"They say she's in the class A team
stuck in her daydream,
been this way since eighteen
but lately her face seems slowly sinking, wasting
crumbling like pastries
and they say
the worst things in life come free to us."-Dove diamine sei stata fino a adesso? Ti sembra l'ora di tornare?!- Urlò mia madre.
-Ero da Benjamin, mamma.- Mi sforzai di mantenere un tono tranquillo.
-Non mi importa un fico secco se eri da Benjamin! Hai idea di quante volte ti ho chiamato? Non avevo la minima idea di dove fossi!-
-Avevo il telefono spento.-
-Potevano averti rapita! Sai benissimo che avrebbero potuto farlo! E poi cos'è questa storia che mi chiamano da scuola avvertendomi che rispondi male in classe? Non sei più tu in questo periodo, Beatrice, stai diventando qualcuno che non vuoi.- Continuò a urlare come un'ossessa.
Strinsi i denti e persi il controllo del volume della mia voce. -So badare a me stessa mamma, non mi serve che mi tratti come una bambina!-
Lei poteva anche conoscermi _ era nel suo corpo che avevo passato nove mesi, era stata la prima a toccarmi, parlarmi, sentirmi _ ma non sapeva nulla di quello che stavo passando. Era una scelta mia, certo. Ma, d'altronde, non avevo permesso a nessuno di avvicinarsi a me così tanto da capire cosa c'era che non andava in me, perché soffrivo, non avevo amici e non volevo averne.
E certo, certo che stavo diventando qualcuno che non volevo diventare. Ma non lo stavo facendo volontariamente. Erano le persone fuori che mi avevano fatto del male fino a che non avevano ottenuto quello che volevano.
A passi veloci salii le scale e mi rinchiusi in camera, dove ormai passavo la maggior parte del tempo. Mia madre non mi seguì. Credo che la porta sbattuta avesse parlato da sé.Gli anni di buio e vuoto riempito male dalle tracce di violenza tra me e Benjamin avevano reso difficile lo svolgimento della ricerca. E, infatti, data la nostra difficoltà nel parlarci senza insultarci o urlarci contro, ci mancava ancora metà ricerca. Avremmo dovuto rincontrarci, e il solo pensiero mi faceva stringere i denti.
A scuola, il giorno dopo, avevo incontrato il suo sguardo nel corridoio della scuola.
Era solo, come mai.
Ero sola, come sempre.
Avevo quasi paura che mi fermasse per dirmi qualcosa, ma ovviamente mi lanciò uno sguardo indecifrabile prima di sorpassarmi.
Davvero mi aspettavo che le cose fossero cambiate, anche se in modo impercettibile? Ma le mie cicatrici stavano lì come a ricordarmi che certe persone non cambiano mai.
Avremmo dovuto incontrarci il giorno dopo, di nuovo. L'avevamo concordato prima che uscissi dalla porta di casa sua, tirando subito dopo un sospiro di sollievo.
Pensavo che avrei voluto scappare lontano, che poi così sarebbe cambiato tutto. Avrei trovato degli amici, pochi, ma li avrei scelti bene, e poi avrei fatto tutte le cose normali che a quest'età era normale fare.
"Cambia le tue stelle; se ci provi riuscirai", diceva una canzone che mamma mi cantava da piccola.
Mi sarebbe piaciuto cambiare le mie stelle, il cielo sopra di me, per avere la certezza di essere sempre al sicuro e senza alcun pericolo dietro l'angolo.
Ma come potevo cambiare le stelle sopra di me quando mi sentivo le ali tarpate?
Perché mi avevano tagliato le ali. E poi mi hanno detto di volare.Uscii dalla scuola che avevo già le cuffie nelle orecchie. Nessuno si sarebbe avvicinato, giusto? Giusto. Nulla di nuovo, nulla di strano.
Eppure qualcuno si avvicinò. -Ehi Ang... Bea... Beatrice.-
Rimasi in silenzio.
-Senti... Domani ci sono i miei e i miei due fratelli più piccoli a casa. E per questo non credo che potremo stare lì. In soggiorno, dove siamo stati l'altra volta, ci sarà un casino assurdo.-
-Non dobbiamo stare per forza lì.- Mi uscii spontaneo.
Lui sbarrò gli occhi. -Ah... Credevo... Cioè sì... Credevo che fosse un problema... Restare da sola con me in una stanza, ecco.-
Ma perché lui pensava queste cose? Già io non sapevo che avesse un cervello funzionante. Troppe scoperte tutte in una volta.
E poi da quando si faceva problemi per me?
Io e lui eravamo distanti come due pianeti. Non avremmo nemmeno dovuto parlare in quel momento.
-Benjamin.- Fu la prima volta che pronunciai il suo nome, convinta del fatto che non mi avrebbe fatto del male:-Devo andare, ora.-
Senza salutare mi allontanai, eppure il suo "ciao" sussurrato lo sentii eccome.[Frase a inizio capitolo: da "The A team", Ed Sheeran.]
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bullying
Teen Fiction"Forse ti vedrò, in classe, con quel tuo solito guardare fuori dalla finestra come se ci fosse davvero qualcosa da vedere. Se ci penso _ voglio dire, se penso a te _ capisco che dopotutto non ho bisogno di nient'altro." 14.12.2017, #11 in teen ficti...