Capitolo 42

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Ore 11:00

Tommaso, vestito di tutto punto, con un abito da sposo nero, camicia bianca, gilet e cravatta argentate, scese in cucina per incontrarsi con i genitori. Aveva tirato i capelli all'indietro e aveva rasato di molto la barba. Ma non del tutto, ne aveva lasciato un velo a incorniciargli il viso. Anche per lui erano state previste delle foto in casa che sbrigò nel giro di mezz'ora. In quel momento era libero da tutti, e cercava suo padre e sua madre per iniziare ad avviarsi in chiesa. Sia la cucina che il salone, però, erano vuoti. Dov'erano finiti? Era rimasto in camera sua, da solo, per un altro po'; dal giorno dopo, quella non sarebbe stata più la sua stanza, ma l'avrebbe divisa con la moglie. Dopo varie insistenze di Vittorio, avevano deciso di vivere tutti e quattro insieme nella stessa casa, che a detta di lui, era abbastanza grande da accogliere un'altra famiglia con altrettanti figli. Monica era molto entusiasta e lui... beh, molto meglio che vivere da solo con lei. Forse erano dei pensieri maligni e di mal auspicio, ma visti i sentimenti che nutriva per quella ragazza, scegliere di stare con altre persone, avrebbe attenuato il suo stato di costernazione. Stava per risalire le scale, quando sentì delle voci provenire dallo studio del padre.

Quindi sono chiusi là dentro, pensò, avviandosi in quella direzione. Allungò la mano alla maniglia per aprire la porta, quando un rimbrotto infuriato all'interno, lo bloccò. Istintivamente, avvicinò la testa per ascoltare cosa stesse succedendo, come se entrare in quel momento, non fosse la soluzione giusta.

"Come diavolo lavori!?" La voce di Vittorio fu molto chiara. C'era lui dentro la stanza, ma con chi? Tommaso continuò a origliare.

"Mi dispiace, signore, è stato difficile anche per noi scoprire dove si stesse nascondendo."

Quella era la voce di Emilio. Cosa ci faceva, nel giorno del suo matrimonio, il segretario del padre a casa sua? Cominciava a preoccuparsi.

"Siete tutti degli inetti! Se Alessio Diamante parla con mio figlio, tutto quello che ho fatto per lui fino ad oggi, sarà mandato al diavolo!" disse rabbiosamente Vittorio.

"Proverò a parlarci e a farlo stare zitto" rispose Emilio a bassa voce.

"Quello, ormai, è un cavallo lasciato a briglie sciolte, non sarà facile ricondurlo verso il suo padrone." Ci fu qualche attimo di silenzio.

"Per oggi, lasciamolo stare. Domani, quando mio figlio sarà sposato, parla con Diamante e ricordagli i nostri accordi. Se prova a fare il furbo digli che, la sua cara famiglia e la sua brava amichetta, passeranno dei brutti momenti. Ho sistemato lui e Luana Fiorenzi già una volta, non ci penserò un istante per distruggerli una seconda" dichiarò superbamente.

"Farò come mi ha detto. Però, ho anche scoperto che quel ragazzo adesso è un poliziotto. Non sono a conoscenza ancora dei dettagli, ma in questi due anni di assenza, è diventato qualcuno di importante." Un colpo assordante di qualcosa che sbatte sul legno, fermò le parole di Emilio.

"Non me ne frega un accidenti!" ritornò a urlare Vittorio. "Fai tacere quel bastardo con qualsiasi mezzo a tua disposizione. Gli inganni e gli artifici usati per tenere in pugno quelle due persone non devono mai venire scoperti, deve tutto continuare a sembrare una fuga d'amore e tradimento."

Di nuovo silenzio.

"Me ne occupo io, signore. Mi scuso ancora per essere piombato a casa sua in un giorno di festa, ma ho creduto importante informarla sul ritorno di Diamante" si giustificò Emilio. "Adesso vado." Da parte di Vittorio non giunse risposta. Ma, molto probabilmente, lo congedò con un gesto della mano, quello pensò Tommaso allontanandosi dalla porta e infilandosi nella stanza più vicina. Rimase nascosto lì dentro solo pochi minuti, ma credette di esserci stato per una vita intera. L'impulso di nascondersi lo rese ancora più imbecille. Era tutto vero, quindi. Suo padre era un tiranno capace di manipolare la vita delle persone come se fossero mosche, ma cosa ancora peggiore, aveva maneggiato la vita di suo figlio a proprio piacimento. Strinse i pugni così forte che si conficcò le unghie delle dita nella pelle. Sia Luana, Alessio, Mary, Jimmy, tutti quanti, avevano aperto gli occhi e avevano visto chi fosse veramente Vittorio Umberti, solo lui era stato uno stupido, idiota, maledetto, capace a farsi ingannare e a farsi distruggere la vita. Ma tutto sarebbe finito. Se suo padre credeva di averlo in pugno, abile nel modellarlo secondo la sua volontà, quello sarebbe stato l'ultimo istante a sua disposizione. Guardò l'orologio. Forse, era ancora in tempo. Prima che quel giorno finisse, avrebbe riportato tutto al proprio posto. Si ricaricò della sua stessa rabbia, trattenendo l'impeto di entrare nella stanza accanto e picchiare il suo stesso sangue, così, uscì da quell'ipotetico nascondiglio e si avviò fuori di casa.


Ore 12:00

Tutti gli invitati erano seduti sui banchi della chiesa scelta per il matrimonio di Tommaso e Monica. Era addobbata con fiori di ogni genere, solo di colore bianco. I testimoni di entrambi gli sposi erano fermi all'in piedi, nella loro postazione, a guardarsi intorno. La mamma di Monica era seduta sul lato sinistro della navata e continuava a picchiettarsi la mano sul ginocchio. Gli era stato riferito che la figlia e il marito erano fuori, seduti in macchina, già da dieci minuti. Si voltò a guardare alla sua destra. La consuocera si contorceva le mani, girandosi ogni secondo a fissare la porta d'ingresso. Il marito non si vedeva da un po', ma sicuramente era a cercare quello scapestrato di suo figlio. Quel ragazzo non gli era mai piaciuto, ma vedendo i benefici economici che quella famiglia aveva portato negli ultimi anni, e la contentezza della figlia nello sposarsi quell'uomo, l'avevano obbligata a farsi da parte. Ma, in quel momento, tutto ciò che aveva pensato di lui, sembrava ritornargli indietro come un boomerang. Tornò a guardare davanti a sé, cercando di trattenersi.

Jimmy, il testimone dello sposo, si spostava da un piede all'altro, come se, invece del pavimento, sotto di sé avesse dell'olio bollente. Cosa stava combinando Tommaso? Perché non era ancora arrivato? Ida De Rose e il marito erano comparsi senza di lui, tranquillizzando i presenti che il figlio sarebbe arrivato a breve con un'altra auto. Ma cominciavano a non crederci più. Mary era seduta al secondo banco e faceva continuamente dei gesti nella sua direzione. Avevano provato tutti a contattarlo al cellulare, ma a nessuno aveva risposto. Si avvicinò alla moglie e l'avvisò che sarebbe uscito un attimo. Arrivato fuori, alla fine della scalinata di pietra, messo di spalle, c'era Vittorio Umberti che parlava al telefono con qualcuno. Dopo aver dato ordini di trovarlo e riportarlo in chiesa anche moribondo, chiuse malamente la chiamata, inveendo con rabbia contro il figlio. Si voltò e, trovandosi di fronte a Jimmy, cercò di ricomporsi.

"Ci sono novità? Sta arrivando?" chiese lui, preoccupato.

Vittorio salì le scale e gli andò vicino. "Mio figlio verrà. Dobbiamo solo aspettarlo." E così dicendo entrò in chiesa, lasciandolo da solo. Però, Jimmy, non ci credeva più. Se Tommaso aveva sabotato il suo stesso matrimonio, era sicuramente successo qualcosa.

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