50.

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"Se già ci apparteniamo,
poi dopo che succede?
Vorrei scavarti l'anima,
raccontarti
che si vede."

[da "io e anna", cesare cremonini]

Mi svegliai, nelle orecchie e negli occhi l'eco di un dolore che sentivo solo fuori. Come quando riemergi dal mare e dopo un po', anche se sei asciutta, ti rimane addosso una patina di sale.
Mi vestii con i primi jeans e maglione che trovai nell'armadio, riempii lo zaino dei soliti libri e mi dimenticai i cracker per la ricreazione.
I miei ancora dormivano.
Mi infilai le cuffie nelle orecchie e feci partire Un fiore per coltello.
Quella canzone aveva lo strano potere di riuscirmi a tranquillizzare sempre, a smettere di farmi avere paura.
Camminavo da sola verso la scuola. L'ultimo giorno in cui ci avevo messo piede sembrava lontano anni, e invece era solo... Quando? Mi sembrava tutto così familiare, e allo stesso tempo estraneo.
Una sensazione strana iniziò a calarmisi in testa, come se il dolore che provavo fosse in qualche modo sbagliato.
Entrai in classe con un bruttissimo presentimento, che mi strinse la gola per le prime tre ore.
Avevo come la sensazione che tutto intorno a me fosse al posto giusto ma sbagliato per me.
Il banco di Benjamin era vuoto.
Forse era per quello che non mi sentivo più così in me. Perché lui era una parte di me. La più importante che avessi mai avuto. E ora avrebbe potuto vivere solo nei miei ricordi.
Mi veniva il fiato corto se solo pensavo alla possibilità che avrei potuto scordarmi il suono della sua voce.
Mi aveva lasciato un vuoto che si amplificava ad ogni passo che facevo senza di lui.
Filippo gli era finito addosso alla guida della Jeep di suo padre appena pagata la cauzione. Della moto di Benjamin era rimasto poco e niente, e il casco aveva protetto la testa quel che bastava per non lasciarlo morire subito. Il corpo di Benjamin era stato sbalzato oltre il guardrail come fosse stato di plastica leggera, e l'impatto con l'asfalto e i sassi lo aveva quasi sventrato. Aveva perso tanto di quel sangue che neanche i medici seppero spiegarmi come avesse fatto a sopravvivere per alcune ore.
Sembrava quasi che mi avesse voluto aspettare quel tanto che bastava a vedermi l'ultima volta e pronunciare il mio nome.
Quello sguardo. Ecco, se c'è una cosa che non dimenticherò mai è quello sguardo. Rimarrà dentro al mio per sempre, così ogni mattina, forse, quando mi guarderò allo specchio anche lui mi vedrà, e quando mi dirò di essere inaccettabile, lui penserà che lui sì, lui invece mi ha accettata.
Ci eravamo amati in un modo totalmente maldestro e autodistruttivo da far credere che ci fosse solo odio.
Però, nonostante ci fosse capitato un amore così malato, insieme avremmo potuto essere felici.
Insieme eravamo passati attraverso a un tunnel di terrore e paura, ma non sembrava così buio se eravamo in due. Ora che tornavo a riviverlo da sola mi tremavano le gambe.

Ti penserò anche più di prima, stavolta anche per colmare la tua assenza.
A volte ti amerò ancora così tanto che mi spunterà un sorriso enorme in viso e tutti mi chiederanno cosa mi è successo. Non gli dirò che sei tu, che è a causa tua. Sarebbe come ammettere che non ci sei più.
Vivrò perché dovevi esserci tu con me, e avrò coraggio per due, sempre.
Tu stammi affianco, calma il battito del mio cuore se tutti corrono troppo veloci e io resto indietro. Ricordami che se succede io non sono rimasta sola, perché tu non te ne sei mai andato.

A ricreazione uscii dalla classe, infilandomi allo stesso tempo le cuffie nelle orecchie un'altra volta. Non volevo parlare con nessuno.
Mi sedetti sulla panchina che stava all'ombra di un grande albero, e finsi di leggere qualcosa al cellulare.
In realtà guardavo basso perché facendo così era più facile non piangere.
Il sole mi picchiava scottando sulla testa. Ma non era inverno inoltrato?
Ad un certo punto il sole non lo sentii più; al suo posto c'era un'ombra.
Alzai lo sguardo, persi un battito e non ci capii più niente.
Tutto il dolore che avevo dentro insorse come un maremoto che esplose in tutto il mio corpo.
Come? Come era possibile?
In testa mi era scoppiato all'improvviso il caos più assurdo.
-Ciao. Vuoi dividere la mia merenda con me?-
Le cuffie caddero sulla panchina.
Lui non fece una piega.
Le sue parole mi tiravano lo stomaco in mille direzioni diverse, mi intrecciavano le viscere come se fossero gomitoli.
-Benjamin...- Mormorai.
Non riuscii a muovermi. Ero talmente felice che non lo sentivo neanche ed ero terrorizzata.
Lui era morto.
È un'allucinazione. Non cascarci, Beatrice. Non soffrire ancora di più.
-Oh, ti ricordi di me!- Esclamò, allegro.
-Cosa? Io... Io... Ce... Certo che mi ricordo di te... Come diamine potrei... Cioè...- Balbettai, in preda alle troppe emozioni che mi facevano male alla pancia.
-Be', ci siamo presentati due giorni fa e...- Le sue guance si tinsero di rosso. -Ecco, non credevo ti ricordassi di me.-
All'improvviso mi sento stringere le gambe e i polsi da dei bracci di ferro trasparenti che mi portano in alto e poi mi scaraventano a terra a velocità supersonica.
La voce di mio padre che tanti anni fa mi parlava dopo un incubo mi rimbombò in testa.
"A volte i sogni sembrano così reali per un breve tempo ci convinciamo di averli vissuti davvero".
Parlava e non riuscivo a sentirlo.
Benjamin non mi aveva mai fatto del male.
Non aveva ancora conosciuto Filippo.
Non mi aveva mai amato, non mi aveva mai odiato.
Benjamin non era mai morto. E ora ce l'avevo davanti dopo un sogno in cui l'avevo conosciuto fin troppo bene, che era se stesso e basta.
-E quindi, ti stavo dicendo: secondo te dovrei andare a quella festa? Ci saranno Filippo e la sua banda, hai presente, no? Mi piacerebbe conoscerli, così, tanto per farlo. Magari potremmo andare insieme, che ne dici?- Continuò a parlare.
Iniziai a lavorare di testa, e a una velocità altissima gli risposi. -No.-
-Oh. O... Okay...-
-No! Non intendevo rifiutare il tuo invito solo... Andiamo da qualche altra parte, ti va?-
Non riuscivo ancora a respirare.
Ce l'avevo davanti e non potevo capacitarmene.
Sorrise. Mi sentii cadere, e per la prima volta lo potevo fare. Ci sarebbe stato lui a sorreggermi.
-Sembra che Filippo non ti stia così simpatico, giusto?- Chiese con un sorrisino.
-Esatto.- Riuscii quasi ad abbozzare un sorriso imbarazzato.
-Va bene, Beatrice. Allora stasera ci rivedremo.-
La felicità che gli inondó il viso in quel momento credo di non averla mai dimenticata.
I suoi occhi erano più chiari di quanto avessi mai visto.

E questo è il presente.
Gli sorrido e lui non capisce perché, ma non importa. Perché io adesso già lo amo e forse un giorno, come nel mio sogno, lo farà anche lui.
Forse un giorno gli dirò che l'ho sognato e che lì ho iniziato ad amarlo.
Forse un giorno gli dirò che mi ha salvato la vita.
Un giorno, forse.

fine.


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Eh sì, anche questa storia è finita!
Vi ringrazio infinitamente per avermi sostenuto.
G

razie per tutti i commenti, alcuni sono stati veramente capaci di farmi spuntare un sorriso enorme in viso. Siete speciali.❤


Ho pensato ad una cosa: ognuna di voi (che abbia commentato in tanti capitoli o che non l'abbia mai fatto) potrebbe commentare ora dicendomi la cosa che vi è piaciuta di più e quella che vi è piaciuta di meno nella storia.
Dai dai, sono curiosa haha.

Spero di avervi tenuto compagnia attraverso Bullying, di avervi fatto ogni tanto sorridere e riflettere, perché dare seconde possibilità non è sbagliato, ma non bisogna farsi mettere i piedi in testa, mai.
Fatevi sempre rispettare, e a vostra volta rispettate gli altri.

Ultimissima cosa: passate a leggere la mia nuova storia "Stay", se vi va.

Vi voglio bene!
Ancora una volta, grazie davvero di tutto.❤❤❤❤❤

Chiara

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