CAPITOLO 23

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Una luce fioca mi fece aprire gli occhi in modo fin troppo lento.

Non appena il mio sguardo si scontrò con il sole, subito sentii il mal di testa raffiorare.

"Buongiorno dormigliona", sentii la sua voce tuonarmi nel cervello.

Allora, non era un sogno.

Mi guardai attorno: coperte rosa shocking, pareti bianche e anch'esse rosa come i vestiti delle bambole...

Ero ancora nella camera di Greta, con il dopo sbronza però.

Mi alzai lentamente e presi un respiro profondo, tastando con una mano calda la fronte dolente e guardando Jason con un occhio solo.

"Ho mal di testa", dissi subito.

"È normale direi. Greta ci faceva a botte quasi ogni sabato sera, pensa un po'...", mi rivelò, venendomi vicino e guardando la stanza di sua sorella con le mani nelle tasche dei jeans.

Era già vestito.

Ma che ora era?

"Che ore sono?", domandai, togliendomi ogni dubbio.

"Sono le...", guardò l'orologio che aveva al polso e schioccò la lingua, "le undici"

"Cosa?!", domandai, mettendomi le mani sulla faccia, "ti prego, dimmi che hai mandato un messaggio a mia madre"

Ci speravo o al ritorno mi sarei anche dovuta sorbire la predica.

"Tranquilla, le ho mandato un messaggio con sopra scritto che dormivi da Gladys", mi tranquillizzò con solo un attimo di titubanza, "tua madre non sa che avete discusso, vero?", domandò incerto.

Scossi la testa e mi passai la mano tra i capelli aggrovigliati.

E chissà com'era messo il trucco!

Probabilmente, quella mattina assomigliavo ad un panda. Non dovevo essere una poi così grande meraviglia ai suoi occhi da vampiro.

"No, mia madre non sa nulla", risposi, tranquillizzandolo.

"Allora siamo apposto", mi sorrise e batté una mano sul mio ginocchio, "vieni sotto a fare colazione?", domandò poi, cambiando di colpo argomento.

Scossi la testa e feci una smorfia.

"Magari, prima vado in bagno a sciacquarmi. Comunque, non ho fame. Sai, ho ancora lo stomaco sotto sopra", mi lamentai, togliendomi le coperte di dosso e uscendo da dentro al letto caldo.

Annuì.

"Dopo dobbiamo parlare, allora"

Ero quasi fuori dalla porta, l'avevo appena superato, e in un attimo mi bloccai, voltandomi verso di lui ad occhi sgranati.

"Di cosa?", domandai già agitata.

"Tranquilla. Tu vai a fare quello che devi fare. Ne parleremo dopo con calma", mi rassicurò, facendomi segno di uscire dalla stanza.

Scesi le scale alzando le spalle e, non appena vidi la porta del bagno, mi ci chiusi dentro.

Mi passai una mano sulla faccia e, quando mi guardai allo specchio, impallidii.

Il mio volto era coperto di nero e di brillantini.

Sembravo più una drag queen che un panda. E la cosa era di gran lunga peggio.

Come aveva fatto, Jason, a non spaventarsi?

Mi sciacquai la faccia e m'insaponai, cercando di togliermi lo strato di nero.

Mi servivano le salviette!

"Jason!", urlai.

Dimenticavo dell'udito mitico dei vampiri.

"Dimmi", in un attimo sentii la sua voce da dietro la porta.

"Potresti portarmi la borsa?", domandai, questa volta a voce più bassa.

Nessuna risposta.

Due secondi dopo, Jason bussò alla porta ed io gli aprì, permettendogli di far passare la borsa attraverso la fessura.

Non volevo mi vedesse per intero. Non di nuovo.

Mi avrebbe vista rossa per l'imbarazzo.

Non appena ebbi la borsa tra le mani, richiusi la porta e tirai fuori le salviettine struccanti, passandomele sul viso pallido.

In un attimo il trucco si tolse e, non appena vidi lo spazzolino che avevo usato durante la notte, mi lavai i denti.

Ero apposto, finalmente!

Non ci credevo!

Aprì la porta e mi guardai attorno alla ricerca di Jason.

"Jason?", lo chiamai, per poi vederlo sul divano.

"Vieni qui", mi fece segno di venire al suo fianco e, così dicendo, mi sedetti vicino a lui.

"Di cosa dovevi parlarmi?", domandai curiosa.

"Ieri ti ha chiamata il tuo amico. Voleva sapere dov'eri perché non ti trovava più", mi spiegò brevemente.

Divenni pallida.

Jake mi aveva chiamata?

Certo che l'aveva fatto! Mi aveva detto di rimanere nel bar ad aspettare il suo ritorno!

Rimasi in silenzio e aspettai che aggiungesse il resto. Sapevo che non era finita lì.

"Gli ho detto di non cercarti più e di non intromettersi nella tua vita", finì, incrociando le gambe sul divano.

Rimasi di sasso.

Davvero gli aveva parlato come se fosse mio padre?

"Jason, lui è mio amico...", lo criticai.

Scosse la testa.

"Un amico non ti porta a farti ubriacare e non ti molla in un bar pieno di uomini mentre lui torna a casa in moto per venirti a recuperare in macchina!", ribatté, già nervoso di suo.

Alzai gli occhi verso il soffitto e sbuffai.

Si, era come avere mio padre davanti.

"Non credo comunque che la nostra amicizia finirà", risposi convinta.

Inaspettatamente, sorrise appena.

"Credo che di questo ne dovrai poi discutere con Adrian", fece un ghigno alquanto spaventoso.

"Oh, dai... prima che si faccia di nuovo vivo faremo in tempo a dimenticarci l'accaduto", risposi tristemente e anche leggermente arrabbiata per il fatto che fosse scomparso così tutto d'un tratto.

"Non credo che tutto ciò si possa dimenticare in una sola notte, sai?", sussurrò lui.

Non capii e lo guardai di traverso.

Avrei voluto chiedergli di che diamine stava parlando; ma Jason mi precedette con la spiegazione.

"Adrian ha chiamato, stanotte"

SPAZIO AUTRICE

Ooookay, dopo la bella chiacchierata tra Jason e Lidya ecco a voi la rivelazione che tutti volevano sentire: Adrian ha chiamato!!!!!! <3 *-*

Sopra Jason

Pleaseeee, se per caso qualcuno ha installato la nuova app di Wattpad (Tap) sappia che sono anche lì.
Il mio nome è Roberta1998 e la mia storia si chiama "One Chance" :)

ROSA SELVATICADove le storie prendono vita. Scoprilo ora