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Quello del giorno dopo fu un risveglio fantastico.

Suonò la solita sveglia, ma non fu quella a svegliarmi: avevo aperto gli occhi già da qualche minuto e osservavo Francesco che dormiva accanto a me.

Il volto sereno; il petto nudo che si abbassava e si risollevava ritmicamente.
Aveva indosso solo la biancheria e così anche io.

Si girò su un fianco verso di me, piegando un braccio sotto il cuscino.

Aprì languidamente gli occhi e mi sorrise.

"Buongiorno" disse con la voce assonnata.

Era possibile avere un risveglio migliore?! Direi di no.

"Buongiorno" replicai, sempre sorridendogli.

Mi prese la mano che stava accarezzandogli una guancia e la baciò, così scivolai verso di lui, accoccolandomi contro il suo corpo.

Restammo abbracciati per il maggior tempo possibile, ma alla fine dovemmo alzarci a causa degli impegni mattutini: io avevo orchestra, lui delle prove con i suoi tecnici in vista del tour.

Una volta in piedi, mentre lui andava al bagno, misi sù la caffettiera e presi le pillole di fretta: non mi andava di farmi vedere da lui mentre le prendevo.

Uscì dal bagno e notai che si era già messo la maglietta gialla, ma non ancora i pantaloni.

Anche io indossavo solo una maglietta, la prima che avevo pescato nell'armadio, una di quelle larghe.

Gli lasciai un bacio sulle labbra mentre mi abbracciava.

Aveva i capelli spettinati in maniera adorabile.

Facemmo colazione appoggiati al bancone della cucina ma nonostante fossimo praticamente già in ritardo, nessuno dei due accennò a volersi sbrigare.

Era così bello vederlo girare per casa con la sua solidità e la sua allegria che non volevo finisse così presto anche se, lo sapevo, era inevitabile.

Mi feci una doccia al volo e poi mi vestii controvoglia, legandomi i capelli scuri in una treccia.

Uscii dal bagno e Fra mi schioccò un bacio sulla guancia mentre entrava, con i pantaloni piegati sull'avambraccio.

Mentre prendevo la custodia del violino ed il telefono, un clacson suonó con una certa insistenza giù in strada.

Mi affacciai dalla terrazza, sapendo già di chi si trattava.

"Cam!" Mi chiamò l'autista: vidi Irene che si sbracciava dal finestrino con i capelli neri dalle punte blu leggermente mossi dal vento. La salutai con la mano:
"Scendi?" mi chiese.
"Arriviamo" usai il plurale senza rendermene conto: lei non sapeva ci fosse Fra a casa mia.

"Ei Fra, c'è Irene qua sotto. Possiamo scroccare un passaggio"

Mi mise un braccio sulle spalle:
"Dici che posso aggregarmi?"

"Non puoi, devi" dissi scherzando.

Prima di chiudermi la porta alle spalle diedi un'occhiata al casino che lasciavo dentro casa: il disordine abituale si era unito a quello creato la sera precedente.

In ascensore cogliemmo l'occasione di scambiarci qualche bacio, senza alcun motivo preciso: solo per il gusto di sentirci vicini.

Il suo viso profumava del mio sapone e decisi di concentrarmi su quello anziché sulla tachicardia che mi prese in quel momento.

Quando uscimmo dal portone, Irene guardò prima me e poi notò Francesco, aggrottando le sopracciglia come solo lei sapeva fare.

"Tu..." si schiarì la gola insieme ai pensieri "Ciao" disse infine.

La salutai con un veloce abbraccio e le chiesi:
"Possiamo dargli un passaggio fino al negozio di musica?"
"Certo" disse e poi salutò per bene Francesco.

Salimmo dietro, sedendoci al posto dei passeggieri.

"Insomma, come hai fatto a venire qui se non hai la macchina?" Chiese a Francesco, scrutandolo dallo specchietto retrovisore con i suoi occhi limpidi e azzurri.

"Con Camilla, in moto" disse lui ed io osservai la mia migliore amica: sembrava uno di quei padri che, nei film americani, fanno l'interrogatorio al fidanzato della figlia.

La vidi un attimo confusa, sembrava di poter sentire gli ingranaggi girargli nel cervello.

"Hai preso la moto stamattina?" Interpellò me.

"No"

"Ah" si grattò il naso "Capisco"

Francesco intrecciò le dita alle mie e rimanemmo così fino a che non arrivammo a destinazione.

Entrambi aprimmo le portiere ed io scesi a salutarlo.

Guardò l'ora sul cellulare, poi mi prese il volto tra le mani:
"Chiamami, ok?"
Annuii e lui mi diede un bacetto sul naso.

Un "Awwww" da parte di Irene uscì dal finestrino della macchina.

Mentre lui entrava nella sua 500L gialla, io risalivo in macchina e venivo tempestata di domande.

"HA DORMITO DA TE?!" Chiese.
Risposi di si, trattenendo una piccola risata.

"Non ci posso credere! E avete...?"

Alla fine non riuscii a trattenere la risata.
La guardai e feci passare qualche secondo prima di rispondere:
"Yesss"

"No, vabbè!" Disse lei, guardandomi un attimo prima di rivolgere di nuovo lo sguardo verso la strada.

Mi batté una mano sulla coscia.
"Che fai, mi cambi così da un giorno all'altro?! Se fosse stato qualcun altro, prima di un mese non ti avrebbe manco potuto sfiorare. Figurati quando gliel'avresti da..."

"IRENE!" La interruppi io.

"È la verità" dichiarò con un piccolo ghigno.

"Può anche darsi, ma lui non è uno qualunque. Lui è..." non trovavo le parole adatte.

"Quello giusto per te" concluse semplicemente lei, mentre si adoperava per parcheggiare vicino all'Auditorium.

Aveva ragione e lo sapevo: speravo solo di essere anche io quella giusta per lui.

Come l'ariaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora