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Ci sedemmo tutti insieme intorno al tavolo e facemmo colazione.
Solo in quel momento mi accorsi di una cosa:

"Fra, ma Ettore e Nibiru dove sono?!"
Erano successe talmente tante cose che non ci avevo pensato.

Lui mi fece un sorriso prima di rispondere e mi chiesi se sorridesse sempre così tanto oppure ero io a fargli quell'effetto.
Sperai silenziosamente per la seconda.

"Sono a casa di mamma e papà. In questi giorni cercherò di andare a trovarli sempre meno spesso, per abituarli a stare senza di me quando sarò in tour."

Stavo per chiedergli come avesse fatto gli altri anni e poi mi ricordai che anche Dalila aveva vissuto lì.

A volte, il solo pensiero di Dalila aveva lo stesso effetto di una secchiata d'acqua gelida: mi riportava con i piedi per terra, mi diceva di andarci cauta perché anche Francesco, per quanto potesse essere perfetto ai miei occhi, rimaneva sempre un uomo, il che implicava una possibile rottura (...e statisticamente era molto probabile) o un tradimento.

Ma perché fasciarsi la testa prima di essersela rotta?
Nonostante volessi godermi la situazione senza pensieri, in un angolino remoto della mia mente si facevano largo diecimila motivi diversi per cui tutto avrebbe potuto andare storto e precipitare.

Scacciai i mille pensieri e feci con la testa un segno di assenso in risposta al mio ragazzo.
Era insolito chiamarlo il mio ragazzo, anche se di fatto lo era.

Finimmo di fare colazione e Filippo accompagnò me ed Irene all'Auditorium dove quest'ultima aveva lasciato la sua macchina.

Non riuscivo a togliermi dalla testa la vista delle labbra di Francesco che scandivano quelle due parole magiche.

Una volte arrivate all'Auditorium prendemmo la macchina di Irene e andammo a casa mia a prendere il mio violino e le mie pillole, per poi tornare lì per le prove d'orchestra, le ultime prima del concerto.

Il resto della giornata filò liscia come l'olio anche se avevo sempre la testa tra le nuvole, o magari, filò liscia proprio per quello.

In fretta arrivò la sera del giorno dopo, ed io e Irene ce ne stavamo in camera mia a decidere cosa indossare per la serata organizzata dall'Auditorium.
Lei si era portata dietro due cambi diversi e ci stava praticamente sfilando mentre io sceglievo quale dei due le stava meglio.

Per primo aveva provato un vestito rosa antico, carino ma forse un po' troppo corto per l'occasione.
Mentre adesso indossava una tuta nera ed elegante che, con il fisico che aveva, le stava d'incanto.

"Questa. Decisamente questa." Le dissi con un tono che non ammetteva repliche.

Lei rise prima di rispondermi:
"D'accordo, d'accordo. Ora tocca a te"

Feci per prendere i miei fidatissimi pantaloni a palazzo neri che avrei abbinato a qualche maglia, ma naturalmente lei mi fermò prima che potessi farlo, con un'espressione inorridita sul volto:

"Pantaloni?!"

"E allora?" Alzai gli occhi al cielo. "Tu hai una tuta!"

"Che c'entra?! Devi fare colpo su Francesco! Io non ho nessuno da impressionare: Tommaso mi conosce fin troppo bene."

"Ma Filippo no"
Piegò leggermente la testa in avanti, alzando le sopracciglia, come a dire 'sul serio?!'

"Comunque anche Francesco mi conosce."

Come l'ariaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora