1- Norvegian Wood

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L'auto, viaggia a velocità sostenuta attraversando rapidamente il Williamsburg bridge in direzione Brooklyn dove il traffico è ancora abbastanza scorrevole. 

Il sole, inizia a far capolino con i suoi primi raggi. Dal finestrino riesco a vedere a tratti l'acqua luccicare tra un giuntura del ponte e l'altra e il riflesso della mia faccia storpiata da un uno sbadiglio e dal disappunto  per essere stata buttata giù dal letto all'alba senza, a parer mio, alcun bisogno.

Nel veicolo riecheggia la voce di John Lennon sulle note di Norvegian Wood, una delle canzoni preferite da sempre, di mia madre che ascolta di continuo durante i suoi viaggi in macchina picchiettando le dita sul volante e scuotendo leggermente la testa seguendo la languida melodia acustica. 

"Una delle canzoni migliori dei Beatles, senza alcun dubbio." dichiara soddisfatta alla fine della canzone. Non ho idea di quanto sia vero, non sono un'esperta sui Beatles ma decido di prender per buono ciò che dice mia madre e annuire senza preoccuparmi di rivolgerle la parola.

"La smetti con quel muso lungo?" mi rimprovera facendomi aggrottare ancor più contrariata la fronte.

"Non capisco perché io non possa restare a casa mia, papà potrebbe venire a vedere se sono viva ogni tanto e basta. Infondo sono quanto? Venti minuti in auto?" sbuffo con voce acre e rauca per via del torpore in cui mi trovavo, accucciata sul sedile con la testa poggiata sul finestrino.

"Appunto, non ti stai trasferendo in Somalia ma a qualche miglio da casa. Hai diciassette anni e per quanto tu possa sentirti adulta, non puoi restare a casa da sola Taylor e ho cercato la soluzione migliore per te, è solo per un anno, non mi sembrava il caso si farti cambiare scuola proprio adesso e tu mi pare eri d'accordo con me." spiega lanciandomi occhiatine ammonitorie attraverso lo specchietto. Non volevo certo cambiare scuola ma nessuno mi aveva detto che sarei dovuta andare a vivere con mio padre.

"Meglio per me dici? A me sembra invece che hai colto al balzo il ritorno di papà per spedirmi da lui e vivere finalmente la tua vita senza il fastidio di avermi intorno. E ti ricordo che avrò diciotto anni tra meno di due mesi." ribatto sapiente, so perfettamente che non è così ma i sensi di colpa sono la mia ultima spiaggia. Peccato che mia madre mi conosca ormai troppo bene e con lei i ricatti morali non funzionino più.

"Sei fastidiosa da quando sei nata tesoro ma, nonostante questo, non ti ho mai messo un francobollo in fronte per spedirti da tuo padre e ti assicuro che niente mi impediva di farlo. Rassegnati andrai tuo padre. Caso chiuso, hai diciotto anni, nessun lavoro e niente soldi. Pertanto, finché a pagare sono io fai come ti dico io." risponde ironica e sicura di se costringendomi a sbuffare rassegnata.

Pochi minuti è giungiamo dinanzi alla casa di papà. Nulla di particolarmente grande, una semplice casa a due piani in mattoni rossi contornata da qualche palmo d'erba da cui sbucano dei cespugli di rose e un giardino sul retro.

Mentre la mamma si precipita fuori dall'auto scuotendo la chioma color cioccolato io fisso la breve scala che conduce ad un piccolo porticato in ferro battuto sui toni del nero tutta decorata con delle rose gialle e rosse, le tapparelle sono per metà abbassate al piano inferiore mentre a quello superiore sono completamente chiuse. 

Quell'idiota si sarà ricordato del mio arrivo? Mi domando.

Scendo dal veicolo e mentre la mamma si preoccupa di tirar fuori le mie cose io procedo dritta all'ingresso e busso con forza attendendo paziente una risposta. Qualche attimo dopo la porta viene aperta da un ragazzo più o meno della mia stessa età che mi fissa confuso ancora mezzo addormentato e con i capelli completamente spettinati.

Si stropiccia gli occhi leggermente arrossati e gonfi, cerchiati dalla occhiaie appena visibili, sono verdi e intensi e il rossore li fa notevolmente risaltare.

Amori Sbagliati (H.S)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora