30.

7.1K 264 31
                                    

"A te
che io ti ho visto piangere
nella mia mano,
fragile che potevo ucciderti
stringendoti un po'."

Il giorno seguente, stavo camminando nello spiazzo che precedeva la scuola, quando, seguendo lo spettro dell'incubo che avevo fatto decine di volte, Filippo si avvicinò a me. Era solo, una sigaretta gli pendeva accesa dalle labbra e il fumo che da quella saliva si aggiungeva alla nebbia. 
Passai avanti senza mostrare la minima incertezza nel mio passo meccanico, anche se sapevo che non degnarlo di un solo sguardo mi faceva paura. 
-De Angelis.-
Tira avanti, zitta.
-Volevo parlarti.-
Zitta, non dire niente, silenzio.
-È a proposito di Benjamin, in realtà...-
Benjamin?!
-Ma se non vorrai sentire, scelta tua.-
Al diavolo. -Cosa è successo a Benjamin?-
Non mi voltai verso Filippo. Fu lui a raggiungermi. Rideva. Sarebbe potuto anche crollare il mondo, che l'avrebbero trovato che rideva. -Puoi tranquillamente venirti ad accomodare sulle panchine dove...-
-Sbrigati.- Tagliai corto, sempre con quel sentore di paura nella voce, ma con una risolutezza della quale mi stupii anche io. 
Lui, di fronte alle mie risposte, non si scompose. -Volevo solo dirti di starci attenta.-
-Non mi dici solo questo, ora. Che cosa intendevi prima? Spiega, veloce.- Cercavo di non dare a vedere il fatto di essere agitata, un po' per tutto. Per Benjamin, per essere così vicino a Filippo.
Lui rise, ancora, con quella sua risata così vicino al cattivo. -Non ti sei mai chiesta se lui si sia avvicinato per un motivo ben preciso, vero? Se l'hai fatto... Be', sei acuta, o forse è solo insicurezza.-
-Cosa intendi dire?- Chiesi, innervosita.
-Si è avvicinato a te con uno scopo ben preciso in mente. Ti auguro di non stargli più tanto vicino quando lo scoprirai.-
Le sue parole mi colpirono come una mazzata, spezzandomi il normale corso dei miei respiri.
-Ti ho sconvolto? Andiamo Angioletto; è solo una delle tante cose che ti verranno richieste di affrontare.- Disse ghignando.
Assottigliai gli occhi nel guardarlo, come per farli parlare.
E urlarono più che poterono tutto il buio in cui ero rimasta impantanata, tutti i mostri che mi avevano messo spalle al muro. Lui lo sapeva che avevo desiderato porre fine alla mia vita? Che ci avevo provato? Che ero impazzita e avevo evitato per un pelo di farlo definitivamente? Che tutti i miei silenzi erano una richiesta disperata d'aiuto e ogni risata una finzione? Che non avevo mai accettato nessuna mano per essere aiutata se non quella di Benjamin?
Se fosse davvero stata tutta una farsa, non avrei retto un secondo di più in questo posto.
Lui era stato l'oscurità più totale che mi aveva travolto, ma allo stesso tempo l'unico raggio di luce che ci fosse stato negli ultimi tempi.
Di nuovo, quella sensazione di non appartenenza al mondo mi aggredì alle spalle e mi piantò un coltello nella schiena, lì dove cominciavo a sentire un vuoto.
E Filippo smise di ridere, quasi avesse letto qualcosa nei miei occhi.

-Hai deciso di rimanere zitta, oggi?-
Benjamin continuò con la sua sequenza incessante di domande. La verità è che non avevo proferito parola da quando Filippo mi aveva parlato, nemmeno con Benjamin, che con tutte quelle domande urtava di brutto la mia pazienza già di per sé scarsa.
-Non ho intenzione di parlare, diamine, lo capisci?!- Sbottai.
-Che è successo?- Chiese lui, senza prendermi in giro come avrebbe fatto solo due settimane prima. Lo chiese senza dare la benché minima importanza alle parole quasi cattive che gli avevo sputato addosso. A lui importava sapere che cosa mi aveva reso così, non le mie scuse. E, secondo Filippo, era tutta una recita.
-Niente.- Borbottai, sbattendo il libro di biologia, la prossima lezione, sul banco.
-Non sai fingere con me.- Osservò, con un mezzo sorriso in bilico sulle labbra.
Alzai le spalle.
-Che cosa ti è successo? Me lo puoi dire, lo sai bene.- Disse con voce leggera, lasciando vagare i suoi occhi sul mio viso. A volte, mi dava ancora fastidio che mi guardasse. Senza fare niente di specifico, mi ricordava quanto non mi piacessi, quante volte non avessi mai trovato un punto d'accordo col mio corpo.
-Smettila di fingere che ti importi.- Dissi, evitando per miracolo che mi si spezzasse la voce.
-Cosa?- La sua mano, gelida, mi strinse il polso, seguendo lo schema di un'abitudine che forse non avrebbe mai perso. Che mi faceva ancora paura.
-Non ricordi tutto quello che ti ho detto su, alla scala antincendio? Secondo te era falso? Secondo te stavo fingendo?-
Lui non lo sapeva, quello che Filippo mi aveva detto, e non sapeva neanche che io volevo disperatamente credergli, che era stata l'unica cosa bella che mi fosse mai successa, che come mi aveva salvato lui non avrebbe mai potuto farlo nessun altro. Mi sentivo irrimediabilmente attratta da lui in un modo quasi fisico, come se avessimo due poli opposti all'interno degli occhi e delle mani. Benjamin conosceva la singola posizione di ogni mia cicatrice, e, chissà come e perché, le mie ferite combaciavano con le sue.
Sapeva come curarmi e i suoi silenzi dilagavano nei miei quando non avevo voglia di respirare, così come posava le sue braccia su di me sapendo di non toccare i miei lividi.
Ci facevano così male. Era come crescere con una freccia piantata nel fianco. Anche se l'avessero rimossa, respirare sarebbe sempre stato difficile.
-Ci... Ci tengo... A te... So di non riuscire mai a spiegare l'ammasso di emozioni che ho dentro, anche se a volte me lo strappo dal petto e nessuno lo vede. Eppure con te ci provo, a farmi capire. Non riesco a spiegarmelo, non riesco a spiegarmi niente quando si tratta di te.- Si zittì per qualche istante, come per decidere al meglio cosa dire. -Mi piacerebbe portarti via, un giorno-, disse piano. -Portarti via e farti dimenticare tutto.-
Ecco quello che intendevo. Lui poteva capire il mio bisogno di scappare da quelle quattro mura delimitate dai cartelli stradali e i palazzi e i grandi alberi di Milano. Muri che mi hanno sempre messo le mani alla gola.
Nell'ultimo periodo erano cambiate così tante cose che mi girava la testa, ma quei muri avevano continuato ad essere gli stessi. Sempre alti, sempre un ostacolo troppo alto. Perché sono sempre riuscita a salire sulla cima ma non a saltare giù. A metà tra la voglia di volare e la paura di cadere. Vivi in bilico. Come quando respiri, ma non capisci come fai.
-Sì, vorrei andare via.- Dissi senza quasi accorgermene.
-Un giorno ce ne andiamo. Per poco o per tanto, dove non importa. Ci perderemo, probabilmente, ma promettimi che non mi perderai. Io non perderò te. Non lo farò mai. Te lo prometto.-
La sua mano era a poca distanza dalla mia, pendeva nel vuoto. Le mie dita lo attraversarono, il vuoto, e la strinsero. Potevo sentire le stelle scoppiarmi sulla pelle.
-Promesso.- Mormorai.

[Frase a inizio capitolo: da "A te", Jovanotti.]

//

ehi,
scusate il ritardo immenso ma la scuola mi sta lasciando veramente pochissimo tempo libero tra studio, compiti e verifiche. In più è un periodo strano, non esattamente bellissimo, per cui vi chiedo scusa se i capitoli non saranno dei migliori. :)

Consigliatemi una canzone, non necessariamente troppo conosciuta. Se volete che ricambi chiedete semplicemente "tu?"

Ily,
C.🌚

bullyingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora