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Sharon camminava sola sotto la neve, fissava distrattamente la pavimentazione resa bianca sotto i propri piedi.

Si sentiva così vuota.

Non se la sentiva di tornare a casa, al solo pensiero di mettersi a letto le veniva l'angoscia.

Camminare l'aiutava a tenere la mente occupata.

Le impediva di fermarsi troppo a rimuginare, lui non l'amava più, quella era l'unica cosa che la mente continuava a suggerirle.

Camminava per impedire che l'abisso di quell'inquietudine la divorasse, la inghiottisse strappandola alla vita.

Sì, sentiva che l'unica cosa che avrebbe potuto alleviare quel dolore sarebbe stata la morte.

Rabbrividì abbracciandosi, non smetteva di nevicare.

Con una smorfia si ricordò quella sera sotto la neve nella sua vecchia macchina, il suo cuore vibrò inquieto, tutto era vecchio, non c'era più niente che li univa.

La macchina non c'era più, i suoi sentimenti non c'erano più, lui, non c'era più.

Si guardò attorno.

Non riusciva nemmeno a capire in che parte della città fosse finita.

Guardò il cielo cercando di soffocare le lacrime.

“Vi prego fatemi svegliare, voglio uscire da questo incubo.”

Represse l'istinto di singhiozzare e si sedette sul marciapiede esausta.

Prese il telefono dalla borsa e fece una smorfia guardando l'ora.

Aveva camminato per tre ore sotto la neve senza meta.

Si prese la testa fra le mani, si sentiva provata dalla vita quella sera, si sentiva esausta, non aveva più voglia di vivere.

Sospirò e ripensò a quegli occhi duri.

Inghiottì le lacrime amare che volevano farsi strada nei suoi occhi.

Si scoprì il polso guardando il braccialetto regalatole un anno prima, sfiorò il ciondolo a forma di A e scoppiò a piangere.

“Dove sei?”

Ripensò alle sue parole di quella sera e le venne il voltastomaco pensando che probabilmente lui fosse nel letto di qualcuno.

Si coprì la testa con le braccia, come se quel gesto potesse aiutarla a scacciare quel pensiero.

“Preferisce stare in qualsiasi letto piuttosto che nel mio.”

A quel pensiero sentì il vuoto invaderla.

Tutto si era accartocciato, tutto era così nero e privo di senso.

A cosa era servito lottare? Umiliarsi? Se poi quello era stato il risultato?

Gli aveva solo fornito l'ennesima opportunità per ferirla.

“È ora che mi rassegni.”

Sospirò cercando di far calmare il proprio cuore che vibrava inquieto a quel dolore immane ed insopportabile.

Era ora di lasciarsi tutto alle spalle, lui non sarebbe mai tornato, non l'avrebbe mai amata di nuovo.

Socchiuse gli occhi ascoltando la neve adagiarsi sul suo cappuccio.

Era innamorata di un ricordo.

Quel ricordo talmente sbiadito che le faceva dubitare del fatto di essere un ricordo reale.

Sei il mio abbraccio, quello che mi protegge dalle fauci del mondo. [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora