VII Capitolo

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Spazio autrice: CiaoGuerrieri! Vorrei dirvi due paroline prima di augurarvi una buonalettura. Stavo ascoltando una canzone mentre correggevo il capitolo edè Human di Rag'n'Bone Man. Non ho potuto pensare ad altro se non aquanto stesse bene con la parte iniziale di questo capitolo, quindi sevi va ascoltatela mentre leggete! Non voglio trattenervi oltre, quindivi auguro una serena lettura! A presto, Noemi :* 

PS: Fatemi sapere cosa ne pensate della storia, se vi piace come sta proseguendo e se magari vi aspettate qualcosa! Mi fa piacere leggere i vostri commenti e vi ringrazio infinitamente per tutti coloro che votano e commentano costantemente. Un bacione immenso!


  

Addio.


Arriva... si, forse arriva per tutti quel momento in cui devi dire addio, anche se hai sempre pensato di non esserne capace, anche se il cuore ti faceva male mentre provavi e riprovavi a pensare a quanto lontano un addio fosse rispetto a un semplice arrivederci.

Perchè mai più avrei potuto rivedere Tom Styles.

Due settimane dopo il fatidico incontro con il Dottor Winston, il cuore di mio padre aveva lottato per l'ultima volta, cedendo. Nessun massaggio cardiaco era riuscito a riportarlo in vita. Nessun defibrillatore gli aveva dato la scossa adatta come a dirgli:" Lotta ancora, rialzati". Papà aveva mollato tutto. Dopo quel pomeriggio passato a piangere, stretto al petto di mio marito, mi convinsi a farmi forza, che avrei dovuto trovare il coraggio di andarlo a trovare, almeno un'altra volta. E così come avevo pensato andassero le cose, lui non si era ricordato di me. Aveva solo pianto quando mi aveva visto. Si era agitato e poi calmato. Era rimasto in silenzio. Non parlava più, gli era difficile farlo. La malattia gli aveva tolto anche la parola, quella che mi feriva ogni volta che lui apriva bocca.

Sono rimasto lì, a fargli compagnia in silenzio per mezz'ora. Poi mi sono alzato per andare via e avevo sentito una parola così simile a "scusa" che quasi penso di averla immaginata. Quando mi voltai a guardarlo, papà mi guardava già, con gli occhi colmi di pianto, pronti ad allagare di nuovo le guance. Gli chiesi se potessi abbracciarlo e lui non mi rispose, ma si lasciò abbracciare. Quello fu l'ultimo nostro contatto. Tornai a visitarlo altre tre volte e dormiva. Dormiva sempre. I medici mi dicevano che era normale, che era la malattia a farlo dormire così tanto.

E così, un giorno come tutti gli altri, Louis mi aveva chiesto di raggiungerlo in studio per pranzare insieme. Invece mi disse della chiamata del Dottor Winston e di quello che era successo. Mi aveva confortato mentre con voce tremante aveva ammesso che mio padre non ce l'aveva fatta. Aveva mollato. E dopo altri due giorni, mi sono ritrovato a dirgli addio. A sussurrarlo così piano come il suo "scusa" di fronte a quella piccola tomba in marmo. Louis, a malincuore, mi aveva lasciato qualche minuto per stare da solo e ne avevo approfittato per sedermi lì, sul prato e per piangere ancora un po'.

Anne e Tom Styles. La lapida riportava questa scritta oltre alle date di nascita e di morte. Li avevo fatti seppellire nella stessa tomba, perchè in confidenza il dottore mi aveva detto che papà pronunciava sempre il nome "Anne" mentre piangeva. Lei era il suo ricordo più grande e io non ero nessuna malattia, nessun Alzheimer per portargliela via.

Sentii una mano sulla mia spalla e non mi voltai ma capii che Louis si stava sedendo accanto a me.

- Perchè il bianco? - mi domandò all'improvviso. Abbassai lo sguardo, osservando la camicia bianca e il pantalone dello stesso colore, sicuramente sporco di terra. Tentennai un po' prima di rispondere.

- L'ho indossato anche per il funerale di mamma. Il nero non mi piaceva. Era cupo e mamma era sempre felice, pura, brillante. So che papà non si è comportato al meglio con me, ma non mi piace l'idea di indossare il suo lutto. Voglio ricordarlo come se fosse vivo. Come se non mi avesse mai fatto del male -

Louis annuì e non aggiunse altro. Restammo in silenzio ancora qualche minuto, poi parlò di nuovo - Mi dispiace per tutta questa situazione Harry, non dico che meritava tutto quello che è successo ma... -

Lo interruppi, sorridendogli e stringendogli la mano - Tranquillo Lou, si è comportato bene solo gli ultimi anni della sua vita. Mi ha trattato male e rovinato la parte più bella della mia vita e non potrò mai amarlo come una persona ama chi gli ha dato la vita. Piango la sua morte perchè credo sia normale, perchè alla fine ha cercato di recuperare e alla fine mi ha inconsapevolmente chiesto scusa. Ma supererò anche questa. Il nostro rapporto non è mai stato dei migliori, lo so -

- L'ho sempre detto io, che sei un angelo. Sei come Johannah, trovi del buono in tutti e sei stupendo -

- Grazie Lou, per esserci sempre - annunciai, avvicinandomi a lui e baciandolo.

- Nella gioia e nel dolore - sussurrò lui, facendomi annuire con gli occhi colmi di lacrime.

- Nella gioia e nel dolore - ripetei.

Passò qualche altro minuto, poi decidemmo di alzarci. Posai un mazzo di fiori sulla tomba e poi andammo via.

I consecutivi tre giorni restai a casa. Occupai la mente tenendo occupato il corpo. Mi dedicai alla pulizia di tutte le stanze e a cucinare. La sera ero stremato, ma quantomeno tenevo lontano i ricordi tristi. Louis mi stava continuamente vicino e apprezzavo il gesto. Il quarto giorno, però, mi feci davvero forza. Mi alzai prima di mio marito e gli preparai la colazione. Aspettai che si svegliasse così da poter aggiungere la dolcezza di qualche bacio e carezza oltre alla dolcezza della ciambella che gli avevo servito su un piattino. Andai a lavoro. Ripresi il coraggio di buttare i problemi fuori dalla porta dello studio e ascoltai, consigliai e aiutai una ragazza che era venuta da me. Stava, con dificoltà e aiuto, superando il trauma di un aborto. Voleva quel bambino, ma la rassicurava un po' il fatto che ci avrebbe ritentato. Il suo compagno si presentava con lei alle visite.

Uscito da lavoro, passai a prendere qualcosa al fast food e andai da Louis per il pranzo.

Erano quasi le due quando qualcuno bussò freneticamente alla porta dello studio, urlando aiuto.

Louis andò subito ad aprire e fece entrare Christopher che agitato cercava di farmi capire quale fosse il problema.

- Darcy non respira bene! - aveva urlato con il fiatone. D'istinto tirai fuori l'inalatore che da anni portavo sempre con me e aiutai la piccola a respirare. Quando sembrò tranquillizzarsi, mi sedetti a terra, accanto a lei, cercando di calmare i battiti del cuore. Chris sembrava in trance. Non apriva bocca e usava l'aria solo per prendere respiri ancora spezzati dalla paura. Gli tremavano le mani e notai Louis afferrargliele per tranquillizzarlo.

- Tranquillo, va tutto bene, adesso respira - gli disse. Mi assicurai che Darcy stesse davvero bene e poi guardai Chris - Vieni, avvicinati - gli dissi - Guarda con i tuoi stessi occhi. Adesso respira normalmente -

Chirs sembrò tranquillizzarsi un po' e poi prese delicatamente la sorella in braccio.

- Ero terrorizzato. Stavo venendo qui e durante il tragitto ha iniziato a sentirsi male. Si è portata le mani alla gola ed è crollata a terra, respirando a fatica -

- Sei stato molto coraggioso, sai? Sei riuscito a portarla qui e a darle un soccorso. Ti sei preso magnificamente cura di lei - aggiunsi, posandogli una mano sulla spalla. Contro ogni mia aspettativa, si lasciò toccare, senza scacciare via la mano. Fissai la piccola, concentrandomi sui suoi occhioni verdi e limpidi.

- Gli capiterà di nuovo? - mi chiese suo fratello.

- Bisogna portarla in ospedale per dei controlli. L'asma può essere provocata da diversi fattori. Panico, allergia... ha bisogno di visite -

- Tu... perchè hai l'inalatore con te? -

- Soffrivo di attacchi di panico e non ho mai smesso di portarlo con me, anche se non lo uso da anni - chiarii e notai il ragazzo guardarmi attentamente.

- Grazie... - mormorò dopo un po', come se quella parola gli graffiasse la gola - Per avergli salvato al vita... intendo... -

Io e Louis lo rassicurammo e ci congelammo quando Chris ci chiese - Verreste in ospedale con me? Non saprei cosa fare -

E anche se il cuore mi suggerì di dire di sì, dentro di me nasceva quella paura che non si sarebbe presto affievolita. Quel sì, ne ero certo, avrebbe sconvolto la nostra vita.

Perchè con quel sì, e anche Louis ne era bene a conoscenza, saremmo entrati a stretto contatto con Chris e Darcy e non avrei più potuto tenermi a distanza da loro. Forse, anche se in modo esterno, avrebbero iniziato a far parte della nostra vita.

Lacrime di polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora