Capitolo 4 - Piccoli, grandi, enormi malintesi.

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Io abbassai lo sguardo e notai che l'avevo abbottonata male, la parte destra era più lunga di quella sinistra, così sbottonai tutto e riabbottonai la camicia da capo.

«Quindi pensate davvero che io creda che qui non sia successo nulla??» continuò lui fissandomi negli occhi.

«Cosa doveva succedere??» gli chiesi io.

«Oh non lo so... Dimmelo tu... Perché avete chiuso la porta a chiave?? Se dovevi semplicemente aiutarla a pulirsi la camicia non c'era bisogno che vi chiudeste dentro!!» commentò lui guardando prima me e poi Alessandra.

«Le si era macchiata anche la canottiera e così ho provato a pulire anche quella, aveva solo il reggiseno addosso e non volevo che qualcuno la vedesse... Si vergognava già solo con me, figuriamoci se uno di voi fosse entrato mentre aveva solo il reggiseno.» gli spiegò lei, inutilmente.

«Qui siamo tutti parenti e amici, tu sei l'estranea, è solo con te che dovrebbe sentirsi in imbarazzo!!!» disse mio padre puntandole il dito contro. «Non potevi chiamare la madre??»

«Non ci ho pensato... Cioè di solito quando succede ad una bambina c'è anche la madre, ma lei è grande. Non pensavo di dover chiamare la madre per una semplice macchia sulla camicia.» rispose lei, che secondo me stava dando fin troppe spiegazioni.

«Dovevi pensarci, invece...» ribatté mio padre come se si stesse sforzando di rimanere calmo, anche se non lo era affatto. «Noi adesso ce ne andiamo!!» aggiunse prendendomi per un braccio e tirandomi fuori da quel bagno.

«Ma no, papà, aspetta...» provai a dirgli io ma lui non mi ascoltò.

«Aspetti...» disse Alessandra prima che suo zio si fermasse di fronte a lei.

«Lasciami!!» continuai io ma lui mi strinse il polso ancora più forte.

«Andiamo!!» disse passando accanto a mia madre e mio fratello, che prese sia la sua giacca che il mio giubbino.

Fuori ormai era buio, anche se erano solo le 7 di sera, ma pioveva e c'erano molti nuvoloni neri. Della serenità di quel pomeriggio non c'era più nemmeno l'ombra. Mio padre mi trascinò fino all'auto, dove salimmo tutti e quattro. Quando entrammo dentro iniziò a fare il pazzo, urlava cose senza senso e accelerava persino se io gli rispondevo come lui non voleva. Era una giornata fantastica, finita di merda, ed io speravo solo che andassimo a sbattere da qualche parte. Purtroppo però, non fui così fortunata e arrivammo a casa sani e salvi, io meno di tutti. Appena uscimmo dall'auto smise di urlare, ma ricominciò subito quando mio fratello chiuse la porta di casa.

«Che diavolo ti è preso??» mi chiese lui prendendomi per un braccio e lanciandomi contro il divano. «Chiuderti nel bagno con una cameriera?! Sarei stato felice se lo avesse fatto Giulio, ma tu... Tu sei una femmina, cazzo!!!»

«Non è successo niente!! Avevo la camicia sporca, lei si sentiva in colpa e ha provato a rimediare aiutandomi...» risposi io tranquillamente.

«Eeeh... Lo so io come ha provato a rimediare, quella...» commentò lui.

«Che cosa vorresti insinuare??» gli chiesi io alzandomi da quel divano e andandogli in contro.

Lui era il doppio di me, se non il triplo, spesso mi faceva paura ma in quel momento non ci pensai.

«Voglio insinuare che lei ti ha "aiutato" in un modo tutto suo... Quella... Quella zoccola!!» rispose lui.

«Tu non capisci un cazzo! Lei mi ha aiutato a pulire questa fottuta camicia, non ha fatto altro!!» gli dissi alzando il mio tono di voce, mentre mia madre e mio fratello rimasero in disparte a guardarci.

«Io non ti credo!!» mi ripeté lui.

«E a me non frega un cazzo se mi credi oppure no, non sono affari tuoi!!» gli dissi passandogli accanto ma lui mi riprese il braccio, mi fece voltare verso di se e mi diede uno schiaffo in faccia.

«Certo che sono affari miei, finché starai in questa casa tutto sarà affare mio. Sono io che ti do da mangiare, sono io che pago la tua stupida scuola, e sono sempre io che ti do i soldi per uscire con le tue amiche!!»

«Anche mamma lavora...» dissi io alzando lo sguardo e guardandolo in faccia, con la guancia che mi andava a fuoco. «Sono anche soldi suoi!!»

«Si, ma sono io quello che comanda in questa casa, se non ti sta bene puoi anche andartene!» disse lasciandomi il braccio.

«Certo che me ne vado, non ci rimango un minuto di più in questo schifo di posto!!» gli dissi passandogli di nuovo accanto.

«Non ti azzardare a tornare, altrimenti non so cosa ti faccio...» mi urlò contro quando aprii la porta.

«Non preoccuparti, non ho intenzione di tornare!!» gli dissi uscendo e sbattendo la porta di casa.

Mentre mi diressi verso la porta vidi mia madre piangere, non mi piaceva farla stare male ma non ce la facevo più. Lo sopportavo da 18 anni e non volevo più farlo!! Scesi di corsa le scale del primo piano e presi la mia bici, il tempo non era dei migliori, ma se dovevo allontanarmi da lì allora volevo farlo il più velocemente possibile. Ci salii sopra e iniziai a correre. Non sapevo bene dove andare, le mie amiche e il mio fidanzato erano in vacanza con i genitori e i miei parenti erano tutti da evitare. Non avevo nessun posto dove andare, così decisi di dirigermi verso quel ristorante, non sapevo bene il perché ma era l'unico posto in cui mi ero sentita bene dopo tanto tempo. Tanto i miei parenti sicuramente se ne stavano per andare, se non se n'erano andati già. Con la bici, con quel tempo e quel traffico ci misi quasi un'ora ad arrivare, anche se la distanza era di appena 5km. Non volevo farmi vedere da nessuno che lavorasse lì, o che avesse assistito alla sceneggiata di mio padre, quindi a pochi metri dall'entrata del ristorante attraversai la strada e andai sul marciapiede di fronte. Mi voltai verso l'entrata del ristorante, continuando a camminare sulla bici, sperando di vedere Alessandra, volevo chiederle scusa per tutto ciò che disse mio padre ma la pioggia oscurava la mia visuale. Poco dopo distolsi lo sguardo da quel ristorante e mi voltai in avanti. Mi trovai una persona con un ombrello bianco a pochi metri da me, lei era di spalle e non mi vide ma io provai a frenare in fretta, le ruote della bici slittarono sul pavimento bagnato e io caddi a terra. Strusciai con la gamba sinistra sul marciapiede, fermandomi proprio a pochi centimetri da lei.

«Ma che diavolo!! Stai bene??» mi chiese lei abbassandosi accanto a me. «Ah, ma sei tu...» aggiunse guardandomi in faccia.

Io mi tolsi i capelli bagnati dal viso e provai a metterla a fuoco, era lei, era Alessandra, la cameriera di quel ristorante.

Belle botte insomma!! xD

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