere cosa sta succedendo. Voglio sapere se posso ancora fidarmi di te».

Valerie abbassa lo sguardo. Le ali chiuse. Sono stata troppo dura con lei. Mi avvicino, le accarezzo il volto e le sorrido. «Valerie, che ti sta succedendo? Non sembri nemmeno più tu. Tutti questi segreti non sono da te. Non mi racconti più nulla, parliamo appena ormai. Tra i viaggio di lavoro, le riunioni e tutto il resto, inizio a domandarmi chi sei diventata. Perché tutto questo?».

«Tu sei stata lontana quanto me. Siamo adulte ormai. Non siamo più due ragazzine e ognuna di noi deve fare quello che deve fare. Ci eravamo messe d'accordo che al ritiro di papà io avrei gestito il patrimonio di famiglia e tu saresti subentrata solo in caso di mia... impossibilità a portare avanti le cose. Sono ancora qui, mi sembra. E in piena salute».

Riecco le spine. Già sta reagendo all'attacco con un altro attacco. Ogni volta. Ogni volta torniamo a questa guerra. Tutte le volte ricordo perché mi sono ritirata dagli affari della Feather Corp.

Mi allontano da lei e mi guardo intorno. Non voglio ribattere. Devo abbassare i toni. Vado alla finestra oscurata e guardo verso l'esterno. Difficile. I vetri scuri crepitano leggermente. Una qualche barriera mistica? «Con chi devi scontrarti? Almeno questo vuoi dirmelo?».

«Con nessuno».

«Tu non pensi che sia così stupida. I mobili da parte, i teli. Temi che l'Infernale non accetti una sfida formale e ti obblighi a combattere qui dentro, vero? Non puoi credere davvero che mi beva delle menzogne così ridicole. E non voglio credere che tu sia diventata un mostro. Anche se ogni tanto temo stia succedendo. D'altra parte non mi resta che fidarmi di te, vero? Se non mi dici chi è l'Infernale con cui ti batterai vuol dire che vuoi difendermi da qualcosa. Speravo di non dover più vedere mia sorella indossare i vestiti da guerra». Spero solo che tu non stia facendo una sciocchezza. Se ucciderai Ryan Hill non è detto che tu faccia la cosa giusta. Jonathan non dovrà mai saperlo. Tanto non mi dirai nulla finché non sarà tutto finito. Continua a guardare il pavimento. «Non vuoi nemmeno il mio aiuto?».

«È meglio che tu vada, adesso».

Ritorno verso di lei e le do un bacio sulla guancia. Vado alla porta a due ante e la apro. Quando mi giro Valerie è di nuovo ad ali spiegate, lo sguardo duro, fermo. Si aggiusta una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Sei bellissima vestita così. Vorrei che un giorno questo non significasse battaglie»

Mi sorride appena. Poi torna a essere il direttore generale della Feather Corporation. Chissà quando rivedrò ancora mia sorella.



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Nephilim. Guerra in PurgatorioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora