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Il segno rosso sul mio collo, lasciato dalle labbra di Francesco, impiegò qualche giorno a svanire e poi l'unica cosa che mi rimase di quella notte fu un ricordo.

Un ricordo fantastico, certo, che però faceva male da morire.

Perché?!
Ci arrivo subito.

Dopo averlo visto a Verona ebbi poche altre occasioni di vederlo: le sue giornate libere spesso coincidevano con i miei impegni orchestrali e non o con le mie visite mediche, che via via si stavano facendo inquietantemente più frequenti.

Mi mancava molto e da quel che mi diceva e da quello che potevo dedurre dalle lunghissime chiamate su Skype e non, anche io mancavo a lui.

Nel giro di due mesi, il bar che avevamo deciso di aprire con Irene era finito ed aperto al pubblico: ci avevamo investito parecchio tra tempo e denaro e adesso ci stava ripagando anche in soddisfazione, oltre che in denaro.

Non potevo fare a meno di pensare che fosse un'ottima distrazione dalla mancanza di Francesco, cosa che poi mi tornò utile.

Ma veniamo al dunque.
Avete presente il caldo di Agosto? Ecco, aggiungeteci debolezza sovrumana e tachicardia. Fatto? Bene: quando mi sentivo meno peggio, stavo così.

Adesso immaginate di avere una vicina di casa petulante, appassionata di pettegolezzi che ogni volta che esce una rivista nuova viene a bussarvi.

Ebbene avevo proprio quel tipo di vicina: una tizia poco più grande di me che aveva intuito che adorassi Francesco Gabbani (probabilmente sentiva gli album sparati a tutto volume anche da casa sua, al piano di sopra) e quindi si sentiva obbligata a raccontarmi tutto quel che accadeva nel panorama musicale italiano.

Proprio una mattina di Agosto, quando non avevo nè le forze nè la voglia di alzarmi dal divano e uscire di casa, venne a bussare alla mia porta.

Naturalmente andai ad aprire, pensando fosse Irene venuta per trascinarmi via da casa.

Invece no: tutta contenta e dall'aria pettegola mi si para davanti lei, con una rivista stretta al petto.

"Non puoi capire chi c'è su questa rivista" esordì, senza nemmeno salutare, stringendola al petto.

"Chi?"

"Gabbani!"

Mentalmente ripercorsi le informazioni che mi aveva dato Francesco sulle sue prossime interviste, e decisamente non ce n'era nessuna in programma per quel mese.

Risvegliò di certo il mio interesse.

"Ah ma io lo sapevo, eh!"
Disse, piegando una mano smaltata in avanti.

"Di cosa stiamo parlando, esattamente?"

Mi sentivo debole e non avevo voglia di tirare ad indovinare.
Mi appoggiavo con tutto il peso allo stipite della porta, stremata dal caldo, ma lei non sembrava notarlo.

"Che prima o poi avrebbero beccato anche lui mentre si sbaciucchia con la ragazza!"

C'era qualcosa che non mi quadrava: se fossi stata io in quelle foto, mi avrebbe riconosciuto di certo e avrebbe cominciato il discorso in modo differente.

"Fa vedere" le dissi, staccandomi dalla porta e allungando la mano verso la rivista che mi porgeva.

Quel momento sembrò durare in eterno: girai il giornalino affinché potessi vedere la copertina e il sangue nelle mie vene sembrò ghiacciarsi pian piano, percorrendo la solita strada ma a velocità dimezzata.

"Non sono io" Constatai, con un tuffo al cuore. Parlando molto più per me stessa che per lei.

"Ovvio che non sei tu. Si chiama tipo Dalila" Sbirciò il nome sulla copertina.

Alzai piano lo sguardo sulla sua faccia, vedendola sfocata: ero soltanto debole, mi dissi, mentendo anche me stessa. Era per via delle lacrime che cercavo di trattenere che lei sembrava essersi sdoppiata.

Arretrai di un passo e le chiusi la porta in faccia, incurante della sua sensibilità.

Lessi l'articolo ed ogni parola sembrava come una puntina in più conficcata nel cuore.

Il succo era che, ogni volta che Francesco aveva un po' di tempo libero, si catapultava da Dalila.

"Baci e carezze al mare"
"Sempre più innamorati"
Era questo il tenore delle frasi del giornalista, confermate da qualche foto di loro al mare.

Perché diavolo in quell'articolo c'era Dalila e non c'ero io?!

Era davvero così che doveva finire tutto...?

Come l'ariaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora