Capitolo 38

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Kate's pov
Madison non la finiva di russare nel posto di fianco a me, e come se non bastasse aveva la testa appoggiata alla mia spalla e a bocca aperta sbavava sul mio braccio.

Sospirai e guardai fuori dal finestrino, le nuvole bianche sembravano panna montata e la voglia di tuffarmici sopra mi salì al cervello.

Sorrisi al ricordo di quando da piccola battei le manine sul finestrino urlando che volevo saltare sulle nuvole, attirando l'attenzione di tutto l'aereo che sorrise o rise con tenerezza mentre mia madre e mio padre cercavano di calmarmi, anche se l'unico che ne fu in grado fu Sammy. A quel ricordo pensai a mio padre a mia madre, erano sempre stati presi dal lavoro, anche ora, ma ogni volta che potevano venivano da noi e ci riempivano di attenzioni e coccole, cercavano di essere il più presenti possibile e io adoravo questa cosa. Madison per loro era come una seconda figlia: se io non ero a casa sua lei era a casa mia, così i nostri genitori si erano avvicinati tanto e avevano stretto un forte rapporto di amicizia.
Chissà se stavano bene, era una settimana che non li sentivo ma sicuramente saranno stati immersi completamente nel lavoro. Sorrisi di nuovo al pensiero di rivederli dopo un anno e mi lasciai andare tra le braccia di Morfeo.

Quando mi svegliai Madison si era messa seduta e stava bisticciando con il televisorino posizionato sul retro del sedile davanti a lei.
«Stupido aggeggio» disse prima di premere il dito ripetutamente sullo schermo al ché io risi e in pochi passaggi riuscii a farle partire un film, lei si girò sconvolta verso di me, come se avesse visto un «Mostro!» esclamò, ecco appunto pensai mentre lei si accingeva ad infilarsi gli auricolari azzurrini nelle orecchie.

«Madison, puoi alzarti? Devo andare in bagno» dissi dopo averla scossa leggermente in modo che mi prestasse attenzione «certo» dice alzandosi e facendomi passare. Vado verso il bagno e noto tutte le altre. Sophie è vicino a Carly, Cloe vicino ad Ashley nei posti da due come me e Mad mentre nei posti da tre si erano messe Kler, Julia e Melanie.

Saluto tutte e raggiungo il bagno, entro, chiudo a chiave la porta e faccio pipì. Quando ho finito tiro l'acqua e mi lavo le mani. Mi soffermo un poco a guardarmi allo specchio. Da ieri notte, quando tutto era ancora perfetto, non avevo chiuso occhio, ed era già la mattina tardi del giorno successivo. Nelle prime ore di volo non avevo fatto altro che piangere silenziosamente e come risultato avevo ottenuto un bel paio di occhi rossi, contornati da gigantesche occhiaie. I miei occhi erano spenti e le iridi avevano perso la loro vivacità, diventando quasi grigie, scure, come il mare in tempesta, il mare di dolore in cui mi vedo affogare lentamente, tirata sempre più a fondo ad ogni ricordo felice di quel noi che c'era. Chissà se anche i suoi occhi sono spenti, sono privi di felicità come i miei, chissà.

A pranzo ci servirono una poltiglia insipida, l'aspetto e il gusto erano pessimi, ma mangiai lo stesso perchè avevo fame. Era da tanto che non mangiavo considerando che il viaggio era iniziato ieri alle tre di notte, ma alle quattro avevamo dovuto fare uno scalo che era durato fino alle otto di questa mattina e che durante questo scalo avevo mangiato un panino, ma poi mi era tornata in mentre la faccia sconvolta di Cameron e avevo rimesso anche l'anima mentre Kler mi sorreggeva i capelli e Madison prendeva un pacchetto di fazzoletti dalla sua borsa.
In conclusione, avevo mangiato la poltiglia giusto per nutrirmi.

L'ultima mezzo'ora di viaggio finì in fretta e presto ci ritrovammo vicino al nastro trasportatore per riprendere le valige. Una volta prese, andammo a far vedere i documenti e successivamente uscimmo dall'aeroporto. Chiamammo due taxi e, dopo aver detto l'indirizzo, partimmo.

Avevamo affittato una casa enorme per tutta l'estate, e di questo ne era a conoscenza a parte noi, solo Troye, perché mi aveva telefonato e gli avevo raccontato tutto.
La casa aveva una piscina sul retro e si affacciava sul mare, dalle immagini su internet era stupenda.

Arrivammo a destinazione nel giro di una ventina di minuti.
Scendemmo dai taxi e prendemmo le nostre valige, le trascinammo verso la porta e la aprimmo.
Entrammo e restammo tutte a bocca aperta: la casa era enorme. Il salone è bianco, arredato in modo moderno, ha due divani in pelle bianca, un tavolino di vetro, una grande televisione al plasma attaccata alla parete fatta in mattoni bianchi. Una parete della sala era in vetro con una porta finestra che dava sul guardino da cui si vedeva la piscina. Appena fuori dalla sala vi è la cucina, modernissima, piani di lavoro in marmo nero, mobiletti bianchi e neri, un grande frigo a due porte, una dispensa e un isola centrale con un ripiano in quarzo montato a cascata. Tornammo indietro e salimmo una grande scala che portava al piano di sopra.

Al piano superiore ci sono tre bagni fantastici con delle bellissime vasche da bagno in ceramica e dieci camere da letto, tutte stupende. La mia camera ha un grande letto con una costruzione in ferro bianca, un piccola cabina armadio, un pavimento in legno chiaro, una scrivania nera e un piccolo balcone da cui si può accedere da una piccola porta-finestra.

Sistemai tutte le mie cose nella camera e aspettai che anche le altre avessero finito. Decidemmo poi di andare a trovare i miei genitori per fargli una sorpresa.

Partimmo e dopo una quindicina di minuti fatti camminando raggiungemmo casa mia, una villetta bianca, moderna, piscina all'esterno, un giardino verde curato con al centro una fontana. Mi ricordo che da piccola nella fontana ci andavano a fare il bagno gli uccellini ed io e mio fratello passavamo delle ore ad osservarli, a commentare la loro forma, le loro ali, i loro piccoli becchi e le zampette. Feci un passo ed entrai nel vialetto e potei sentire un'ondata carica di ricordi investirmi, costringendomi a chiudere gli occhi per un attimo, li riaprii e mi avviai lentamente verso la porta.
Mi fermai un attimo, respirai e incanalai tutta la mia felicità nel dito che premette il campanello.
Dopo un minuto la porta si aprì e un sorriso si fece spazio nel mio viso ma si spense subito quando vidi una donna uscire con un bambino in braccio, tutta sorridente. «Avete bisogno?» ci chiese voce dolce «chi è lei?» chiesi d'impulso «mi chiamo Elizabeth Cole e sono la proprietaria di questa casa, da due giorni, stavo giusto pitturando il soggiorno» disse «m-ma i signori Wilkinson?» chiesi con voce tremante «oh, i signori Wilkinson hanno avuto un incidente stradale sabato scorso, purtroppo non c'è stato nulla da fare per entrambi» disse abbassando il viso dispiaciuta «ma tu chi sei?» aggiunse alzando lo sguardo «Kate Wilkinson» dissi lievemente prima di cadere nel vuoto.

-spazio autrice-
Non ve lo aspettavate eh? Manca poco, ma non sarà facile affrontare tutto questo per i protagonisti.
Vi prego di lasciare una stellina ed un commento, anche nei capitoli precedenti, perché ci sono pochissimi voti rispetto alle visualizzazioni e mi dispiace molto..
Vi amo, baci.

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