VI Capitolo

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SPAZIO AUTRICE:

Questo capitolo è un po' particolare. Molti di voi possibilmente desideravano una cosa del genere, altri forse, come Johannah (e capirete dopo perchè) avevano trovato del buono anche in lui. Ma come credo nella mia vita, ad ogni azione c'è una reazione. E prima o poi chi tratta male qualcuno, viene ripagato con la stessa moneta. Pertanto, ad alcuni consiglio di preparasi dei fazzoletti, ad altri consiglio di riporre nel cassetto la bottiglia di champagne che prenderanno per festeggiare ahahaha non voglio trattenervi ancora, pertanto BUON 2017 con questo nuovo capitolo! Grazie a tutti per i commenti, le stelline e le belle parole. Vi amo con tutto il mio cuore, un bacione, Noemi :*


VI Capitolo


Alzheimer.


- Haz, pranzi qui con me? Dove sei finito? - mi disse Louis per telefono.

- Sono in sala d'attesa, stavo parlando con Vincent. Mi ha detto che hai un cliente, quindi sto aspettando qui fuori - aggiunsi. Il segretario ne approfittò per scrivere qualcosa al computer.

- Ah, okay. Ho quasi finito - dissi che non c'erano problemi e chiusi la chiamata.

- Quindi? Ti decidi a laurearti? Sei sprecato come semplice segretario -

Vincent ridacchiò senza guardarmi - Ce la sto mettendo tutta così da non fare il segretario per ancora molto tempo. Ma bisognerà trovare un sostituto dopo -

- Ottima osservazione... be' ci penseremo in seguito - La porta dello studio venne aperta e osservai attentamente Louis e il ragazzo dietro. C'era Christopher, che teneva in braccio la sorella abbastanza arrabbiata. Lo guardai meglio e notai che aveva una guancia più arrossata dell'altra. Erano giorni che non lo vedevo e mi sembrava più distrutto del solito.

Infilò una mano in tasca e tirò fuori venti sterline, porgendomeli - Ripeto che non mi piace la carità - ammise. Li afferrai senza dire altro. Non mi sembrava proprio il luogo adatto per discutere o comunque farlo innervosire più di quanto lo fosse già. Sicuramente aveva controllato il prezzo di ogni prodotto che avevo acquistato per lui per sapere che la sua parte veniva proprio venti sterline. Avrebbe potuto darmene la metà e invece no, era stato proprio di parola.

Darcy era rimasta in silenzio, con gli occhioni lucidi e tristi.

- Ha pianto? - gli chiesi e lui guardò la sorellina. L'accomodò meglio tra le sue braccia e alzò le spalle in un gesto indifferente.

- Ci vediamo lunedì, Louis - disse, per poi uscire dalla stanza. Mi voltai verso mio marito per salutarlo come si deve.

- Hai sentito Zayn, oggi? - gli chiesi, uscendo dalla cartella le due buste con il pranzo. Notai Vincent spegnere tutto per andare in pausa e poi seguii Louis nel suo studio.

- Ho provato due volte a chiamarlo, ma non mi ha risposto. Ho dovuto chiamare sua mamma e mi ha detto che non esce dalla stanza da ieri mattina. Tu hai sentito Liam? - mi accomodai di fronte a lui e aspettai che facesse un po' di ordine prima di disporre sul tavolo tutte le ciotole e le posate.

- Sì, si è sfogato un po'. Era distrutto, ma a quanto pare i suoi genitori biologici si sono rivelati stupendi e riescono a non farlo chiudere in se stesso. La madre sembra molto gentile. Ha fatto bene a rivelarsi, dopo tutto - misi in bocca un pezzo di pollo e versai dell'acqua nel bicchiere.

- Lo penso pure io. Oh, oggi mi ha chiamato il Dottor Winston, mi ha detto di riferirti che vuole parlarti -

La forchetta rimase sospesa a mezz'aria - E' per mio padre? -

- Sì... non mi ha detto molto. Pensa che sia meglio parlarne di presenza ma... credo stia peggiorando -

Sospirai e continuai a mangiare, seppur con lo stomaco più chiuso di prima - Sapevamo già che l'Alzheimer gli avrebbe creato parecchi problemi. Sono cinque anni che è chiuso in quell'ospedale -

- E sono tre mesi che non vai più da lui -

- Louis, l'ultima volta che ci sono andato mi ha urlato contro di chiamare la polizia. Credeva fossi un ladro e... -

- Dovresti comunque stargli vicino. Che ne dici di andarci oggi pomeriggio? Vengo pure io, ci sediamo là, parliamo con il medico e poi andiamo via se l'aria si fa troppo cupa -

Annuii e lasciai correre il discorso. Per due anni feci viaggi in carcere almeno due volte a settimana, pur di rispettare la promessa di andarlo a vedere. Un giorno mi avevano detto che si era sentito male e lo avevano portato in ospedale. Dopo mesi sono stato messo a conoscenza del suo problema. Dopo anni, la malattia aveva iniziato a presentarsi e regredire. Dimenticava spesso le cose. Non ricordava nemmeno dove l'attimo prima posava qualche oggetto. E poi aveva iniziato a non conoscere più le persone. Il suo atteggiamento era ogni giorno diverso. E dopo qualche anno di cure, ha iniziato ad avere dubbi pure sulla mia presenza. Ricordava a stento qualcosa che aveva a che fare con mamma. I medici dicevano che alle volte era normale avere momenti in cui ricordava qualcosa accaduto veramente ma possibilmente molti anni fa. Una volta mi aveva addirittura chiesto di chiamare sua moglie per andarlo a trovare, dimenticando quanti anni fossero già passati dalla sua morte. E poi, all'improvviso ha iniziato a dimenticare completamente tutto. Soprattutto di me. Ero l'elettricista, l'infermiere, il ladro, il dentista... ma avevo smesso di essere suo figlio ai suoi occhi. Alle volte diventava violento. Mi urlava contro di andare via, perchè volevo fargli del male. Ironico no? L'aveva colpito una malattia che gli aveva fatto dimenticare, invece, il male che aveva fatto a me. Pensavo che la punizione peggiore che gli potesse capitare sarebbe stata quella di convivere con il senso di colpa. E invece si era ammalato di qualcosa che lo avrebbe ucciso... lentamente. Partendo dalla memoria, dai ricordi... anche quelli più cari e preziosi che ognuno custodisce dentro. Mio padre aveva smesso di essere tale. Era semplicemente Tom Styles. Alle volte però non era semplicemente... nessuno. Un anonimo.

Aspettai che Louis finisse di pranzare, poi chiamammo il dottore, avvisandolo del nostro arrivo e mio marito, pur di non lasciarmi solo, si trovò a spostare un appuntamento che il destino volle che avesse a che fare con quel Sam.

Raggiungemmo il centro specifico in mezz'oretta e cercammo subito il medico. Ci toccò però aspettare una decina di minuti prima di potergli parlare.

- Signori Tomlinson, rieccovi. Vi ringrazio per avermi raggiunto in poco tempo. E' fondamentale mettervi a conoscenza di tutto quello che sta succedendo - disse, non appena ci vide. Ci fece accomodare in uno stanzino che pensai fosse il suo piccolo studio.

- Allora... Sapete già che l'Alzheimer è una malattia che si sviluppa dieci o anche vent'anni prima che i sintomi diventino evidenti. Colpisce l'ippocampo, si formano le placche amiloidi e mi dispiace dire che sono aumentate. Questo significa che già molti neuroni hanno perso la capacità di connettersi tra loro. Stanno morendo, uno dopo l'altro e presto non ce ne saranno più. Le zone del cervello cominciano notevolmente a rimpicciolirsi e una volta che il danno si sarà diffuso ovunque e non ci sarà più tessuto cerebrale... sapete cosa lo attenderà. In questi ultimi mesi il Signor Styles è peggiorato molto. Non riesce a controllare lo stimolo di andare in bagno, spesso salta un pasto perchè è convinto di aver già mangiato e finirà per non riuscire più a essere in grado di gestirsi da solo. Avrà bisogno di qualcuno che faccia tutto per lui -

- Quanto gli resta? -

- Non possiamo saperlo con certezza, ma basandoci sulla rapidità secondo la quale la malattia sta reagendo... non più di due mesi. Il problema è che fisicamente ha riportato anche un altro problema. Stamattina è entrato in arresto cardiaco. I migliori medici sono riusciti a ristabilizzarlo, ma non ci sono molti aspetti positivi. Il cuore sembra notevolmente affaticato e sto aspettando gli ultimi esami per capire se ci sono problemi a livello circolatorio. Il fegato e questo ve l'ho già detto mesi fa, è davvero in pessime condizioni. L'Alzheimer è solo uno dei tanti problemi -

- Non c'è più nulla da fare per lui? - aggiunsi con voce tremolante. Louis mi afferrò subito la mano e la strinse, cercando di confortarmi. Avevo odiato mio padre per così tanti anni, che quasi mi sembrava impossibile stare male per lui. Desiderare comunque che stesse meglio.

- Mi dispiace Harry... La malattia sta regredendo così in fretta che un trapianto al fegato potrebbe risultare vano. Il sistema è troppo indebolito e il cuore potrebbe non reggere un'operazione. I farmaci hanno fatto il possibile per rallentare la malattia, ma è, ripeto, probabile che sia un fattore ereditario e che l'abbia colpito gravemente. Nessuno in famiglia aveva problemi del genere? -

- No, non che io sappia almeno -

- D'accordo. Mi dispiace darle tutte queste informazioni in una volta, ma sono costretto a farlo. E' giusto che lei venga a conoscenza di tutto quello che accade ed è anche giusto che sappia che non gli resterà molto. Si goda questi ultimi mesi con lui -

- Passerò dalla sua stanza - annunciai e il medico mi raccomandò, poco prima di salutarci, di non svegliarlo nel caso in cui stesse dormendo e di non affaticarlo o farlo agitare. Louis restò accanto a me per tutto il tempo, confortandomi in modo piacevole. Eravamo già a conoscenza del fatto che l'Alzheimer fosse una malattia mortale, soprattutto se è grave e non lieve. Gli altri problemi si sono aggiunti soprattutto perchè era stato lui a crearseli. Bere in quel modo esagerato, non aveva fatto altro che distruggergli il fegato.

- Sta dormendo - disse Louis. Notai anche io l'uomo che mi aveva sempre trattato male in quello stato di incoscienza. Era dimagrito in quei mesi e quel giorno era particolarmente pallido. Il petto si alzava e abbassava quasi a fatica. il corpo emanava a tutti gli effetti sintomi che avrebbero fatto capire a chiunque che non sarebbe durato ancora per molto.

- Torniamo a casa - mormorai con un filo di voce, ricacciando indietro le lacrime e uscendo di fretta dall'ospedale. Louis mi seguì, cercando di stare al mio passo. Poco vicino all'auto mi afferrò delicatamente un braccio, facendomi girare e scontrare con il suo petto. Mi catturò in un abbraccio, sotto quel cielo ingrigito da pesanti nuvole. E proprio quando una goccia d'acqua mi bagnò la mano che avevo posato sulla spalla di Louis, scoppiai a piangere. Tirai fuori tutto il mare che avevo dentro.

- Sta morendo, Louis - singhiozzai e mio marito mi strinse più forte.

- Mi dispiace, amore - negli ultimi anni anche lui sembrava aver quantomeno accettato l'idea che mio padre non mi trattasse più da schifo. Quando andavo a trovarlo in carcere, seppur mi facesse strano dirlo, era dolce, comprensivo e chiedeva a Louis di trattarmi nel migliore dei modi. Eravamo tutti diffidenti nei suoi confronti, persino Johannah che sapeva trovare del buono in tutti, ma poi alla fine lo aveva trovato anche in lui, quando il giorno del mio compleanno aveva supplicato la guardia di lasciargli un secondo solo per abbracciarmi. Tremavo tra le sue braccia, ma erano sempre le braccia di mio padre, che prima di odiarmi mi aveva amato. Che prima di picchiarmi mi aveva accarezzato. E stava morendo. Sembrava quasi che lo stessero punendo per quello che aveva fatto.

- Andiamo a casa, per oggi non pensiamo ad altro. Ce ne staremo sul letto o sul divano, abbracciati e non penseremo ad altro - mi disse, facendomi entrare in macchina prima che piovesse più forte.

- Hai degli appuntamenti tu e anche io - singhiozzai ancora, asciugandomi le guance.

- Non m'importa. Annulleremo tutto per oggi -

- E Sam? E' un cliente importantissimo -

- Tu sei più importante di qualsiasi altra cosa - mi baciò e poi accese il motore dell'auto, portandomi a casa.

Lacrime di polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora