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Salutai Irene, la quale aveva ancora un'espressione felice sul volto, e me ne tornai nel mio appartamento vuoto.

Avrei voluto potermi entusiasmare come lei e buttarmi a capofitto nelle cose senza pensare alle conseguenze.
Pensare troppo a volte fa male.

Volevo accettare la sua proposta di farle da socia...ma se poi il bar avesse fallito? Se le cose tra me e Irene fossero cambiate per via di questo?

A forza di arrovellarmi mi era venuto il mal di testa.

Mangiai un piatto di pasta seduta sul tavolo della cucina, guardando un po' di televisione e facendo zapping tra i diversi canali del digitale terrestre senza trovare qualcosa di interessante.

Dopo cena aprii l'app di Instagram sul telefono: trovai una valanga di like da parte di Francesco.

Aveva davvero avuto il tempo (e la voglia) di stalkerare il mio profilo Instagram?

Andai a dormire presto, molto presto, se si considerano i miei standard.

Ripensavo a come, soltanto la sera prima, Francesco era sdraiato accanto a me e scivolai lentamente in un sonno senza sogni.

Mi svegliai alla solita ora, ma continuai a dormire ad occhi aperti fin quando non uscii di casa, prendendo la moto al posto della macchina per andare ad orchestra.

La visiera del casco sollevata lasciava entrare l'aria ancora fresca del mattino.

In lontananza vidi l'auto di Irene e feci lo slalom tra le macchine ferme al semaforo per arrivare vicino al suo finestrino.

"Scusi, signora" le dissi, bussando sul vetro.

Si girò stupita per poi realizzare chi ero, abbassare il finestrino e rivolgermi un sorriso smagliante.

"Buongiorno, futura socia" le dissi.

Il sorriso, da smagliante divenne più che raggiante.

"Socia?! Hai deciso?!"

Annuii sorridendo anche se con il casco integrale indosso lei non poteva vedermi le labbra.

"Ah-ah! Non ci posso credere!" Partì quando scattò il verde, suonando il clacson festosamente.

Scossi la testa e la seguii.

Arrivammo al solito spiazzo e parcheggiammo.
Feci scorrere pigramente lo sguardo sulla costruzione ormai familiare che avevo di fronte.
Talmente familiare che all'inizio non notai l'auto gialla parcheggiata poco più in là della mia moto.

Aggrottai le sopracciglia e osservandola meglio, notai il suo proprietario appoggiato allo sportello, con le gambe incrociate all'altezza delle caviglie ed un sorriso contagioso.

Tra le dita aveva una sigaretta accessa, che venne buttata a terra e schiacciata con una delle due scarpe a motivi colorati.

Sul naso aveva degli occhiali da sole che gli avevo già visto in foto.

Irene fece un fischio d'apprezzamento:
"Guarda chi si vede!"

Mi avvicinai a Francesco con passo svelto mentre lui faceva lo stesso.

Man mano che mi avvicinavo, capii che dentro la macchina c'era anche qualcun'altro e che questo aveva appena aperto lo sportello del passeggero.

La testa di Filippo fece capolino con lo sguardo fisso su un punto dietro le mie spalle: Irene.

Abbracciai Francesco: aveva il suo solito buon profumo.

Irene aveva notato dopo che c'era anche Filippo, così mentre lei si avvicinava, lui salutò me con un bacetto sulla guancia.

"Come va?" Chiese.

"Non c'è male, e tu?"

"Tutto bene"

Anche lui aveva gli occhiali da sole ma di un modello molto meno eccentrico rispetto a quelli del fratello.

La mano di Fra si insinuò nella mia.

I fratelli Gabbani salutarono Irene e notai che Filippo lo fece in modo un po' impacciato.

Irene non me ne aveva fatto parola, però sapevo che si erano rivisti.

"Come mai questa sorpresa?" Mi rivolsi a Francesco, stringendo ancora la sua mano.

"Ho saputo all'ultimo momento che ci tocca passare due giorni nello studio di Luca Chiaravalli, quindi volevo salutarti"

"Ahh, ho capito. Quando tornerai?"

"Il 13 sera" disse.

Già sapevo che mi sarebbe mancato e non immaginai cosa sarebbe successo dopo la sua partenza per il tour di Magellano.

Intanto tutti gli altri membri dell'orchestra stavano entrando nell'Auditorium, parlottando fra loro.

Qualcuno di tanto in tanto salutava me e Irene con la mano: era quasi tutti più grandi di noi, ma eravamo tanto uniti dalla passione per la musica che nessuno ci faceva caso.

"Cam, io intanto mi avvio" disse Irene.

"Ti accompagno" dichiarò Filippo, passandosi una mano sulla barba.

Rimasi sola con Francesco.

"Li shippo troppo"

"Shippi?" Chiese lui ridendo e alzando un sopracciglio.

"Dai! Non puoi non sapere cosa vuol dire!" Dissi spalancando gli occhi e poi continuai: "É praticamente un termine che noi nerd utilizziamo per dire che due persone starebbero bene insieme."

"Allora mi shippo con te. Si può dire così?" Mi passò un braccio sulle spalle e premette la fronte contro la mia.

"Si, si può dire" sorrisi e continuai: "Sperò che questa ship diventi canon"

"Temo che dovrai spiegarmi anche questa" sorrise senza allontanarsi da me.

"Si dice canon una ship che è reale in un libro, in un film...perfino nella realtà...E noi? Siamo canon?"

"Assolutamente sì. Siamo canon."

Toccò le mie labbra con le sue, piegando la testa di lato.

Lì nella luce mattutina, con l'aria fresca intorno, mi sembrava di aver trovato il mio pezzo di paradiso terreno.

Lo guardai negli occhi, innamorandomi ancora e ancora.

"Mi sa che devo andare..." dissi controvoglia.

"Mi mancherai." Rispose lui, carezzandomi una guancia.

"Mi mancherai anche tu."
Mi alzai sulle punte e lo baciai.

Filippo stava uscendo dall'Auditorium e lo salutai prima di entrare nella sala delle prove, o come la chiamava Irene, "il regno di Mr. Bacchetta".

Come l'ariaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora