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Qualcuno, una voce femminile, rispose dall'interno.

"Che mi presti il tuo casco?"
Chiese poi Francesco.

Seguì una risposta positiva e lui mi fece cenno di seguirlo.

Entrai nel negozio.

"Buongiorno" dissi al padre di Fra.

"Buongiorno. Come si trova con la corda di violino?" Chiese gentilmente con un sorriso che somigliava a quello del figlio (che intanto era sparito in qualche saletta del negozio).

"Meravigliosamente, grazie"

Poi squillò il telefono.

"Niente da fare: chiamano tutti mentre parlo con lei" mi disse e sentirmi dare del lei mi fece uno strano effetto.

"Non fa niente: sarà per la prossima volta" gli sorrisi e lui si voltò per raggiungere il telefono.

Subito ecco ricomparire la ragione della maggior parte dei miei sorrisi.

Aveva in testa un casco grigio scuro con stampato un fiore enorme su un lato e un giacchetto da moto, nero con le rifiniture rosa, che gli stava decisamente piccolo.

"Come sto?" Chiese, mettendosi una mano sul fianco mentre con l'altra faceva finta di reggere una borsetta.

Mi misi a ridere e lo baciai.

"D'incanto" confermai allontanandomi dalle sue labbra.

"Dove le hai trovate queste cose?" Chiesi ridacchiando.

"Me le ha prestate Alessia, la ragazza di Filippo. È venuta in motorino, ma non credo che andrà via nello stesso modo"
Disse, indicando con un gesto della mano il casco ed il giubotto, sollevando un lato della bocca in un sorrisetto ironico.

Avrei voluto conoscere questa Alessia soltanto per vedere se reggeva il confronto con Irene.

Uscimmo e mentre mi infilavo il casco, Francesco mi disse:
"Piccolo problemino"

Mi girai a guardarlo.

"Non sono mai andato in moto" confessò.

"Scherzi?"

"No! Sono salito giusto un paio di volte su un motorino."

"Oh Gesú, dobbiamo rimediare"

"Concordo"

Lo studiai per un attimo, cercando di capire se fosse preoccupato dalla moto o meno ma sembrava che non vedesse l'ora di salirci.

"Bene allora!"

Montai sulla moto e la tirai giù dal cavalletto per poi uscire dal parcheggio.

Il "Gabba Maggiore" se ne stava lì impacciato, così dissi:

"Allora: metti un piede lí" indicai la pedanina destra "poi cerca di spostare il peso sul centro della moto, passa l'altra gamba sopra la sella e mettiti seduto."
Eseguí passo passo le miei istruzioni e sentii il suo peso aggiungersi al mio sulla sella.

"E ora?"
"Reggiti alla mia vita"

Le sue braccia mi cinsero i fianchi.

"Dove si va?" Chiese.
"Ovunque tu voglia"
"A me basterebbe stare qui abbracciato a te..."

Avrei voluto baciarlo, ma non era esattamente la posizone più comoda, così mi limitai a stringergli la mano.

"...se proprio bisogna decidere, opterei per un giretto panoramico, che ne pensi?" Chiese conferma, sporgendosi un po' per guardarmi ma non troppo: era ancora un po' insicuro sulla sella.

Come l'ariaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora