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"Prima Irene ha parlato con il mio cardiologo. Devo fare dei controlli abbastanza frequenti." Dissi, cercando di dare una risposta piuttosto vaga nella speranza che per lui fosse abbastanza.

"Perché?"

"Beh perché ho questa cosa..." cercai un modo per dirlo senza usare paroloni ma era una corsa persa in partenza.

L'espressione di Fra cominciava a farsi preoccupata e distolsi lo sguardo.

"Si chiama Cardiomiopatia Dilatativa" lo dissi forse troppo velocemente perché mi chiese di ripetere,
così lo dissi di nuovo, scandendo le parole:

"Cardiomiopatia Dilatativa"

Mi guardò, confuso dal nome.

"L'aveva anche mio padre" poi mi resi conto che la cosa non era rassicurante.

Fece 2+2 e sulla fronte comparvero altre rughe di preoccupazione.

"Cosa fa questa...cosa?"

Presi un respiro tremante:
"È difficile da spiegare..." mi vennero in mente tutte quelle volte che mi era stato spiegato cosa fosse "In parole povere, il ventricolo sinistro si espande troppo, e questo non va bene."

"Oh Dio mio...e cosa comporta?"

"Diverse cose"

"E cioè? Ti fa male? È pericolosa?" Mi tempestava di domande e cominciavo a vedere una luce compassionevole nei suoi occhi.

"Si, cioè...a volte sono stanca ed ho qualche dolore, ma non è un problema quando ci fai l'abitudine." Era una bugia grossa quanto una casa, e lui lo aveva capito ma non disse niente. "Può avere delle complicazioni, ma non pensiamoci" conclusi, con un sorrisetto incerto che volevo apparisse rassicurante.

"Per esempio?"

"Fra non mi sembra il caso di..."

"Per favore, voglio sapere." mi supplicò.

"Potrebbe portare a svenimento, insufficienza cardiaca, rigurgito valvolare..."

"Arresto cardiaco?" Chiese inorridito e con gli occhi lucidi.

Non dissi nulla e capì da sè.
"Però insomma, mica è detto che debba succedermi per forza qualcosa" sdrammatizzai io senza successo.

"Si può guarire?"
Scossi la testa: una cura non c'era.
"L'unica alternativa è un trapianto di cuore"

Mi strinse a sé e poggiai la testa sul suo petto che vibrò per via di un singhiozzo soffocato.
Che stesse male per me era l'ultima cosa che volevo. Nemmeno io stavo male per me.

Mi scostai e gli misi l'indice sotto al mento, costringendolo a guardarmi.

"Ei...non guardarmi così, ok? E non piangere. Guardami, adesso sto bene!"

Mi abbracciò di nuovo e quando mi lasciò andare si passò una mano sugli occhi.

"Ascolta, non voglio che tu mi veda in modo diverso: sono sempre la solita persona" dissi, sapendo che le cose non sarebbero state comunque come prima.

"Perché non me lo hai detto?"

"Non volevo che mi vedessi come una ragazza malata da compatire, non volevo, e non voglio, che tu possa aspettarti che da un momento all'altro io possa svenire o peggio. Volevo che mi vedessi per quello che sono oltre questa cosa"

Annuì piano.
"Non trattarmi in modo diverso, d'accordo?" adesso ero io a supplicarlo e gli lessi negli occhi che ci avrebbe provato,  anche se sarebbe stato difficile.

Come l'ariaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora