24.

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"Guardo le ferite
che ci hanno lasciato
per poi ricucirle
con ago e filo
spinato."

-È andato tutto bene, Bea?- Chiese mio padre, aprendo la porta di casa.
-Certo. Sì, bene. A meraviglia.- Risposi, secca.
-Non tolleriamo più bugie, Beatrice.-
-È andata male! Okay? Contento? Benjamin none riuscirà mai a stare con me senza che salti fuori qualche problema!-
-Il signor Fossa cos'ha detto?- Chiese mio padre, impassibile.
-Inutilità.-
-È lì per aiutarti.-
-Non gliene frega niente.-
-Smettila di pensarlo per tutte le persone che incontri.-
-Nessuno riuscirà mai ad aiutarmi abbastanza perché io guarisca.-
Salii le scale, scappando, ed entrai in camera. Era spaventosamente in ordine. Avevo le mani che fremevano dalla bramosia di distruggere di nuovo quell'ordine così in contrasto con me, con il mio essere un disastro da sempre.
Senza pensarci troppo, presi il quaderno e il libro di fisica dallo zaino poggiato ai piedi del letto, li misi sulla scrivania e cominciai a risolvere problemi presi a caso dal libro.
Cercavo di distrarmi, di impegnare la mia testa in un modo che non comportasse ricordare.
Odiavo ricordare: non avevo ricordi felici. Pensieri in cui rifugiarmi quando le cose sarebbero andate male.
Benjamin aveva rovinato tutto. Nemmeno riuscivo ancora a capire che cosa ci provasse a prendermi in giro facendomi credere di essere cambiato. Se lo fosse stato, avrebbe fermato i suoi amici. Fine.
Chiusi il quaderno che erano le dieci. I miei occhi faticavano a stare aperti. Mi alzai sgranchendomi la gambe e con un'andatura simile a quella di uno zombie aprii la porta per andare in bagno.
Trovai però qualcosa a bloccarmi il passaggio. Un vassoio, poggiato ai piedi della porta. Conteneva un piatto di pasta, una bottiglietta d'acqua e una mela. Con un biglietto: "Anche se in passato non siamo riusciti a fartelo capire, noi ci siamo e ci saremo, tutte le volte che vorrai.
Scusa se a volte non ci capisci, e se noi non capiamo te. Cerchiamo solo di fare quello che è meglio per te.
Sfoga la tua rabbia, e urla ciò che vuoi dire. Le cose che reprimi si accumulano dentro di te e crescono fino a distruggerti.
Vai a prendere ciò che ti spetta e che non hai avuto. Noi saremo lì di fianco a te."
In silenzio scivolai a terra, e piansi, mentre il dolore mi sembrava così difficile da sopportare.

Oggi sarei dovuta tornare a scuola.
Mi svegliai alle prime note di Sweet creature di Harry Styles, feci colazione senza i miei e uscii di casa. Le cuffie nelle orecchie e sulle spalle un passato che troppe volte sembrava troppo pesante da sostenere.
Arrivai davanti a scuola in perfetto orario, con una precisione quasi spaventosa. Neanche a metà della rampa di scale che portava all'ingresso secondario, che mi imbattei in Benjamin.
Aveva una faccia stravolta, quasi non avesse dormito. Assomigliava così tanto al viso che aveva in ospedale.
Tirai avanti. Non volevo parlargli né averci a che fare in alcun modo.
Volevo solo andarmene da quel posto maledetto.
Una canzone diceva "io non sono ancora morto e già rivoglio indietro la mia vita". E io la rivolevo, la mia vita. Ma non qui.
Fu Benjamin che mi bloccò dal mio fuggire. -Ciao.-
-No.-
-No cosa?-
-Qualunque cosa tu voglia chiedermi.-
-E se ti chiedessi se hai intenzione di andare in classe da sola?- Chiese con un sorrisetto.
-Taci, diamine.-
-Andiamo, che problema hai?-
-Ho che ieri hai dato fuori di matto per una semplice domanda. Tu hai dei disturbi della personalità, problemi mentali, di gestione della rabbia o qualcosa del genere. Non voglio averci a che fare con te, Benjamin, perché non l'hai ancora capito? Cerca di riflettere-, gli sputai addosso queste parole:-Perché dovrei voler passare del tempo con te, che mi hai picchiato da oltre un anno, che non hai mai fermato i tuoi amici che lo facevano? Vorrei solo andarmene! E lo farei se dipendesse da me, ma mi tengono qui, in 'sta dannata prigione, con te che non cambierai mai.-
Aveva abbassato lo sguardo, fissandolo sul pavimento. -Non parlare di nuovo di andartene per... Per favore.- Teneva i denti serrati e i pugni stretti, quasi come se volesse trattenersi.
-Non ne ho il diritto? Vuoi che ti ripeta chi è stato la causa di tutto?-
La campanella lo distolse dal dire qualunque cosa.
Con gli occhi lucidi e la rabbia che aveva preso il sopravvento, mi volta bruscamente per andare in classe.
-Lo so di chi è la colpa!-
Era lui.
Mi gira nuovamente, per vederlo in fondo al corridoio nella stessa posizione di prima, che parlava a voce alta senza dar peso a quei pochi che ci guardavano straniti.
Si avvicinò, a passi lunghi e pieni di rabbia.
-Vieni con me.-
Il tono che usò bastò per rendermi il braccio molle come gelatina. Lui lo afferrò e io, quasi meccanicamente, lo seguii.
Dentro di me cresceva un odio difficile da capire verso di lui. Perché si poteva fare fa parte così facilmente. Eppure quando s'imponeva era la forma d'odio più forte, pura e vera che avessi mai provato.
Accecata da quell'impasto nauseante di paura e odio, capii il luogo in cui mi aveva portato solo quando ci fermammo e lui mi lasciò il polso.
C'ero già stata. Insieme a lui.
In cima alle scale antincendio si vedeva Milano con poca chiarezza, a causa della nebbia che si era insinuata nelle vie portando il freddo con sé. Era per questo che mi sentivo gelata fin dentro alle ossa?
-Okay.- Fece Benjamin.
Teneva una mano stretta a pugno contro il muro, e si sforzava di respirare con calma, di non perdere il controllo per l'ennesima volta.
-Vuoi davvero sapere che cosa mi ha reso così?!- Gridò, gli occhi azzurri pieni di disordine. -Vuoi sapere che cosa è successo in quelle maledette notti che hanno rovinato tutto?!-
Lasciai che si calmasse. In realtà, non serviva a nulla parlare.
Alzò il suo sguardo da terra in fretta.
Lì, per la prima volta, lo vidi debole. Vidi le ferite che lo ricoprivano e le cicatrici che aveva sempre cercato di nascondere.
Vidi i suoi occhi, pieni di cose che facevano male come non lo erano mai stati.
Quando parlò, la voce fioca non era la sua.
Lui era Benjamin, mi resi conto con uno scossone.
-Beatrice vuoi...- Un graffio tagliò all'improvviso la sua voce. -Vuoi davvero avere ancora più paura di me?-

[Frase a inizio capitolo: da "21 grammi", Fedez.]

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