17.

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"Trying to push this problem up the hill
when it's just too heavy to hold,
think now's the time to let it slide."

Sentivo il battito forte del mio cuore rimbombare forte in ogni parte del mio corpo, mentre correvo a casa. Orecchie, guance, collo, polsi, dita, pancia. Rimbombalzava qua e là come per essere sentito, come a dire "sentite come vado veloce. Qualcuno mi prenda e mi calmi".
Percorsi gli ultimi metri che mi separavano dalla porta di casa mia avvolta da quel buio appena accennato. Spalancai la porta e la richiusi subito dopo, come fossi inseguita.
Dentro, c'era solo mio padre.
-Tesoro, qualcosa che non va?- Chiese, alzando gli occhi dalla televisione.
Un'altra occasione.
Potevo dire che andava tutto male. Dalla prima all'ultima più piccola cosa riguardante la mia vita, andava tutto male.
Era lì, mio padre, era lì. Mi stava chiedendo se c'era qualcosa che non andava.
"Va tutto male, papi. Tutto. Portami via. Come facevi quando ero piccola, che mi portavi al parco e mi spingevi sull'altalena. Che strillavo sempre 'Più in alto! Fino alle stelle!', ma tu fino alle stelle dicevi che mica potevi portarmici. Papà, adesso mi basta che mi porti via. In qualsiasi posto sulla Terra. Basta che siamo noi due. Basta che non sia qui."
Deglutii. Erano delle semplici parole, che per me potevano valere molto.
Ma la mia gola era asciutta, incapace.
-No, papà.-
Dillo. Dì che va uno schifo, che ti senti peggio ogni secondo che passa. Dillo. Salvati.
-No, papà. Va tutto bene.-
Lui sorrise, per un attimo, e poi la televisione tornò ad occupare i suoi occhi.
Andai di sopra, sentendo le lacrime farsi così pesanti da essere difficili da sostenere.
Entrai in bagno, chiudendo piano la porta, per non far rumore.
Un bagno caldo, forse, mi avrebbe tranquillizzato.
Azionai i rubinetti alla massima potenza, e lasciai che riempissero la vasca fino a una manciata di centimetri sotto l'orlo.
Mi spogliai evitando di guardarmi allo specchio. La mia pelle era bianca, tanto che le linee che delimitavano i miei lividi risultavano in modo ancora più spaventoso.
Sarebbero mai guariti? I lividi sottopelle, intendo. Quelli causati dalle parole, dalla mancanza di fiducia in tutto a partire da me stessa.
Mi immersi nella vasca, sentendo l'acqua calda andare ad accarezzare le mie braccia bluastre.
Sentivo il mio respiro pesante come l'unico suono della stanza, oltre allo sciabordare lento dell'acqua.
Non volevo. Non volevo sentire quel respiro. Sentivo l'aria nei polmoni come fosse di troppo. Ad ogni respiro, si faceva sempre un po' più difficile spingerla giù per la gola.
Pensavo che avrei potuto andarmene, una volta per tutte.
Non c'era nessuno a cui poi sarei mancata, che avrebbe versato delle lacrime per me, a parte i miei genitori. Ma forse, andandomene, li avrei liberati di un peso.
Accarezzai i bordi sbeccati della vasca da bagno.
Ci sarebbe voluto poco per togliere il disturbo.
Niente più paura di andare a scuola, di uscire di casa, niente più incubi, pianti nel bel mezzo della notte, crisi isteriche, attacchi di panico, tristezza infinita, vedere quei lividi in ogni cosa.
Ripensai a quella volta che avevo capito che le possibilità che le cose, per me, cambiassero in qualsiasi altro posto, erano praticamente nulle.
Ripensai ai pochi momenti felici.
Ripensai alla mia vita che aveva sempre fatto il suo corso come fosse un fiume, sbattendomi sempre contro i sassi che potevano fare più male.
E decisi.
Non presi un ultimo respiro, non presi fiato.
Immersi la testa nell'acqua spingendomi con le braccia.
I polmoni cominciarono a bruciare quasi fin da subito, ma mi sforzai di sopportarlo.
Aprii gli occhi, credendo di vedere nero, ma l'acqua appannata mi occupò gli occhi e il sapone li irritò.
Uno spasmo proveniente dal petto mi fece trasalire, ma strinsi con ogni misera forza che mi rimaneva i bordi della vasca per mantenermi sott'acqua.
Sentivo i capelli fluttuare nel liquido, accarezzarmi il volto, il petto, la schiena. Vidi la superficie dell'acqua sdoppiarsi, le poche bolle di ossigeno che sfuggivano ai miei polmoni supplicanti sembravano decine. Vidi tutto diventare di uno strano blu, che mutò velocemente in un nero tormentato. Il buio mi assalì e mi succhiò via dal corpo ogni forza, slegando le mie mani dalla vasca.
Ma io vedevo.
Vedevo.
C'era qualcosa accanto a me.
Nell'acqua, vidi formarsi dei lineamenti. Linee dolci continuarono a nascere dal niente e a colorarsi come avrebbe fatto un pittore, fino a quando un viso prese forma accanto a me. 
-Nonno...- Sussurrai.
Un attimo.
Io parlavo.
E quindi respiravo.
Sott'acqua, parlavo e respiravo. Accanto a me c'era mio nonno.
Stavo morendo? O l'avevo già fatto?
-Bibi...- Disse con la voce profonda che ricordavo, senza sorridere né muoversi.
-Nonno! Mi sei mancato così tanto! Da quando sei andato via è andato tutto di male in peggio è ho sofferto in un modo così insopportabile ogni secondo che passavo...-
-Bibi-, ripeté, come se non mi avesse ascoltato. -Perché ti stai facendo questo?-
Per un istante, rimasi impietrita.
-Ma io...- La voce mi mancò, e tutta quell'acqua iniziò a farmi paura.
-Beatrice... Cerca di capire.- Spiegò mio nonno. Sembrava sempre più reale. -Non ti ho mai abbandonato. Da quando sono andato via, sono pur sempre rimasto con te. Sono stato lì al tuo fianco quando hai pianto per me, quando hai pianto per la tua vita che stava andando in pezzi. In quel cuore che stai cercando di uccidere, ci sono ancora io. Beatrice, piccola Beatrice... Sei sempre stata così vulnerabile e forte che non hai mai detto niente a nessuno. Hai sbagliato. Non si è mai tanto forti da reggere tutto da soli.-
Alzò una mano e la portò verso il mio viso. Le lacrime che credevo di aver terminato si confondevano con l'acqua.
-Mi hai detto che ti hanno sempre rubato tutto. Il sorriso, la felicità, la possibilità di avere una vita normale, degli amici. E allora perché ti stai togliendo l'unica cosa che ti resta? La tua vita!
Non hai ancora perso tutto, perché hai ancora te stessa.
E non è ancora finita, Beatrice. Puoi riprovarci, smettere di avere paura grazie a quel coraggio che chissà perché ma non hai mai tirato fuori. Sei forte perché sei tu.
Ribelle solo se vuoi.
Non è vero che, se ti rifugerai altrove, la tua vita non cambierà. Ma se non vuoi nemmeno provarci stai condannando te stessa.-
Riportò la mano lungo il fianco, e a me vennero in mente i miei ricordi d'infanzia vissuti con lui. Quei giorni pieni di promesse, gioia, zucchero e lacrime per le ginocchia sbucciate.
-Per tanti, purtroppo, è finita.
Altri stanno lottando nel letto di un ospedale perché il loro destino non sia già scritto. Perché la loro vita se la vogliono tenere stretta con le unghie e con i denti.
Non sprecare un regalo così importante come la vita.
Non esistere, non scegliere di morire. Vivi.
Non è finita, Beatrice.-
Singhiozzai più forte, sentendo l'acqua entrarmi in gola. La sentii fuori posto, esattamente come avevo sentito l'aria poco prima.
-NONNO!- Cercai di gridare, mentre lo vedevo allontanarsi piano. Ma gli unici suoni che uscirono dalla mia bocca furono gorgoglii confusi.
-Esci dall'acqua, Beatrice.
Scegli te stessa, e la vita.-
Portai disperatamente un braccio in avanti, ma quello affondò nell'acqua.
Il suo viso rimase intatto.
Lo spazio sembrò rinchiudersi su di me, stritolandomi fino a farmi male e facendo sparire mio nonno.
Sentivo l'acqua dentro e fuori.
Potevo fuggire da ciò che avevo dentro?

[Frase a inizio capitolo: da "Let it go", James Bay.]

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