"I don't trust nobody
and nobody trusts me;
I'll be the actress staring in your bad dreams."-Abbiamo fatto un patto Beatrice, e tu lo rispetterai.- Ammonì mio padre, spazientito.
-Avevi detto che mi avresti portato da qualcuno con cui parlare, ma non avevi specificato che era uno psicologo!- Strillai.
-Solo andando almeno dieci volte da lui avrai il permesso di partire per l'America per il semestre studio.- Mi ricordò mio padre.
Sbuffai. -Tanto starò zitta.- Borbottai tanto per farlo arrabbiare.
-Certo. Ci vediamo a casa. E ti verrà a prendere Benjamin, ricordatelo.-
-No! Cosa significa che mi verrà a prendere Benjamin?!- Strillai di nuovo.
-Significa che ho già spiegato a grandi linee allo psicologo la tua situazione, e sa che Benjamin è pentito. Mi ha già suggerito di farti passare del tempo con lui, per farti dimostrare da lui stesso che non è solo quello che hai visto.-
-Tu sei pazzo, lo psicologo pure e Benjamin è un malato mentale che mi picchiava. Non so se ti stai rendendo conto che mi stai obbligando a passare del tempo con un ragazzo che è stato una delle cause del mio tentativo di suicidio.- Dissi, tagliente.
-Ti avevo chiaramente spiegato che se hai bisogno di aiuto, per qualsiasi cosa, anche se vuoi parlare di ciò che è successo, io e tua madre siamo qui per te. Ma non tirare fuori quello che è successo per ferire qualcuno.-
-Quindi tu credi che prendere quella decisione non mi abbia ferito? Certo. Chiaro. Ciao.-
Irritata al massimo, aprii la portiera, balzai fuori dalla macchina e la sbattei per chiuderla.
A passi furiosi, camminavo verso l'edificio basso e bianco.
Mio padre non capiva. Credeva ancora fosso quella ragazzina di sei anni che sorrideva sempre, anche nelle situazioni sbagliate, semplicemente perché non le comprendeva. Ma, anche se di nascosto dai suoi occhi, ero cresciuta troppo, e troppo in fretta. Ogni decisione, ogni momento di dolore, per me pesava il doppio.
Spinsi il maniglione della porta d'ingresso, e mi ritrovai in una saletta l'aspetto fredda, con alcune sedie blu posizionate a ridosso del muro.
Alle pareti era appeso qualche quadro. L'urlo di Munch e altri, di artisti che non conoscevo.
Non feci in tempo a sedermi, quando la porta a due metri da me si aprì, e ne uscì una ragazza che doveva avere pochi anni in più di me.
-Beatrice De Angelis, prego!-
Voltai gli occhi al cielo e feci un respiro profondo, come se in quella stanza dovesse esserci il mare.
Entrai.
Lo psicologo era un ragazzo sulla trentina, riccioli e barba neri, occhiali, jeans e camicia. Come entrai, mi raggiunse e porse la mano. -Ciao Beatrice, sono Mattia Fossa. Ma solo Mattia, per te.-
Senza dire niente, gli strinsi la mano.
-I tuoi mi hanno spiegato la situazione, ma non sono qui per farti la morale, per dirti che hai sbagliato, che hanno sbagliato gli altri...-, mi fece gesto di sedersi insieme a lui su un divanetto vicino al muro. -So che sai già tutto. Io sono qui per ascoltarti.-
Mi sedetti sull'estremo del divanetto in pelle nera, nel punto più lontano da lui. E rimasi in silenzio.
-Credi di non avere niente da dire, eh?-
Mi voltai di scatto verso di lui. Cos'è, leggeva nel pensiero?
-D'accordo: comincerò io. Racconteremo un fatto, un aneddoto o un ricordo della nostra vita. Sceglieremo a caso, qualsiasi andrà bene.-
Non aspettò che rispondessi, e cominciò a parlare. Mi sa che questo aveva molto più bisogno di uno psicologo di quanto ne avessi io.
-A sei anni, il secondo giorno di scuola, presi una nota.-
Una risata sguaiata ruppe le mie labbra serrate. Dopo pochissimo, mi bloccai.
Non parlare, non ridere, non fare nulla.
-Sì, ridi e vietatelo quanto vuoi, ma è successo davvero.- Ridacchiò. -Il mio nuovo compagno di classe, quello che si sentiva già grande, mi aveva preso in giro. "Tu sei un tappo", mi aveva detto. In effetti ero proprio basso, ma non mi andava che qualcuno mi prendesse in giro per questo. Gli sganciai un destro sulla guancia. La maestra mi vide e mi diede una nota. Non riuscii ad essere dispiaciuto; lo avrei rifatto mille volte.-
Poi, calò di nuovo il silenzio.
Mi odiai per essere stata la prima a spezzarlo. -Come... Com'è andata a finire? Intendo tra lei e il bullo.- Chiesi con voce flebile.
-Questo è un altro aneddoto. Tocca prima a te. E ti prego, dammi del tu.
Sbuffai, svogliata. -Okay.- Chiusi gli occhi, passando in rassegna tutti i fatti che valeva la pena ricordare. -C'è stata una volta in cui ero a casa da sola. Trovai la chiave del cassetto in cui mia madre riponeva i suoi cosmetici, e mi truccai, imitando i gesti che la vedevo fare ogni mattina. Il rossetto era tutto sbavato, le palpebre appesantite dall'ombretto e le guance colorate di fondotinta. Eppure mi ero divertita tantissimo. Il prezzo da pagare fu quando mia madre torna casa e mi vide truccata come un clown. Avevo sette anni.- Sorrisi, e lui rise.
-Ora tocca a me. O vuoi continuare?-
-No. A patto che però ora l'uno dice all'altra un suo segreto.- Dissi tutto d'un fiato.
Ne avevo bisogno.
Dovevo sapere che potevo fidarmi, che potevo parlare veramente senza freni con qualcuno.
Alzò leggermente le sopracciglia. -Certo...-
-Okay. Cominci tu.- Dissi.
-Allora...- Per la prima volta, non sembrava così sicuro. Si torceva le mani appoggiate sui jeans, e pensava con lo sguardo basso e assorto.
-Ho una migliore amica. È stata la persona più vicina a me quando mio padre è morto, quattro anni fa. Ci soffro ancora-, un suo labbro tremò. -E per questo poco dopo mi sono innamorato di lei. Ma non gliel'ho mai detto, e lei non ha mai detto niente a me.-
Rimasi zitta.
-Sei l'unica che lo sa oltre a me Beatrice, non deludermi.- Tentò di scherzare forzando un sorriso. -Ora tocca a te.-
Posai lo sguardo sui suoi occhi. Non aveva mentito. Quando hai sofferto, il dolore lo riconosci alla perfezione. E nei suoi occhi c'era.
-Allora? Non avrai mica cambiato idea.- Chiese con un sorriso, questa volta vero.
Respirai profondamente.
Mi era ancora difficile dirlo.
-Io ho...-
Scossi la testa, e Mattia sembrò preoccuparsi.
Mi posò una mano sulla spalla.
-Io ho tentato il suicidio.
E fuori che mi aspetta c'è la ragione per cui l'ho fatto.
Si chiama Benjamin.-[Frase a inizio capitolo: da "Look what you made me do", Taylor Swift.]
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Oltre a scrivere questo spazio autrice per comunicarvi la mia ossessione per la nuova canzone di Taylor Swift e Riccione dei Thegiornalisti, la mia felicità per il ritorno di Twaimz e per il vostro esserci sempre, piccola domanda: preferite un prossimo capitolo (che sarà su Bea e Benjamin) abbastanza lungo o spezzato in due? Attendo una vostra risposta e un parere su questo, di capitolo.🌴
Grazie ancora di tutto!
C.🌙
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bullying
Teen Fiction"Forse ti vedrò, in classe, con quel tuo solito guardare fuori dalla finestra come se ci fosse davvero qualcosa da vedere. Se ci penso _ voglio dire, se penso a te _ capisco che dopotutto non ho bisogno di nient'altro." 14.12.2017, #11 in teen ficti...