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Ci tenevamo ancora per mano: era diventato un contatto di cui né io né lui avevamo intenzione di fare a meno.

Continuammo a passeggiare per il lungomare. Di tanto in tanto qualcuno rivolgeva un sorriso a Francesco e lui ricambiava sempre.

Ci fermammo ad una gelateria vicino alla spiaggia quando erano circa le 18:30.

Io presi il mio solito cono con doppia panna, cioccolato e mango; Fra prese una coppetta con cioccolato e crema.

Il cucchiaino azzurro di plastica trasparente rifletteva leggermente la luce solare.
Mi venne in mente che avevo sempre voluto dirgli una cosa:
"Francesco, ti sembrerà strano che me ne esca così dal nulla, ma volevo dirti che a Sanremo sei stato fantastico. Io ero lì, nella buca dell'orchestra, e hai contagiato anche noi con il tuo entusiasmo."

"Aspetta, c'eri anche tu?" Gli si illuminarono gli occhi.

"Si, beh, solo nella serata delle cover: un violinista si era ammalato e hanno chiamato me come sostituta dell'ultimo momento. Avrebbero tranquillamente potuto farne a meno, ma di certo non gliel'ho fatto notare"dissi "Le altre sere mi hanno invitato a restare come spettatrice ed ho accettato subito.
Ho ancora lo spartito di "Susanna"! Se ci ripenso mi commuovo"

"Aw ma che dolce" ci eravamo seduti su un tavolino e adesso si sporgeva per darmi un bacio sulla guancia.

Misi la mano sopra la sua.
"Ma come mai è finita con Dalila? Se posso chiedere."
Volevo capire bene fino a che punto potevo andare oltre.

"Certo che puoi chiedere! Praticamente era un po' che non andava più, ma entrambi eravamo talmente presi dai nostri impegni lavorativi che non ci siamo mai fermati a pensare a come andava davvero la nostra relazione. Quando finalmente l'abbiamo fatto, abbiamo capito che non aveva senso continuare a stare insieme se non c'era più del sentimento."
Si guardava le mani mentre parlava e a tratti alzava lo sguardo verso di me. "E quindi ci siamo lasciati. Personalmente non ho rimorsi, anzi."

Annuii perché non sapevo cos'altro dire.

"Piuttosto, tu che mi dici sulla tua vita sentimentale?"

Appoggiò il mento sulla mano, in attesa, con un'espressione abbastanza molesta stampata sul viso.

"Intedi apparte te?"
Scherzai, strappandogli una risata.

"Diciamo che apparte te, non c'è nessuno" continuai
"Allora sei apposto"

Ci alzammo dal tavolino di ferro visto che la proprietaria della gelateria sembrava seccata dalla nostra prolungata presenza.

"Possiamo sederci su quella panchina" suggerí lui.

Sulla via del lungomare, costeggiata naturalmente da stabilimenti di ogni tipo, si apriva uno spiazzo con al centro una panca di quelle in cemento.

Proprio quest'ultima era segnata dall'indice di Francesco.

Ci sedemmo, rivolti verso il mare che si estendeva a perdita d'occhio fino all'orizzonte riflettendo la luce degli ultimi raggi di sole.

Francesco mi sfiorò le dita con le sue e poi mi prese la mano.
Senza voltarsi verso di me, mi guardò di soppiatto.

Per un po' entrambi ci concentrammo sul panorama, poi lui si voltò forse per dirmi qualcosa ma poi i lineamenti del suo viso si distesero e rimase semplicemente a guardarmi dolcemente.

Il sole illuminava i suoi occhi marroni.
Mentre normalmente erano di un marrone scuro e impenetrabile, ora a guardarci dentro vi trovavo un tramonto indipendente di mille sfumature di marrone che andavano dal colore del mogano al rossiccio.
Le sue iridi sembravano illuminarsi di luce propria intorno alla pupilla.

D'un tratto il tramonto all'orizzonte non era che monotono, una brutta copia di quello negli occhi di Francesco.

Mi prese il mento tra il pollice e l'indice, avvicinandomi il viso al suo.

Sentivo i nostri respiri confondersi tra loro.
Rimanemmo così per qualche secondo, a fissarci, a studiarci, come per chiedere all'altro il permesso di fare il passo successivo.

Poi si avvicinò sempre di più fino a che la distanza non fu azzerata, fino a che le nostre labbra non si furono toccate.

E poi fu qualcosa di incredibile: un'esplosione di sentimenti mi tolse il respiro mentre il mio stomaco faceva una capriola.

Le sue labbra erano morbide e sapevano di cioccolato.

Ci separammo. Solo per un attimo, per guardarci di nuovo negli occhi.
Sorrise, con i baffi che si sollevavano insieme agli angoli della bocca.
Sorrisi.

Gli presi il volto tra le mani e lo baciai di nuovo.
Avevo bisogno di quelle labbra, avevo bisogno di sentirlo vicino.

Si allontanò sussurrando: "Ho bisogno di te".

Mi baciò di nuovo, stavolta in modo più passionale, come se ne sentisse il bisogno. Come se il mio bacio fosse aria.
E io ovviamente ricambiai.

E via via i nostri baci si facevano meno casti.
Le nostre lingue si intrecciavano sempre più.

Mi mise una mano sulla nuca ed io giocavo con i suoi capelli.

Mi allontanai solo un attimo per guardare in quegli occhi che erano per me l'immenso, per studiare quel volto familiare e sereno che avevo davanti.

Di nuovo le nostre labbra si toccarono. E di nuovo ancora. Mi dava piccoli baci di cui sentivo appena lo schiocco.

Ci separammo, questa volta in modo permanente.

Mi accorsi che una signora anziana ci guardava dal marciapiede: immobile e con il cono gelato che gocciolava.

Francesco seguí il mio sguardo e alzò una mano in saluto, sfoggiando uno dei suoi sorrisi. "Buonasera signora!" Salutò.

"Andiamo in spiaggia?" Disse con una felicità estatica negli occhi profondi.

Non potei che annuire.
Camminammo di nuovo fianco a fianco, questa volta non ci fu nessun imbarazzo nel prenderci per mano.

Intrecciò le mie dita con le sue e mi guidò verso la spiaggia.

Il cielo illuminato con i colori del tramonto si rifletteva sull'acqua.

Come l'ariaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora