Capitolo 50

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Erano già passate tre ore e nessuno gli diceva niente. Tommaso stava seduto fuori dalla sala operatoria dove era stata portata Luana, ancora tutto sporco di sangue. Aveva i gomiti appoggiati sulle ginocchia e si teneva la testa fra le mani, fissando il pavimento. Suo padre era rimasto con lui fino a quel momento. Anche Paolo era stato seduto al suo fianco sino a poco prima, ma entrambi si erano allontanati per controllare le condizioni delle rispettive compagne. Teresa aveva avuto un collasso nervoso dopo che aveva pianto per tutto il tempo di attesa. A vegliarla c'era anche suo padre Massimo.

Ida non aveva niente di rotto e non era ferita grave, aveva solo subìto una leggera commozione cerebrale che come conseguenza le avrebbe procurato qualche giorno di mal di testa. Anche l'autista aveva ripreso i sensi e stava bene.

Due agenti della polizia erano venuti per far loro delle domande, ma erano già andati via. Vittorio aveva chiesto loro notizie su Davide, ma nessuno sapeva ancora niente. Era persino andato al commissariato, ma nulla. Tommaso chiuse gli occhi e deglutì. Forse era impazzito e quello era un incubo, non poteva credere che stesse perdendo le persone che più amava al mondo. Com'era potuto succedere tutto ciò?

Mentre rimaneva fermo in quella posizione pensando all'inverosimile, si sentì toccare una spalla. Aprì gli occhi e sollevò il capo. Accanto a lui c'era Alessio.

"Ancora nessuno notizia?" gli chiese quest'ultimo, riferendosi alle condizioni di Luana.

Tommaso scrollò il capo e tornò a guardare a terra.

"Davide è stato ritrovato."

A quel punto Tommaso scattò in piedi e appoggiò le mani sulle spalle dell'amico, fissandolo negli occhi.

"Dov'è?" gli domandò frastornato. Alessio, invece di rispondergli, lo prese per le braccia e lo fece sedere nuovamente, mettendosi accanto a lui.

"Sta bene. Non è ferito, ma lo stesso è stato controllato da un medico. Ora, è insieme a Mary e Jimmy."

Anche se la notizia di sapere suo figlio in compagnia di persone fidate lo aveva per un attimo tranquillizzato, il suo stato d'animo rimaneva comunque angosciato.

"Cos'è successo, esattamente?" gli chiese Tommaso.

"La macchina dei rapitori è stata individuata a un posto di blocco. Non si sono fermati ed è incominciato l'inseguimento; hanno perso il controllo dell'auto dalla troppa velocità e sono andati a sbattere contro un guardrail. Uno di loro è svenuto ed è stato portato al pronto soccorso, mentre l'altro si trova in commissariato. Davide è illeso, era solo molto spaventato, però Jimmy sta facendo di tutto per rasserenarlo." Evitò per il momento di raccontargli i particolari sulle minacce del rapitore.

"Grazie al cielo" sospirò. Ma c'era anche dell'altro che gli interessava sapere. "Chi è l'artefice? Perché hanno rapito mio figlio?"

Alessio non sapeva se, dirgli tutta la verità in quel momento, fosse la soluzione migliore. Ciò che aveva scoperto non l'avrebbe aiutato molto.

"Adesso, è meglio se ti dai una sistemata", e gli indicò le mani e la camicia sporchi di sangue. "Ne riparleremo quando Luana starà bene."

Ma Tommaso non fu della stessa idea e non si curò del proprio aspetto. Le parole ambigue di Alessio lo resero ancora più determinato a voler sapere a tutti i costi la verità. L'amico non poté far altro che accontentarlo.

"È stata Monica Leone. Ha architettato il rapimento di Davide per far sì che sia tu che Luana poteste soffrire tanto quanto lei. I rapitori hanno confessato che la mandante di tutto era lei e, dopo aver perquisito casa sua, ne abbiamo, purtroppo, avuto conferma." Si fermò un attimo per far assimilare il colpo a Tommaso. Era sconvolto più di prima. "Vi ha fatto pedinare e ha controllato costantemente le vostre vite, riempendo di foto e di articoli di giornale la soffitta di casa sua. Trascorreva la maggior parte del tempo rinchiusa lì e impediva a chiunque di entrare; negli ultimi cinque anni non si è dedicata ad altro se non come progettare per distruggervi la vita. Purtroppo, qualcosa sospettavo, ma ho evitato di parlartene. Avevo scoperto che eravate seguiti, ma mi mancavano delle prove concrete che mi aiutassero a incastrare chi fosse il vero colpevole."

Tommaso si accasciò pesantemente allo schienale della sedia e abbandonò le braccia lungo i fianchi. Era tutta colpa sua. Se Monica era impazzita e aveva rapito Davide, l'aveva fatto solo per colpa sua. Non l'aveva mai perdonato per averla abbandonata sull'altare e, dopo quel giorno, non era più riuscito a parlare con lei, ne tanto meno ad avvicinarsi alla sua persona. Aveva anche provato parecchie volte a farsi ricevere a casa, ma senza risultati. Quanto doveva aver sofferto per arrivare a tanto?

Mentre si arrovellava il cervello sul perché gli aveva fatto tutto quello, arrivò Vittorio. Sapeva già tutta la verità; Alessio era passato da lui prima di salire a parlarne con Tommaso. Anche lui era sconvolto e dispiaciuto; in parte, si sentiva colpevole delle azioni di Monica.

Alessio si alzò e si avvicinò al nuovo arrivato. "Gli ho già detto tutto io. Forse, per il momento, è meglio se lo lasciamo da solo."

Vittorio guardava il figlio e non sapeva che fare. "Tommaso, io..."

"Non dire niente!" Scattò all'in piedi e si piazzò di fronte al padre. "Se Luana non esce sana e salva da quella stanza, io, io..." Aveva gli occhi rossi e pieni di lacrime, e teneva un braccio disteso puntando il dito verso la porta bianca della sala operatoria. "È tutta colpa tua!" sbottò, urlando contro Vittorio. Alessio si frappose fra padre e figlio, e cercò di sedare il dolore di quest'ultimo.

"Per favore, Tommaso, calmati. Non è colpa di nessuno. Davide sta bene e anche Luana lo sarà, non dire parole di cui poi potresti pentirti." E lo spinse distante dal padre, facendolo sedere.

"Ha ragione. Sono io che l'ho incoraggiato a sposarsi con quella donna, se non mi fossi messo in mezzo non saremmo arrivati a questo punto." Vittorio era veramente abbattuto. Si rendeva conto delle responsabilità che avevano avuto le sue azioni con tutto quello che era successo. Rimase a testa bassa e si mise seduto anche lui, ma a una certa distanza dal figlio. Alessio, rimasto alzato, lo guardava e non lo riconosceva. Era cambiato molto negli ultimi anni e, difficile da credersi, ma provava una gran pena nei suoi confronti.

Dopo qualche minuto, arrivò Paolo con una busta in mano che consegnò a Tommaso.

"Sono dei ricambi. Datti una sistemata per quando dovrai rivedere tua moglie."

Alessio ammirò tanto la forza d'animo di quell'uomo. Anche se non sapeva se sua figlia fosse uscita viva o morta da quell'ospedale, non perdeva la speranza e continuava a pensare positivamente. Guardò Tommaso prendere la busta e avviarsi al bagno più vicino. Alessio ne approfittò, e così raccontò anche a lui la verità.

Non è colpa tuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora