45. Prova a chiederlo ad Alice

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"Quand'ero viva non avevo mai odiato nessuno. Ma ora l'odio era tutto ciò che avevo. Lo voglio morto, lo voglio morto e freddo, senza più sangue nelle vene.
Guardami, guardami come mi ha ridotta, che sono adesso? La ragazza morta? La ragazza perduta? La ragazza scomparsa? Non sono niente!"

Amabili resti (2009)







Sono ferma, immobile

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Sono ferma, immobile. Bloccata sulle mie stesse gambe, avvertendo una sensazione paragonabile al gelo montano che i miei nonni sopportano ogni anno.

Rimango con le suole delle scarpe ben piantate al suolo, come se dinanzi a me avessi il celebre miglio verde di Stephen King ad attendermi minaccioso.

Un'espressione indecifrabile persino per me medesima mi si stampa in automatico sul volto, piombandovi sopra letteralmente in picchiata e aderendo meglio che può. Si incolla con tutta la sua forza, con veemenza e senza chiedermi nel modo più assoluto il permesso. In parole povere: anche se volessi sorridere - in minima parte s'intende -, mi sarebbe alquanto impossibile in quanto né labbra, né occhi, né tanto meno gli zigomi danno il benché lieve cenno di voler collaborare.

È come se fossero sotto effetto di un qualche oscuro incantesimo.

"Un incantesimo pronunciato da me", realizzo assottigliando appena la fessura delle palpebre, dando l'impressione di voler a somigliare a tutti i costi a una pantera dall'atteggiamento intimidatorio. Una sorta di modalità di difesa, oltre che di offensiva.

L'unica cosa in movimento è il mio petto, che si alza e si abbassa a un ritmo flemmatico, obbedendo al volere dei miei polmoni bisognosi di ossigeno. Nemmeno oso piegare un dito, la mia posizione di stallo non va rovinata con una mera svista come quella.

Controllo. Devo esercitare controllo, devo mantenere il controllo. In casi come questi, la padronanza di sé stessi è vitale come l'aria.

Controllo fisico.

E il controllo psicologico? Quello chi riesce a renderlo innocuo e incapace di agire da solo? Già... perché se da un lato riesco con una lucidità degna di un robot a mantenere fermo lo sguardo, gli angoli della bocca e gli arti, dall'altro non riesco a tenere a bada i miei innumerevoli e spregiudicati pensieri.

Non c'è verso di riuscire ad afferrarli, non sentono ragione alcuna di essere confinati in uno spazio buio della mente per poi rimanere buoni e in silenzio. Mancando, di conseguenza, rispetto alla loro padrona. A me.

Se ne stanno in giro fra i rami insidiosi e intricati della mia psiche, stando ben attenti a non andarsi a scontrare fra di loro, stando bene attenti a non finire incastrati in quel labirinto di tralci mentali. Galoppano fuori controllo, cantando alla libertà e, allo stesso tempo, strepitando in "silenzio" tutto quello che vorrei urlare a voce alta. Lasciando così agli altri il beneficio di credermi pazza, fuori di testa, folle, squilibrata.

Quando Apollo s'invaghì di AtenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora