CAPITOLO 6

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"Come procedono le ricerche?", domandai ad Adrian dopo che mi finì di raccontare la sua giornata a base di litigate con Greta per la divisione del bagno.

"Abbiamo trovato delle impronte: zampe di licantropo...", mi rivelò contento.

"Ciò significa che avete trovato una pista! Perfetto! Tornerai a casa presto!", esultai io in preda all'euforia passando dalla cucina al divano e sdraiandomici sopra.

"Non voglio darti false speranze, in realtà...", mugugnò lui con tono serio.

"Eh dai, Adrian! Avete già trovato una pista e questo sembra già essere un buon inizio, non trovi?", domandai io.

"Direi di si...", prese una pausa, "ma dimmi di te! Com'è andata la giornata?", chiese, cambiando pericolosamente discorso.

"Come al solito... compiti, professori noiosi e Gladys che mi fa strane domande sul nostro strano rapporto...", feci la vaga e saltai la parte sul nuovo arrivato: Jake Collins.

Come l'avrebbe presa se avesse saputo che quest'ultimo non mi toglieva gli occhi di dosso?

Come minimo sarebbe tornato solamente per ucciderlo e per nascondere il cadavere in qualche bosco.

"Tutto qui?", domandò lui poco convinto.

Sospirai.

"Si, tutto qui direi", mentii.

Adrian sembrò crederci e ridacchiò facendomi sospirare per la felicità e per il peso che mi ero tolta nell'avergli mentito spudoratamente.

"Bene, si, direi che hai avuto una giornata noiosa...", approvò lui.

Annuii.

"Ed era ciò che ti avevo detto all'inizio, se non sbaglio", sorrisi e mi alzai di scatto quando sentii il campanello suonare.

Non potevano essere i miei genitori: loro avevano le chiavi di casa e, per giunta, erano tutti e due a lavoro.

Che fosse Gladys? Ma cosa ci faceva a casa mia?

E David?

Ancora più impossibile.

Certo, eravamo amici... ma erano rare le volte in cui invitavo gente a casa mia. Soprattutto se umani.

La precedenza andava ai vampiri.

"Chi è?", domandò Adrian aguzzando, probabilmente, l'udito.

"Non lo so...", alzai le spalle e cercai di spiare dalla finestra, troppo lontana dalla porta d'ingresso, "vado a vedere"

"Lidya...", mi ammonì lui, preoccupato.

"Tranquillo Adrian. Guardo dallo spioncino", lo rassicurai, sporgendomi con il viso contro di esso e chiudendo un occhio.

Non credetti ai miei occhi.

Rimasi senza fiato e mi allontanai dalla porta.

"So che sei lì", sentii la sua voce provenire da fuori dalla porta, "posso sentirti. Aprirmi"

"Jason?", domandò il mio ragazzo dall'altro capo del telefono, "ma che diamine ci fa a casa tua?"

"Oh, ma sei al telefono con mio cugino! Salutamelo!", esordì Jason, ancora fuori da casa mia.

"Digli che l'ho saluto e cerca di capire perché è da te", aggiunse, subito dopo, Adrian.

Iniziavo ad odiare questa cosa del super udito. Non riuscivo a fare o dire nulla che tutti sentivano ciò che facevo o dicevano gli altri.

ROSA SELVATICADove le storie prendono vita. Scoprilo ora