27.

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"Guardando l’aurora con le facce stanche
con l’acqua alla gola sognando le branchie. [...]
Se tocchi il fondo per forza risali
ma spesso le perle son giù nei fondali.
Davanti alla sfiga
apparire cordiali,
mai sanguinare davanti agli squali."

-Così... Com'eri prima delle superiori?- Chiese con voce leggera, lo sguardo ancora fisso sulla foschia che avvolgeva Milano.
Mi torsi le dita poggiate sulle gambe. -Non sono mai stata così... Diversa da ora, ecco... Non sono mai stata realmente felice.- Una strana agitazione prese ad impossessarsi di me, come se un braccio di ferro mi stringesse lo stomaco scottandomi e senza lasciarmi via di scampo.
-Perché?- Chiese, senza scomporsi. Nella sua solita calma, anche se a volte era quasi estenuante, trovavo una sorta di tranquillità. Una certa sensazione di trovarsi nel posto in cui dovresti essere.
-Non ho mai saputo farmi degli amici, per niente. Ne avevo di pochi e passeggeri. Tante volte non capivo che non ero indispensabile per loro, e allora ci rimanevo male quando non mi invitavano a uscire. Il fenomeno inverso si è verificato alle medie, quando ho cominciato a provare una sorta di paura per le persone. Bastava che una mi si avvicinasse perché mi mettessi agitazione e non sapessi cosa dire.- Respirai profondamente l'aria fredda. Papà diceva che era il metodo migliore contro l'ansia che mi assaliva. E io ricordavo bene il mal di pancia atroce che sembrava volermi divorare il ventre quando non sapevo cosa dire davanti alla gente, quando mi guardavano dall'alto al basso.
-Tuttavia avevo delle amiche. Avevo la sensazione _ reale _ che non sarebbero rimaste per sempre, ma mi sforzavo di sopprimerla. In fondo delle amiche erano quello che avevo voluto per tanto, no? Eppure ero arrivata a un punto in cui mi sentivo così sola che bastava che qualcuno che non conoscevo si avvicinasse a parlarmi per spaventarmi.
Seppur mi sforzassi di battere quel blocco che ero io stessa, non sono mai riuscita a farmi da parte per permettermi di essere felice. La mia mente è un grosso problema. Urla le cose sbagliate in continuazione.-
-Credevo ti piacesse stare... Sola... All'inizio.- Mormorò.
-Sono arrivata a sentirmi sola in un modo amplificato all'impossibile. Non come uno che si sente solo in mezzo ad altre persone: quella è la solitudine più comune, ma come quando oltre a sentirti lontana chilometri da chi ti sta vicino, non ti senti più. Non senti più te stessa. Come se non fossi tu a comandare il tuo corpo, ma quello fosse in uno stato catatonico. Svolgevo tutto con una fredda indifferenza. Sentivo il mondo scivolarmi addosso senza che mi toccasse veramente. Era orribile, non riuscivo a percepire nemmeno il dolore...-
Le sue dita avvolsero il mio polso lentamente. Erano calde. -Ehi-, notai che aveva spostato gli occhi su di me, e di nuovo quella strana tranquillità tornò ad infondermi. -Non parlarne se non vuoi. Scusa se te l'ho chiesto. Non volevo in qualche modo farti soffrire, quello... L'ho già fatto. E ti ho già detto quanto mi dispiace.-
-Sì, me l'hai detto.-
Continuò a tenermi il polso, fino a quando non mi parve che le nostre mani si fossero fuse insieme, trovata la posizione in cui avrebbero voluto rimanere per sempre.
-Sì, ma... Be', non me lo perdonerò mai.- D'improvviso mosse la sua mano, per infilare le sue dita tra alle mie, facendole toccare. -Ho visto tante volte la paura nei tuoi occhi. Erano così tante le volte in cui ho desiderato fermarmi. Aiutarti a curare i lividi che ti svevo provocato invece di crearne di nuovi. Mi dicevo che in fondo ti piaceva stare da sola, ma in realtà sapevo che sola ti ci eri ritrovata, anche a causa mia. Mi sono fatto convincere da quella banda di idioti che andavano dicendo che far paura era meglio di tutto. Che dimostrare sempre di essere il più forte, il più spaventoso, il meno pauroso, è l'unica cosa che conta.
Se potessi, tornerei indietro e me ne andrei, quando Filippo si avvicinerebbe per la prima volta. Ma non posso tornare indietro. Forse solo sperare di poter aggiustare qualcosa di troppo rotto, lacerato in profondità.- Sì strinse nelle spalle. -Pensavo che potremmo provare a essere qualcosa di simile a due amici.-
-E Filippo? Quando troverai il coraggio di affrontarlo?- Chiesi, acida. -L'ho già trovato.- Disse tranquillamente.
-Cosa?-
-Appena prima che entrassi a scuola stamattina.-
-Gli hai detto... Insomma, cosa?- Continuai a chiedere, incredula.
Alzò di nuovo le spalle. -Era la cosa giusta da fare, e avrei dovuto accorgermene da tempo.-
-Quindi è...-
-Finita? Sì. Gli ho intimato di non toccarti più.-
-Oppure?-
-Segreti del mestiere.- Disse. Nel guardare le nostre mani intrecciate, un sorriso gli si dipinse in volto.
-Suppongo di... Sì, comunque.- Sussurrai in modo incerto.
-Amici?-
-Qualcosa del genere.-
Non ci stringemmo la mano per confermare l'accordo. In fondo lo stavano già facendo.

Erano passati i secondi, i minuti e le ore senza che nessun orologio li contasse per noi. Per la prima volta mi sembrava di correre con il tempo, senza nessun ostacolo davanti.
Ad ogni secondo che passava, ne desideravo infinitamente un altro, al contrario di quando bramavo il fatto che quei secondi venissero presto azzerati.
I cellulari non so dove li lasciammo, spenti, mentre le nostre parole riempivano l'aria e le cascate di risate la cullavano.
E avevo riprovato la felicità. L'avevo sentita dentro al petto come una certezza per un po' irremovibile. Come un fuoco che mi si era acceso dentro ma non bruciava, e si espandeva fino a prendere ogni parte del mio corpo. Benjamin alimentava quel fuoco senza neanche accorgersene. Parlava e rideva, mi ascoltava, e non aveva bisogno di fare nient'altro.
Mi chiedevo se quelle fiamme che mi facevano così tanto sorridere avvolgevano anche lui, o se ero io quella che aveva dentro una scarica così forte di felicità dopo troppi anni.
-Sta uscendo il sole.- Disse la voce di Benjamin, distraendo il mio sguardo, fisso sulla periferia di Milano. Lo alzai di poco, quanto bastava per vedere una luce fragile bucare le nuvole bianche e irregolari.
-Oh. Cominciavo ad avere freddo.- Disse, e io pensai che avevo freddo da sempre.
-Mi dispiace che tu abbia saltato scuola per me. Non lo merito.-
Feci spallucce. -Ho pensato di provare a fidarmi, dopo tutto ciò che hai detto.-
-Nessuno l'ha mai fatto.- Sembrò rimuginare su qualcosa. -Nessuno si è mai fidato di me.-

[Frase a inizio capitolo: da "Sirene", Fedez ft. Malika Ayane.]

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Buongiornoo!
Anche se in ritardo, come sono andati i primi giorni di scuola? Spero non come a me che una mattina diluviava  e sulla salita che dovevo prendere c'era un fiume nel vero senso della parola, e così mi sono impiombata jeans, scarpe, calze, capelli e chi più ne ha, più ne metta.
+ sono rimasta impiombata per cinque ore e mezza.
++ questa è la storia della mia vita.
E nulla! Spero a voi sia andata meglio, fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e cosa vi aspettate.🌙

(No, comunque poi non mi sono ammalata.😂)

Love u.

C.



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