7. Il secondo Ares

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"Ogni persona è un abisso, vengono le vertigini a guardarci dentro."

La tigre e la neve (2005)






Una mia grande, magnifica, considerevole quanto incombente — spirale di viticci pungenti che stringono, stringono a non finire — capacità è quella di realizzare nel giro di pochissimi frammenti di tempo di essermi comportata da stronza

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Una mia grande, magnifica, considerevole quanto incombente — spirale di viticci pungenti che stringono, stringono a non finire — capacità è quella di realizzare nel giro di pochissimi frammenti di tempo di essermi comportata da stronza. È una cosa del tutto unica e del tutto incredibile, perché di solito, normalmente, le persone non si accorgono di aver avuto un comportamento da teste di cazzo.

I sensi di rimorso, pizzicori di rammarico, sono sempre più rari di questi tempi...

A me basta poco; mi rendo conto, realizzo, di avere assunto le vesti di una sconosciuta che ha ben poco a che fare con i miei atteggiamenti — la mia coscienza viaggia alla stessa velocità della fantasia, colei che fa fiorire gemme, colei che impreziosisce la mia mente.

A volte può essere utile questa consapevolezza; aiuta a chiedere scusa senza far prevalere il tormento dell'orgoglio, e te lo fa notare — rimarcando con la punta di una penna sullo stesso bordo del foglio, più e più volte, lasciando il segno in rilievo sulla carta — di quanto sia stato stupido l'aver esercitato pallida empietà.

Come ho detto, a volte può rivelarsi decisamente utile. Ma altre volte, diamine, di questa sensazione ne farei volentieri a meno. Vorrei dimenticare come si fa. Vorrei rimanere incazzata, furente e ferita — percepire il peso della normalità sulle spalle, senziente che avrei sopportato —, senza inciampare sin da subito nelle radici dei sensi di colpa.

Io ne ho necessità — necessito di sentirmi incazzata e furente, assolutamente ferita e sconfortata. Una volta ogni tanto è come respirare aria pulita, libertà per i miei polmoni ingolfati e saturi di realtà e monotonia.

È chiedere troppo? Un desiderio troppo grande per essere esaudito?

Mi sento già in colpa ed è appena suonata la campanella delle otto e venti. Avrei una voglia spropositata di tornarmene indietro e sgattaiolare via dal Caravaggio.

Uscire fuori e correre a perdifiato con il vento a lambirmi il viso, raggiungere la Galleria degli Uffizi, pagare il biglietto ridotto riservato agli studenti e impalarmi di fronte alla "Venere" del Botticelli fino a che l'animo non sarà placato. E potremmo parlare di ore visto che quel dipinto di arte superlativa per me rasenta l'ideologia di paradiso — ogni occasione in cui sono al suo cospetto è sempre come la prima volta.

Faccio passare entrambe le mani, anche quella infortunata stando bene attenta a non fare ulteriori danni, sopra i miei capelli, infilando i polpastrelli attraverso le ciocche, scompigliandoli e senza preoccuparmi avessero assunto una piega disordinata.

Quando Apollo s'invaghì di AtenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora