"Per tenerti accanto ti ho rotto in mille frammenti"
Mi svegliai prima del suono della sveglia, il mattino dopo, e non provai nemmeno a riaddormentarmi. Dopo essermi preparata e aver provato a mangiare qualche biscotto, uscii dalla porta di casa.
Andai a scuola a piedi, e in dieci minuti raggiunsi il giardino esterno all'edificio. Il sole era appena sorto, e l'aria era fredda. Ad ogni folata di vento pareva che volesse colpirmi con milioni di aghi. Il cielo era limpido. Era in arrivo una bellissima giornata. Con il sole, il cielo blu che si rifletteva negli occhi felici della gente eccetera. Per me non faceva alcuna differenza. Sarei rimasta comunque chiusa in casa, come in trappola.
Mi sedetti su una panchina accanto al sentiero lastricato che portava all'ingresso della scuola, aprii lo zaino per prendere un libro e cominciai a leggere dal punto in cui mi ero interrotta.
Ma non durò molto.
Una mano arrivò a rubarmi il libro, veloce tanto da sembrare sfocata, ad occhi distratti come i miei. -Buongiorno Angioletto, che cosa leggi?-
-Fatti miei. Ridammi il libro.-
-Certo, contaci. Fagli fare prima un giro a casa mia e poi te lo restituisco... Ma se poi gli mancheranno un centinaio di pagine non è colpa mia.- Sogghignò.
Notai solo ora il ragazzo che era con lui. Uno di quelli che, ogni volta che Benjamin mi insultava, era lì ad assistere. Capelli spioventi, troppo lunghi, il naso tagliato da due piercing e gli zigomi pronunciati. Il mio bullo era l'unico suo punto di riferimento, e lui lo seguiva come una pecora ogni volta che poteva. Mi faceva quasi pena.
Con un movimento fulmineo, mi alzai e ripresi il libro. Non persi un secondo e lo infilai nello zaino il più velocemente possibile.
Benjamin non si scompose. Anzi, rideva e, puntualmente, mi scherniva. -Attenzione: l'Angioletto è diventato ribelle.-
Mi sforzai di non starlo a sentire, ma il cattivo umore misto a tristezza che quel giorno mi seguiva come un'ombra rendeva tutto più difficile.
-Stammi lontano, Benjamin.- Volevo che suonasse come una minaccia? Non aveva funzionato. La mia voce quando gli rivolgevo la parola era sempre così tremante e flebile. E infatti le mie poche parole non lo smossero di un millimetro, se non per ampliare la sua bocca contratta in un ghigno.
Strinsi gli occhi e i miei tratti si irrigidirono, tentando di tenere a bada la voglia di colpire quel suo sorriso così offensivo con un pugno che avrebbe fatto male sia a me che a lui.
Non lo restai a guardare. Non volevo andare a scuola. Era la prima volta che non avrei frequentato le lezioni di nascosto, ma per tutto ciò che avevo sopportato ero nel pieno diritto di farlo.
Ma avrei preferito non avere voglia di andare a scuola a causa del dovermi svegliare presto, come tutti, e non per la paura di incontrare i bulli.
Afferrai lo zaino e lo issai in spalla. Con qualche passo iniziai ad allontanarmi, ma Benjamin non era dell'idea di lasciarmi andare. Uno strattone _ un semplice movimento per lui, ma molto di più per me _ ed ero a terra. Lo zaino servì a ben poco, nell'attutire l'impatto.
Sentii la sua risata, che mi inchiodò a terra con ulteriore potenza. Come se ci fosse qualcosa a bloccare i miei tentativo di rimettermi in piedi.
-Alzati, Angioletto, no?-
Mi strinse la spalla in una morsa violenta e mi alzò di peso. Il dolore per un attimo macchiò la mia vista di nero. -O ti si sono spezzate le ali?-
Chiese a denti stretti.
Sentii le gambe cedere. Ed è questo che fecero, quando mi lasciò andare.
Tssivo, la gola secca. Il dolore mi colpì, sempre piano, come mille aghi che mi penetravano lentamente nella pelle. Volevo urlare che tutto ciò che stavo passando faceva troppo male. Volevo urlarlo fino a far crepare i polmoni. Ma rimasi zitta, come sempre. Certe volte era il mio viso che si crepava con un falso sorriso.
Volevo urlare che avevo sempre sbagliato ogni cosa nonostante mi fossi impegnata sempre, che non sapevo il perché di troppe cose che facevano troppo male e che volevo scappare, andare lontano. Qualunque posto sarebbe stato meglio di questo.
Cominciai a vedere sfocato, i suoni intorno a me si ovattarono sempre di più, fino a che non riuscii più a distinguere alcun rumore. Sentivo un buco gigante all'altezza dello stomaco.
Vidi le loro bocche spalancate che sghignazzavano, vedendomi a terra in preda al dolore come un passero spaventato a morte ma con un'ala rotta che gli impedisce di scappare.
Io soffrivo, e loro ridevano.
Mi alzai in piedi con le gambe e il resto del corpo che tremavano incontrollatamente.
Ogni livido presente sul mio corpo, piccolo o grande che fosse, sembrava volesse aiutarmi a soffrire.
Camminavo, o almeno cercavo di farlo, ma non sapevo se in realtà stavo andando a casa. Stavo in equilibrio, ma mi sentivo costantemente cadere.
E poi risentii quella risata avvicinarsi, come per darmi il colpo di grazia. Eppure la sentivo sempre così lontana... Avrei voluto correre, ma delle zavorre sembravano appese ai miei piedi, che sull'asfalto si trascinavano lentamente.
Un'altra spinta da parte di Benjamin, e l'equilibrio si spezzò miseramente. Ogni mio tentativo di mantenere un contegno andò in fumo.
Caddi fino a quando sbattei violentemente la guancia sull'asfalto, e tutto il mio corpo fu attraversato da una scossa che mi attraversò le vertebre facendole vibrare.
In un attimo, senza nemmeno bisogno che me ne accorgessi, tutto di fece scuro.
-Le braccia.- Mormorai mentre cadevo. Chiaramente avevo perso la testa.
-Nessuno deve vedermi le braccia.- E io rividi i lividi dipinti sulla mia pelle.
[Frase a inizio capitolo: da "Chiavi di casa", Michele Bravi]
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bullying
Teen Fiction"Forse ti vedrò, in classe, con quel tuo solito guardare fuori dalla finestra come se ci fosse davvero qualcosa da vedere. Se ci penso _ voglio dire, se penso a te _ capisco che dopotutto non ho bisogno di nient'altro." 14.12.2017, #11 in teen ficti...