_QUARANTATRE_

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Pov. Terri
Quando aprii la porta i due cagnolini si girarono di scatto. Leonardo fece un respiro di sollievo mentre Raffaello mi squadrò interamente.
<pensavamo avessi cambiato idea> confessò poi.
<buona notte> risposi in modo duro. Non avevo nessuna intenzione di ascoltarli mentre mi facevano la predica per qualche secondo di ritardo.
Ero lì e li avrei aiutati a sopravvivere un'altra notte, contava solo quello.

Mi avvicinai ad una poltrona di velluto e mi ci accovacciai sopra. La camera di Abbie era molto più ammobiliata della mia, aveva un grande letto matrimoniale a baldacchino con lunghe tende di seta che lo ricoprivano, un armadio piccolo e quasi vuoto, un baule rettangolare per armi e scarpe e due poltrone una rosa e l'altra nera.
I due cagnolini si stesero sul letto ed iniziarono a fissarmi come se fossi un alieno.
<pensi quello che penso io?> disse Raffaello.
<probabilmente si> rispose l'altro.
<quindi...?> incalzò di nuovo.
<be il nero mi piace e quei buchi sparsi danno un tocco di vissuto>
<oh hai ragione, non conosco molto la moda ma penso possa piacere uno stile del genere> disse Raffaello in tono sarcastico.
Sbuffai cercando di non farmi sentire, era ovvio che il loro discorso sarebbe finito con la domanda "come ti sei fatta quei buchi?". Non avevo intenzione di parlare del mio problemino con gli artigli ne tanto meno del fatto che da quando mio padre aveva esiliato i cagnolini io non riuscivo più a controllarmi.
<temo però che con l'arrivo dell'autunno quei buchi possano essere un problema> commentò Leonardo come se fosse un grande esperto.
<ho giusto il freddo! Non ci avevo pensato sai?> rispose l'altro.
<se non vi piace la mia maglietta siete liberi di non guardarla> sbottai.
Mi accorsi che continuavo a fissare la porta, pareva così ferma e sicura che mi spaventava. Qualsiasi persona avrebbe potuto aprirla e distruggere in una frazione di secondo tutto il nostro piano.
Mi alzai e mi ci avvicinai per chiuderla a chiave.

<stiamo solo parlando bambolina> disse Raffaello con fare innocente.
<be allora trovate un altro argomento!> ringhiai. Percepii gli sguardi incerti dei due cagnolini sulla mia schiena e dopo aver fatto scattare la serratura due volte, tornai sulla mia poltrona.
Un silenzio imbarazzante invase la stanza e Leonardo si sdraiò sul letto dando le spalle a Raffaello.
Questo lo imitó ma al posto di dormire si mise a fare dei piccoli rumori con le dita. Un ritmo preciso e continuo, sembrava un messaggio in codice mors.
Continuai a guardare la porta finché il rumore si interruppe.
"Non ti mangia sai" disse il cagnolino nella mia mente. Chiusi gli occhi e li percepii cambiare colore ma non risposi, sarebbe stato tutto più semplice se lo avessi ignorato.
"Aspetti qualcuno?" Domandò.
Girai la testa nella sua direzione riaprendo gli occhi, notai che i suoi erano già su di me.
"Cosa ti spaventa?" Continuó.
La sua insistenza mi irritava ma ero troppo stanca per reagire. Mi voltai di nuovo verso la porta e mi concentrai per sentire i rumori delle matricole che venivano espulse dalla festa. Succedeva sempre, ad una determinata ora mio padre decideva che per loro la festa era finita e li congedava tutti con molto garbo facendo un discorso di incoraggiamento. Ogni anno i suoi sermoni diventavano sempre più violenti, istigava i nuovi cacciatori a crogiolarsi in un divertimento sfrenato nei giorni di caccia libera e prometteva ricompense a chi sarebbe riuscito a conquistare un altro trofeo per la sua sala. Spesso alcune matricole, a quelle parole, raddrizzavano la schiena in segno di sfida. Gli assassini, invitati anch'essi a divertirsi commentavano i ragazzini spavaldi, facendosi beffe di loro. Cosa potevano fare loro contro le guardie di mio padre?

"Potresti anche ripondermi" si lamentò Raffaello nella mia mente.
"Domandare è lecito rispondere è cortesia" dissi in modo freddo.
"Deduco che sei arrabbiata posso chiedere perché?"
Non risposi, rendergli la vita facile non era un'opzione. Se voleva sapere il motivo del mio malumore avrebbe dovuto farsi un esame di coscienza!

Le luci dei corridoi scattarono spegnendosi definitivamente, era mezzanotte e da quel momento qualsiasi matricola fosse stata beccata in giro avrebbe passato dei guai.
Quando ero piccola io ed Abbie ci divertivamo a correre nei corridoi cercando di non fare rumore. Era uno stupido gioco infantile finché non fummo punite. Mio padre ci costrinse a fare allenamenti doppi e a pulire il salone delle feste per un mese. Inutile dire che il nostro gioco non si ripeté più.
I passi di alcune matricole risuonarono silenziose passando vicine alla nostra camera. La mia schiena si raddrizzò e le mie palpebre si assottigliarono come se cercassero di individuare i ritardatari nonostante ci fosse la porta di mezzo.

Terri Demon _(in Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora