56. Lion's mercy {2}

11.8K 612 322
                                    




"Perché, senza l'amaro, amico mio, il dolce non è tanto dolce."

Vanilla Sky (2001)





Il mondo intero si rovescia dietro le mie pupille — un'intera dimensione di convinzioni, sicurezze, ideali

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.










Il mondo intero si rovescia dietro le mie pupille — un'intera dimensione di convinzioni, sicurezze, ideali... ogni cosa stracciata, raggrinzita come foglie d'inverno al semplice udire di una parola.

Una sola parola, e tutto crolla.

Fortezze dorate e cuori di granito, anime di cristallo e torri d'alabastro.

Sento un qualcosa che punge là dove sono nascosti i sogni, pronti per destarsi appena avrò chiuso gli occhi, gabbie di realtà. L'arco dei denti scava contro la carne delle labbra, inesorabile, mai una volta che abbia esternato sottile pietà.

...e il respiro, appeso a un ridicolo tentativo di spezzare qualsiasi vocabolo da pronunciare.

Voglio parlare, voglio esprimermi, ma un qualcosa grava sul mio petto e mi fa morire le parole in gola, un cumulo di silenzi che grondano da singulti intensi, un indolente vibrare di emozioni — e la cerniera della bocca stretta, una linea definita scolpita nel marmo, espressione dura, dalle incurvature sintetiche.

Un'attitudine a voler spaccare il viso in due metà, affastellare di troppe, infinite emozioni — una maschera di riso e scoramento.

...terapeuta.

...vuoi fare il genitore di turno?

E i gomiti colti da uno spasmo di dolore, dove una costellazione di lividi è pronta per brillare.

...tu sei davvero il mio dio. Fallo!

...io senza di te sono smarrito...

L'avambraccio destro attraversato da fitte, morsi che mirano a sdrucire il fascio di muscoli. Adesso fa male. Pizzica di duolo.

...tu sei il mio dio...

...a nessuno importa di me, io non ho nessuno. Non c'è mai stato nessuno per me.

E d'un tratto la posso sentire.

Odo la melodia di Claudio.

La odo, ma è lontana, distante, come imprigionata in una cupola di vetro. Provo ad ascoltarla, modellandola alle fitte acute che percorrono la bordura dell'arto, alternandole con cura. Prima una nota, poi una stilettata alla carne. Una nota, una stilettata. Un ritmo che rasenta l'empietà.

Sollevo le dita in un gesto involontario, sfiorandomi la morbida linea dell'orecchio... quasi a voler sentire meglio, a voler ascoltare meglio, accogliendo in me ciò che non mi sarei mai aspettata — il tribolo di colui che non hai avuto un briciolo di riguardo per me, il dolore della solitudine, dolce veleno.

Quando Apollo s'invaghì di AtenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora