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Mi svegliai con il suono della sveglia alle 7:20.

Scrollai la spalla di Irene che dormiva accanto a me.
Mugugnò un "altri cinque minuti" e così decisi di alzarmi e preparare la colazione.

Aprii le serrande del salotto e la porta della terrazza, sulla quale il sole batteva già con crescente insistenza.

Misi la caffettiera sul fuoco insieme ad un bricchetto di latte.

Dopo essermi lavata il viso mi accorsi che pian piano l'odore del caffè si espandeva per tutto l'appartamento.

Tornai a svegliare Irene.

"Forzaa, oggi è un nuovo giorno!! Il sole splende e noi abbiamo le prove d'orchestra tra poco più di un'ora!" dissi ridendo della mia stessa, strana ilarità, mentre alzavo la serranda.

Mi sentivo totalmente riposata.

Irene si alzò controvoglia e si accomodò su una delle quattro sedie sotto il gazebo in terrazza, poggiando la testa sul tavolo.

Mormorò qualcosa, forse un buongiorno.
Quando il caffè fu pronto lo versai in due tazze dove poi aggiunsi anche il latte.

Le portai in terrazza e tornai dentro a prendere i biscotti e le mie pillole.

Una volta seduta in terrazza, le misi su una mano e le mandai giú come un'automa bevendo poi un po' di caffellatte.

"Dormito bene?" Chiesi.

"Alla grande. Il tuo letto è troppo comodo, non so come sia possibile" commentò, ancora assonnata. "E tu?"

Risposi che anche io avevo dormito bene mentre mangiavo qualche biscotto al cioccolato.

"Ora come ti senti?"
"Benissimo" le risposi, sorridendo.

Occupai il bagno per prima per fare la doccia.

Quando uscii trovai Irene ad aspettarmi appoggiata sul letto che non appena mi vide si alzò ed andò in bagno.

Mi vestii con un paio di jeans a sigaretta e una maglietta blu e lunga, di quelle larghe, di stoffa leggera.

Faceva abbastanza caldo per mettere un paio di shorts ma per andare alle prove d'orchestra, che in genere era di per sé un ambiente molto formale, non mi piaceva affatto metterli.

Mi allacciai ai piedi le All Star bianche.

Presi la custodia del mio violino, e mentre Irene finiva di prepararsi cominciai a suonare.

L'archetto scivolava dolcemente sulle corde.
Il legno lucido del corpo del violino rifletteva debolmente la luce del sole che entrava dalla finestra.
Istintivamente suonai la mia canzone preferita.
Chiusi gli occhi, abbandonandomi alla melodia dolce e romantica del Notturno di Chopin opera nona.

Le mie dita guizzavano sicure sulle sottili corde di violino, navigate d'esperienza su quella canzone.
Pensai a come proprio la rottura di una corda mi aveva portato a conoscere Francesco.

"Ci sentiamo romantiche, eh?" Scherzó Irene.

"Ricordati che ho baciato il mio idolo: è ovvio che mi senta romantica" le feci l'occhiolino.

Rimisi il violino nella custodia.

Uscimmo da casa e mi assicurai di non aver dimenticato nulla. Feci mentalmente la lista delle cose che avrei dovuto prendere:
Telefono, c'era.
Violino, c'era.
Chiavi di casa e della macchina? C'erano.
Borsa? Anche.

Chiusi la porta e mi voltai.
Dichiarai che avrei preso le scale al posto dell'ascensore e sentii Irene darmi della fuori di testa mentre le porte dell'ascensore si chiudevano davanti a lei.

Proprio mentre scendevo le scale mi squillò il telefono.
Mi venne in mente che alla fine, la sera prima, tra una cosa e l'altra mi ero dimenticata di controllare chi mi avesse chiamato quando eravamo in spiaggia.

Adesso il nome di Francesco era comparso ad illuminare lo schermo.

Le farfalle nello stomaco arrivarono talmente in fretta che sembravano non essersene mai andate.

"Pronto?"
"Ei!" Disse allegro.
"Ei"
"Come stai? Tutto bene?" Dal tono intuii che stava pensando alla strana chiamata di ieri sera.

"Tutto bene grazie, certo potrebbe andare meglio, per esempio, se tu fossi qui..." lasciai la frase in sospeso, chiedendomi se mi fossi spinta troppo avanti.

"Non me ne parlare..." disse dolcemente.

"Tu come stai?"
"Sopravvivo in attesa di vederti" le mie guance si infiammarono.

Nel mentre ero arrivata al piano terra e Irene mi guardava con aria interrogativa.

Adoravo flirtare con lui.

"Cosa fai?"
"Esco di casa. Chiamavo perché ieri sera Irene mi ha detto del tuo cellulare disperso, e volevo sapere se fosse tornato in tuo possesso." Fece una pausa e poi una piccola risata "Deduco che lo sia"

Risi a mia volta prima di rispondere:
"Hai indovinato..mi dispiace averti fatto preoccupare"
"Nah tutto apposto. Tu cosa fai?"
"Anche io sto uscendo di casa. Alle 8:30 ho le prove d'orchestra. Vai a negozio?"

"Si...Hai detto le 8:30, vero? Mancano ancora 40 minuti. Ce l'hai un minutino per prendere un caffè insieme?"

Irene aveva attaccato l'orecchio al mio telefono e origliato gli ultimi scambi di frasi.

La guardai e annuì vigorosamente.

"Come potrei dirti di no? Ci vediamo al bar vicino al negozio?"

"Perfetto. A tra poco, allora"

Chiusi la telefonata.

Io e Irene ci scambiammo uno sguardo silenzioso prima di cominciare a sclerare.

"Quanto vi shippoo!" Ululò lei.
"È così dolce..." commentai io, probabilmente con tono trasognato.

"Vorrei che anche Tommaso fosse così: credo che se mai abbiamo avuto questa fase di flirt, sia finita da un bel pezzo'."

Uscimmo dal portone e mi ritrovai confusa nel vedere vuoto il mio posto auto.

Pensai subito che mi avessero rubato la macchina.

"Non ho potuto portarla qui, è rimasta vicino al negozio di musica. Ti ci accompagno io" disse, schiacciando il pulsante della chiave elettronica della sua auto affinché si aprisse.

Presi un silenzioso sospiro di sollievo.

"Devi passare a prendere il flauto a casa, giusto?"
Le chiesi quando fummo arrivate a destinazione.

Annuì prima di rispondere.

"Ci vediamo ad orchestra, ok Dantessa Gabbanina?"

"È tornato 'Dantessa'?!" Ridacchiai.
"Non se n'è mai andato. Era solo svenuto."

Scossi la testa e sorrisi chiudendo la portiera della sua Smart blu.

Mi diressi verso lo stesso bar  dove io e Francesco avevamo preso il nostro primo caffè.

Lo trovai già lì, in attesa, che controllava il cellulare, con i suoi soliti pantaloni neri e sopra una maglietta dello stesso colore con dei piccoli polli stilizzati.

Lo salutai ed alzò lo sguardo, distendendo le labbra in un sorriso che contagiò anche il suo sguardo.

Mi diede un bacio sulla guancia e si guardò l'orologio: "Sbrighiamoci o ti farò fare tardi."
Mi mise un braccio attorno alle spalle.

Come l'ariaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora