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Uscimmo dal negozio con quattro secchi di vernice e tutto l'occorrente per verniciare.
Poi tornammo dentro per prendere la scala appena acquistata.

Caricammo tutto nella macchina di Irene per poi tornare di nuovo al nostro locale.

Irene inserì la chiave nella serratura della saracinesca e la tirò sù con un sorriso soddisfatto.

Tirammo sù anche le altre due, lasciando che la luce solare filtrasse attraverso le vetrine sporche illuminando il grande locale.

Sistemammo i teli sul pavimento e ci infilammo le tute protettive sopra i vestiti.

"Si comincia" Dichiarai aprendo il primo secchio di vernice con l'odore pungente che mi entrava nelle narici.

Passai il rullo sulla parete bianca e vi comparve una striscia bordeaux.

"Non ti aspettavi che avessi chiamato un avvocato, eh?" Chiese, con un sorrisetto sghembo.

"In effeti no, mi hai stupito. In genere non pensi prima di agire"

"Beh ci sei tu a pensare a sufficienza per tutte e due"
Mi fece l'occhiolino e mi misi a ridere.

"Tom che ne pensa di questa storia? Pensavo che potrebbe venire a darci una mano..."
Dissi dopo un po'.

"Potrebbe, se solo lo sapesse: non gliel'ho detto"

"Cosa?! State insieme da due anni, praticamente sapete tutto l'uno dell'altra e non gli hai detto di aver comprato un locale e di voler aprire un bar?!"

"Esatto"

"Ire, se vuoi farla finita con lui, e non ne capisco il motivo, dovresti lasciarlo subito e non farlo soffrire più del necessario..." azzardai io, nonostante sapessi quanto odiava le mie prediche.

"Non voglio lasciarlo, vorrei solo che cambiasse un pochino. Vorrei che mi lasciasse un po' di spazio ogni tanto."

"Non faresti prima a dirglielo, piuttosto che evitarlo?"

"Senti Cam, non puoi farmi la predica proprio su questo argomento." Disse insofferente.

"Cosa vorresti dire, scusa?" Risposi senza staccare lo sguardo dalla parete.

"Che per le questioni di..." si schiarì la gola e mi voltai verso di lei con un sopracciglio alzato.

"Questioni di..?!" La spronai, sapendo cosa si stava trattenendo dal dire. Lei continuò a dipingere il muro senza rispondere.

"Questioni di cuore, ok?! Le questioni di cuore non sono il tuo forte"

"Lo sai perfettamente che puoi dire cuore senza che io stramazzi a terra!" Dissi infastidita dal suo atteggiamento. "E comunque non mi sembra di cavarmela tanto male"

"Ah no?! Devo ricordarti cosa è successo con Alessandro?! Dopo la morte di tuo padre hai smesso di chiamarlo, di cercarlo e ti sei rifiutata di vederlo per un paio di mesi. Poi quando ti sei rimessa in sesto lui non c'era più e te ne sei anche stupita."

"Non puoi paragonare le due situazioni: mio padre era morto davanti a me." Mi si riempirono gli occhi di lacrime ma lottai affinché non scendessero. "Mi sembra una valida giustificazione, non ti pare?!"

Stava per ribattere ma si rese conto che sarebbe finita male e rinunciò, serrando le labbra senza che ve ne fosse uscito alcun suono.
Entrambe continuammo a verniciare in silenzio fino a che la parete non fu finita.

L'ora di pranzo era passata da un pezzo senza che ce ne accorgessimo così verso le 15 :30 decidemmo di seppellire l'ascia di guerra e andare a prenderci qualcosa da mangiare ad un bar un paio di isolati più in là.

"Scusa per prima...cercavi soltanto di aiutarmi"
"Già.." commentai, lottando contro l'orgoglio che mi impediva di chiedere scusa a mia volta. "Scusami anche tu" dissi alla fine.

Mi prese a braccetto mentre controllava il cellulare.

"Chi è?" Chiesi sbirciando sopra la sua spalla.

"Filippo"

"Quel Filippo?"

Incrociò il mio sguardo.

"Sì, lui"

"Salutamelo allora"
Avrei voluto fare altre domande, ma non era aria.

Cominciavo a capire come mai tutto a un tratto erano cambiate le cose con Tommaso.

Mentre digitava una risposta per Filippo, squillò il cellulare e vidi comparire sullo schermo il viso di Tommaso contornato dai capelli biondi.
Lo sguardo dei suoi occhi blu sembrava bucare lo schermo.

Nonostante fosse biondo con gli occhi azzurri, insomma, il cliché del bel ragazzo, aveva un viso dai lineamenti particolari che lo distinguevano da tutti gli altri.

Rispose alla chiamata mentre io controllavo il mio cellulare.
Un messaggio firmato da Francesco era comparso sullo schermo:

"Hey, come stai? Le prove come sono andate?" Lessi il messaggio, immaginando la voce di Fra pronunciare quelle parole.
"Tutto bene, le prove sono filate lisce. Le tue invece come procedono?" Digitai e inviai.

Guardai la sua foto profilo: era un selfie in compagnia del suo cane, Ettore.
Sorrideva come sempre, con le piccole rughe d'espressione intorno agli occhi.

Mi sorpresi a ricambiare il sorriso all'immagine sullo schermo.

Irene mi tirò per un braccio.
La guardai mentre parlava al telefono e lei fece cenno con la testa ad un palo che avevo appena evitato: se non mi avesse tirato da parte l'avrei preso in piena fronte.

La ringraziai con il labiale e misi il telefono nella tasca posteriore dei pantaloni, pensando che prestare attenzione ai pali fosse più importante per il momento.

Mangiammo e tornammo al nostro locale dotate di una scorta di due lattine di Coca-Cola e continuammo a verniciare fino a sera inoltrata, quando ci accorgemmo che mancavano le lampadine ed era impossibile proseguire.
Avevamo già finito due pareti così chiudemmo tutto e ci salutammo.

Tornai a casa e non feci in tempo ad andare in bagno che il mio cellulare squillò così tornai verso l'ingresso e cercai il telefono nella borsa.

Risposi, continuando a canticchiare mentalmente Pachidermi e Pappagalli.
"Pronto?" Dissi.
"Buonasera" rispose la voce di Francesco.
"Buonasera a lei"
Udii una risata dall'altro capo del telefono.

"Come stai?" Chiese
"A dir la verità sono stanca." Gli spiegai della mia giornata, del bar e della verniciatura. Come al solito fu un ottimo ascoltatore.

Poi fu lui a raccontarmi la sua giornata e quel che gli era capitato di divertente da quando ci eravamo visti.

Parlammo per un'ora e mezza ed il tempo sembrò volare.

Dopo averlo salutato mi preparai una bistecca e mangiai davanti alla televisione.

Come l'ariaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora