26. Il primo passo verso l'accettazione

16.7K 934 261
                                    








È la terza volta che provo a chiamare Marta, è la terza volta che ricevo in automatico la segreteria della sua compagnia telefonica.

In piedi, accanto al registratore di cassa, con lo sgabello allontanato di qualche centimetro, imperterrita non demordo, non desisto.

Riprovo in un quarto tentativo nonostante sia bene a conoscenza dello strano rapporto che ella ha con il suo cellulare: si scarica ogni tre per due rimanendo spento anche per giorni interi, tanto a Marta non interessa avere dietro costantemente un apparecchio elettronico, è un qualcosa di normale secondo la sua prospettiva.

Tuttavia, anche se ne sono a conoscenza di tal dettaglio, so più che bene, adesso, che in questa circostanza delicata non è un caso bensì un'azione più che voluta e premeditata.

Il che spiega che Marta non ne vuole sapere di parlare, tanto meno con me.

Lo spegnimento del suo telefono è un indizio palese e categorico, me lo ha lasciato in modo che capissi e che lasciassi perdere.

Ad ogni modo, io non mi sarei mai data per vinta, non avrei lasciato perdere. Avrei chiamato la mia amica anche cento volte in fila se necessario. In nome della sua amicizia avrei staccato la testa di Leonardo per poi consegnargliela come pegno – e come scuse.

Per lei avrei mosso mari e monti addirittura, perché Marta se lo merita, perché è colei che rientra in quella categoria che le permette di essere una "privilegiata" ai miei occhi.

Sono la prima ad ammettere che, forse, non glielo avrei raccontato di quel secondo bacio, perlomeno non subito. Avrei aspettato qualche settimana, ancora usufruendo dell'avverbio "forse".

Io stessa so con chiarezza di essere caduta in tentazione – non serve alcun cartello di riferimento o alcun annuncio virale per spiegarlo – e in errore, mettendo sfrontatamente da parte la mia affezionata e gentile etica e dimenticando i miei gravi ed onnipresenti pensieri, le mie idee riguardo l'altra fazione nemica.

È quasi una novelletta comica, anzi, tragi-comica dal momento che in questa situazione coesistono insieme aspetti comici con altri drammatici!

Matilde Castellani, colei che rappresenta e incarna gli ideali dell'Artistico e Leonardo Aspromonte, colui che rappresenta e incarna gli ideali del Classico; due figure totalmente opposte che non sanno fare altro – non possono fare altro! – se non quello di nutrire dell'odio viscerale reciproco e con la stessa intensità. Entrambi eletti Rappresentanti proprio per via di questa ancestrale disputa, proprio per essere posizionati in prima linea affinché potessimo "cambiare" le dinamiche di tutto.

Io, che non esiterei neanche per un momento ad avviare e dirigere una manifestazione generale addirittura per un dettaglio impercettibile come quello della gita dell'ultimo anno.

Leonardo, che non indugerebbe oltre a fare la spia su qualche e ipotetico atto illecito da parte dell'Artistico pur di farcela scontare in qualche modo.

Appunto! C'è dell'immane, quanto grave, comico/tragico sul fatto che ci siamo ritrovati con le medesime labbra incollate! E neanche per sbaglio, sembrerebbe!

Voglio dire, dov'era quel fottuto odio in quell'esatto momento? E l'antipatia? E l'intolleranza? E il risentimento? Per non parlare dell'ostilità? L'ostilità dove si era cacciata in quel maledetto istante?

Dove cazzo stavano tutte quelle cose?!

Marta, magari, non ha tutti i torti a essere incazzata marcia con me dal momento che sono in torto schifoso, colpevole senza neanche la prova contraria. Non v'è bisogno.

Quando Apollo s'invaghì di AtenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora