CAPITOLO 11

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"Lidya! Alzata con il piede sbagliato?", domandò una voce, a me fin troppo famigliare, con entusiasmo.  

Com'era possibile che Jake riuscisse sempre a scovarmi?

Effettivamente, avevo fatto parecchi incubi durante la nottata: tutti con Adrian come protagonista e la morte come antagonista.

Lui c'era: potevo vederlo, sentirlo, toccarlo... tutto ciò che mi mancava era lì davanti ai miei occhi.

Ma, presto, scompariva.

In un battito di ciglia mi scivolava via dalle mani come sabbia tra le dita.

Ed io ero lì, che lo guardavo andare via, con le lacrime agli occhi e i polmoni senza fiato.

Mi sentivo annaspare e avevo l'impressione di essere con la testa sotto l'acqua da parecchi secondi.

Colta dal panico, mi ero svegliata di soprassalto.

"Si nota così tanto?", domandai, passandomi una mano tra i capelli scuri.

"Abbastanza", rispose con sincerità.

Continuavo a pensare ad Adrian ed il suo volto stupendo mi si riversava addosso con violenza, causandomi un dolore lancinante al cuore.

"Perfetto", mormorai tra me e me sedendomi al mio posto e vedendo quello di Gladys ancora vuoto.

Non era da lei arrivare in ritardo; anzi, era sempre una delle prime ad entrare in classe.

"Sbaglio, o ti stai chiedendo dove sia finita la tua amica?", domandò lui sedendosi di fianco a me.

Effettivamente, continuavo a fissare il suo banco senza un'ovvia ragione.

Non risposi.

"Si sta baciando con un ragazzo nell'atrio", aggiunse all'ultimo.

"Peter...", sussurrai io.

E ti pareva che non c'entrasse lui con il suo improvviso cambiamento.

Da quando era arrivato, le aveva scombussolato la vita.

In maniera positiva, però.

"Chi?", domandò lui senza aver ben capito.

"Peter... il ragazzo di Gladys...", mormorai.

Jake si avvicinò di più a me ed incrociò le braccia posandole sul banco.

"E a te, questo, non sembra andare molto giù", optò lui.

Scossi la testa e sospirai.

"In realtà, sono contenta per lei. Davvero", mi passai nuovamente una mano tra i capelli, "vedi, da quando ha incontrato Peter è cambiata. È diversa e si gode di più la vita", ammisi.

Stava meglio senza di me: io non ero mai riuscita a renderla così felice.

"Ma Peter te l'ha anche portata via...", suggerì nuovamente.

Si, questo era vero; ma non sentivo pienamente la mancanza di Gladys.

Forse ero cattiva, non lo sapevo...

Sapevo solo che mi mancavano le giornate da umana, passate con lei a scherzare e a chiaccherare di problemi meno grandi.

"No, sono io che me ne sono andata. Peter mi ha solamente fatto un favore standole vicino", ammisi più a me stessa che a lui.

"Perché tendi ad allontanarti dalle persone?", domandò lui senza capire le mie motivazioni.

Se solo avesse saputo...

"È complicato".

Resistetti all'impulso di cacciarlo via per rimanere sola; ma, così facendo, avrei dato ragione alle sue supposizioni.

"Sarà anche complicato... ma mi hai detto che con il tuo ragazzo e la sua famiglia stai volentieri", riprese l'argomento e la cosa iniziò a farmi innervosire.

"Ed è così, infatti"

"Eppure, dal resto delle persone ti ci stacchi. Perché mai?", domandò ancora.

La rabbia prese il sopravvento e voltai bruscamente la testa verso di lui, trafiggendolo con lo sguardo.

"Non sono affari tuoi! E non sei il mio psichiatra!", affondai il coltello nella piaga facendolo star male, "io sto benissimo! Alla grande! E non ho bisogno del tuo aiuto psichiatrico ed emotivo!"

Lo vidi raggelarsi e scuotere la testa, ridacchiando.

Che cosa c'era, ora, di così divertente?

"Perché ridi?", domandai senza capire.

"Perché?! Perché credo di non aver mai conosciuto nessuna ragazza del tuo calibro... mai nessuna", si complimentò lui avvicinandosi pericolosamente al mio viso, "e, tanto per la cronaca, è inutile che tenti di spaventarmi e di cacciarmi via con qualche parola avvelenata di troppo..."

Mi sorrise.

"Più fai così e più mi piaci, Lidya Thompson"

Detto questo, prima di alzarsi e tornare al suo posto, mi lasciò un bacio caldo e veloce sulla guancia.

***

Ero appena uscita dalla doccia ed ero con l'asciugamano intorno al corpo.

L'acqua stava colando giù dai capelli arrivando fino a terra e bagnando il tappeto azzurro chiaro.

Passai una mano sullo specchio ricoperto dal vapore e avvampai quando sentii il telefono squillare.

Rimasi immobile a sentire quel suono ormai dimenticato.

Corsi verso camera mia e risposi in fretta e furia senza nemmeno leggere chi fosse.

"Pronto?", domandai con il sorriso sulle labbra, speranzosa che fosse lui.

Sentii una voce: la sua.

M'irrigidii.

"Adrian!", urlai per la felicità, "Adrian! Adrian!"

C'erano solo voci in sottofondo; ma nessuna risposta.

Che diamine stava facendo? E perché non rispondeva?

"Dannazione, mi è partita una chiamata", lo sentì pronunciare questa frase e, successivamente, la chiamata si staccò lasciandomi senza parole.

Lacrime di tristezza iniziarono a colarmi giù dalle guance e i singhiozzi s'impossessarono del mio corpo.

Mi distesi sul letto con ancora l'asciugamano intorno al corpo e piansi tutto ciò che avevo dentro.

Avrei voluto richiamarlo e chiedergli il perché; ma sapevo di non poterlo fare.

Sbloccai il cellulare e chiamai l'unica persona con la quale potermi sfogare.

Uno squillo, poi due... e al terzo rispose.

"Lidya?", domandò lui con voce assonnata, "vuoi che vengo da te per gl'allenamenti?"

Iniziai a piangere nuovamente e singhiozzai come una bambina.

"Ehi, Lidya, che succede?", domandò lui, di colpo sveglio.

"Adrian...", bofonchiai, "ti prego, vieni qui", lo pregai.

Rimase in silenzio per qualche secondo e, dopo pochi minuti di attesa, Jason fu qui.

SPAZIO AUTRICE

Jake sembra essere sempre più interessato a Lidya.
Anzi, gliel'ha proprio rivelato.
E, arrivata a casa, la sorpresa: una chiamata di Adrian.
Ma Lidya scopre che la chiamata gli è solamente partita per caso ed è per questo che, in lacrime, chiama Jason :)

ROSA SELVATICADove le storie prendono vita. Scoprilo ora