33. Val/Valerie

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Curato, nutrito e lavato, eppure continuo a sentirmi spossato, stanco, incompleto. Ogni volta che riesco ad addormentarmi rivivo quello che è successo. Mi sveglio con il corpo che mi fa male come se fosse ancora ustionato. Non sopporto la vista di nessuno. Ogni suono mi fa scattare sul letto. Per poco non ho attaccato una delle guardie del corpo che era venuta a dare il cambio all'altra. Ho dovuto farle uscire dalla stanza. Rischio di ferirle.

Grazie ai poteri di cura dei Celestiali non è rimasta nemmeno una cicatrice. Quel bastardo di Ryan ha dato l'allarme dopo avermi strappato le ali. Mi ha detto che non sarei morto e, poco prima che saltasse giù dalla finestra, altre guardie del corpo sono entrate nell'ufficio. Sono stato curato e in pochi minuti la carne carbonizzata è ricresciuta, le ferite si sono richiuse. Ma loro non sono potute ricrescere. Le mie splendide ali. Il mio orgoglio non sarà rigenerato. La consapevolezza di essere stato umiliato, violentato, mutilato. Questa consapevolezza non verrà curata da nessuno. La porterò per sempre con me.

L'Eterno. Lui mi ha calpestato. Come l'Infernale. Al suo cospetto mi ha imposto di mostrare i segni della mia caduta. Non potrò più volare. Rimarrò per sempre attaccato al suolo, come un verme strisciante. Poco più di un comune Celestiale. Poco più di un essere umano.

Lui mi ha inquisito nel momento di massima debolezza. Fino all'ultimo ho sperato che mi desse le ali. Sarò per sempre incompleto, mutilato. Il mio corpo non lo riconosco più. Sono sdraiato a letto e a malapena riesco a girarmi. Camminare fino alla stanza dove Lui mi ha ricevuto ha richiesto tutta la mia concentrazione e addestramento. Muscoli e ossa a cui sono abituato dalla nascita ora non ci sono più. I medici hanno detto che il mio cervello continuava a pensare che ci siano. Che ci si può contare. Sono impacciato, lento, preda di crampi continui. Da quando sono diventato il direttore generale della Feather Corporation non ho mai preso un singolo giorno di ferie. Oggi è la prima volta nella mia vita in cui rimanere fermo e riposare mi è parso necessario. Auspicabile anche. Non riesco a fare niente. Uscirò da questa situazione. Ma oggi no. Oggi non posso. Rimarrò qui. Qualcuno bussa alla porta e reprimo con fatica l'istinto di abbatterla con una sfera di luce. Abbattere la porta con chiunque si trovi dietro di essa.

«Sì? Chi è?».

Che sia tornato? Che sia venuto qui per finirmi ora che sono più debole? Jelial si affaccia alla stanza. Ho chiesto io di incontrarlo. L'ho chiamato io. Posso lasciarlo entrare. Non è qui per farmi

del male. Mi deve alcune spiegazioni. Ci sono cose che non possono aspettare. Nemmeno per questo dolore.

«Entra pure».

«Come stai, cugino?». Jelial sembra molto preoccupato. In tanti anni di guerra non ho mai subito un danno così grave. Non mi ha mai visto fermo in un letto.

«Meglio, grazie. Ho solo bisogno di riposare un po'. Sembra più grave di quanto non sia». «Noi tutti credevamo che gli Eterni ti avrebbero rigenerato le ali».

«Secondo te non lo speravo anche io? Comunque non sta a voi fare supposizioni sulle scelte degli Eterni». Sento la luce formicolare tra le dita. Contieni la rabbia. Stai calmo. «Mi è arrivata notizia di alcuni scontri. Un palazzo in fiamme».

«Sì Val. Quegli Infernali hanno dato fuoco al palazzo, ma gliel'abbiamo fatta vedere, non oseranno più...».

«Voi non oserete più! In questa città vige una legge. E quella legge vi impone di tenere le lame nei foderi. Un palazzo in fiamme! Come avete potuto essere così sconsiderati?». Una fitta di dolore mi parte dalle scapole e si irradia nelle braccia e nella schiena. Ogni volta che i muscoli recisi vengono stimolati per muovere arti che non ci sono più sento una stilettata di dolore che mi taglia il respiro.

Jelial non si accorge di nulla.

«Ci hanno attaccato in casa nostra! Val, non potevamo...».

«Potevate e dovevate! Non è una cosa che vi riguarda più, Jelial». Devo calmarmi o il dolore tornerà ancora più forte. «La guerra è risolta e sono state spese ingenti risorse per porre fine agli scontri. Ma a te non interessa, vero? A pagare sarò io. E non parlo di risorse finanziarie adesso». Jelial non sa cosa rispondere o preferisce non dirmi come la pensa. Durante gli anni della guerra è stato il mio braccio destro e abbiamo combattuto insieme innumerevoli battaglie. Adesso lo faccio sentire fuori luogo e poco più una guardia umana. Non è giusto. Ma oggi non posso fare niente di più.

«Mi dispiace».

«Bene. E che non capiti più Jelial. Mi aspetto che sia tu a controllare gli altri. Sei la persona di cui mi fido di più». Cerco con lo sguardo il mio vecchio amico, quello di cui mi posso fidare. Quello che ha sempre obbedito ai miei ordini senza discutere. «Non deludermi».

«Va bene Val. Cercherò di tenere sedati gli animi. Ma tu devi capire che l'attacco e quello che ti hanno fatto...».

«Jelial, lo so. Ma non è così che possiamo risolvere la questione. Fidati e lasciami lavorare. Risolverò tutto. Ora vai. Sembra incredibile ma devo riposare».

Jelial fa un cenno con il capo ed esce dalla stanza. Adesso posso concentrarmi sul mio dolore e sulle mie ali fantasma.

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Nephilim. Guerra in PurgatorioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora