14: -Sadness-

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Levi ci pensò a lungo, non sapeva cosa rispondere.

Se avesse detto la verità, Eren, si sarebbe preoccupato e l'ultima cosa che voleva era vederlo spaventato o triste.

Se, invece, avesse mentito Hanji avrebbe potuto smentirlo e il giovane avrebbe pensato che il caporale era un bugiardo.

-Si. È mio quel sangue.- Sputò la verità chiudendo gli occhi e lasciando un sospiro appena udibile.

-Cosa?!- Il ragazzo non riusciva a crederci.

Perché il capitano avrebbe dovuto farsi del male? Perché avrebbe dovuto provare dolore? Era stato lui? Un suo comportamento errato?

Eren sbiancò violentemente, spalancò la bocca incredulo guardando negli occhi il corvino.

-Perché l'ha fatto?- Chiese il castano sotto voce.

-Non lo so.-

Ed era la verità, non sapeva se farsi male era per punirsi di essere geloso di un ragazzino.
O di essere geloso dei suoi amici. O di sentirsi uno schifo quando lo vedeva soffrire, per la maggior parte delle volte, a causa sua.

-Non... Non lo sa?- Ripeté il giovane confuso.

-No. Non lo so. Ora puoi farmi il favore di non chiedere altro e di andare a cena?!- Urlò Levi stufo delle domande del ragazzo.

Il più piccolo abbassò lo sguardo sentendosi ferito ed umiliato nuovamente, gli scese una lacrima che andò a bagnare la sedia su cui era seduto.

-Muoviti!- Incitò il corvino alzandosi in piedi e avvicinandosi alla sedia.

Quando fu a pochi passi dal castano, quest'ultimo scattò in piedi tenendo la testa bassa.

-Mi scusi ma, non ho fame. Preferirei tornare in stanza.- Disse Eren con voce fredda ed inespressiva.

-Cosa stai dicendo?!- Domandò il caporale scioccato.

Guardandolo bene, si accorse che il giovane era diventato d'improvviso più distaccato e silenzioso.

-Davvero, non ho fame.- Ripeté uscendo dalla stanza, senza mai staccare lo sguardo da terra.

Scappò verso la sua camera, lasciando la porta del laboratorio di Hanji aperta.

-Ehi! Eren!- Il ragazzo sentì Levi chiamarlo, ma proseguì fino alla porta di camera sua dove una guardia lo fece entrare.

Il castano si fece chiudere a chiave dentro, come concordato al processo, ed una volta dentro si lasciò ricadere lungo la porta.

La guardia si allontanò ed il ragazzo si ritrovò solo. Intorno a lui regnava il buio, dalla finestra vicina al lettino entrava la fioca luce della luna.

Le catene che pendevano ai lati del letto erano aperte, solo se fosse stato necessario lo avrebbero legato così da evitare una sua trasformazione.

Eren portò le gambe al petto stringendole più forte che poté con le braccia, tuffò la testa nelle ginocchia e solo allora scoppiò a piangere.

I singhiozzi si facevano sempre più rumorosi e non accennavano a placarsi.

Alzò la testa appoggiandola alla porta ed osservò il soffitto grigio, vide sua madre e suo padre sorridergli.
Mamma era morta da anni, mentre papà era scomparso poco dopo la morte della consorte.

Era solo, capì cosa significasse non avere nessuno e dover affrontare l'umanità e i giganti senza qualcuno al proprio fianco.
Certo i suoi amici ancora erano con lui, ma chi garantiva che li avrebbe rivisti e che sarebbero sopravvissuti nella prossima missione?

Molte volte si dà per scontata la vita, la gente pensa che ci sia dovuta mentre, invece, niente e nessuno può garantire il respiro che seguirà quello appena compiuto.

Sua madre gli aveva sempre ripetuto di non fare il soldato, ma lui non l'aveva ascoltata. Non era la sua qualità ascoltare le persone ed ecco che, quando non lo fa, succedono le cose peggiori.

Jean, qualche ora prima, gli aveva confessato che uno dei principali motivi, per cui era entrato nel Corpo di Ricerca, era la morte di Marco.

Il ragazzo più gentile e buono tra i suoi compagni di corso.
Mentre recuperavano i corpi dei soldati caduti, Jean, lo aveva riconosciuto tra i deceduti.

Marco Bodt era morto per garantire la riuscita della chiusura della breccia nel Wall Rose, era morto per proteggere Eren e lui si sentiva, in qualche modo, responsabile.

Il giovane si fece forza alzandosi da terra e raggiungendo a tentoni il letto, si stese senza coprirsi nonostante facesse freddo.

Si abbandonò ad un lungo e ristoratore sonno.






//Come il capitano Levi sale a cavallo\\
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