16. Botta e risposta

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Come da patto, come da stipulato ieri mattina durante la seconda ora nel bagno delle ragazze dell'Artistico, come da promesso, vado diretta nella via dove abita Laira al fine di andarla a prendere con la macchina, per portarla a scuola.

Per far sì che questo avvenga, però, mi occorre fare un piccolo sacrificio. Da oggi, fino al prossimo mercoledì.

Anziché far suonare la sveglia alle sette come di consueto, ho impostato l'orario anticipandolo di mezz'ora. Mi desto alle sei e mezza, mi vesto rapidamente con i panni scelti di proposito la sera prima – tattica pura –, mi lavo i denti – prima di colazione, già, è che ormai ho la fissa del cattivo sapore in bocca per cui me li lavo due volte, prima e dopo –, mi lavo rapidamente sottobraccio, mi lavo il volto assicurandomi che gli occhi siano aperti correttamente, mi spazzolo i capelli arruffando di poco la frangetta, mi applico del rimmel sulle ciglia e m'inciprio appena la punta del naso — anch'essi preparati la sera prima, bene in vista sopra la mensoletta del bagno.

Finita la "fase 1" mi accingo a mo' di passo di ballerina verso la "fase 2", la fase della colazione.

Metto a bollire il bricco del latte, carico la caffettiera piccola per il caffè, mettendola sul fuoco, e, nel frattempo che aspetto, dispongo sulla tavola la mia fedele tovaglietta a forma di cassetta vintage, due tazze, una per me e una per mami, i biscotti Gocciole, che ne vado matta io, e i biscotti Abbracci, che ne va matta lei.

Ho già informato la mamma delle mie sveglie anticipate, quasi da soldato semplice; per cui lei è più che felice se le faccio trovare il tavolo già apparecchiato e pronto per l'uso.

Dopo essermi preparata un cappuccino coi fiocchi e dopo averci inzuppato qualche biscotto – ho scelto di smettere di contarli da un bel po' di tempo, oramai –, procedo con l'indossare il giacchetto, l'avvolgermi la sciarpona intorno al collo e con l'infilarmi le fibbie dello zaino attorno alle spalle.

Addirittura rifiuto di accendere la televisione, tanto ogni minuto è prezioso.

Infine sfilo via le chiavi della Yaris dal piattino sopra la superficie di marmo appena sulla soglia della cucina.

Come un fulmine, percorro le scale del palazzo due gradini alla volta, con tanto di salto epico alla fine, ovviamente scatenando un rumore infernale. Ma, fortunatamente, mademoiselle Rossini quando si accorgerà di quel chiasso io sarò già scappata via, fuggita oltre il portone, con la mente e con gli occhi già proiettati sulla strada da percorrere.

Laira abita a non troppa distanza dal Caravaggio, il problema sono io, che abito nell'altra sponda dell'Arno, perpendicolare a Ponte Giovanni da Verrazzano.

Dunque sono costretta a fare letteralmente un enorme "giro dell'oca", contando i vari incroci, i vari semafori, i vari, e pure parecchi, ingorghi.

Mi aspetta proprio una settimana da incubo, una bella Via Crucis, o anche più semplicemente odissea.

Ad ogni modo, come ho detto, una promessa è una promessa. Un patto quando è stato stretto va mantenuto.

Laira indaga e scopre sul colpevole di chi ha scattato la fotografia, io le do uno strappo fino a scuola, andata e ritorno, per una settimana. Posso sopportarlo se tengo conto del risultato.

Laira abita in una casa a due piani in via Villani, un bel viale alberato che sa stupire soprattutto in autunno e in primavera. La sua abitazione è incollata, come quasi tutti i palazzi di Firenze, ad altri edifici; ma se non altro è tutta di proprietà della sua famiglia.

È una chicca, casa sua.

Color oro scuro, dal portone arrotondato e dal legno scuro, con un bel pomello di bronzo che si fa notare. Le finestre agghindate da inferriate ricurve e nere come pece danno sul viale, insieme a un terrazzo al secondo piano dalle balaustre di ferro battuto e ricco di ornamenti.

Quando Apollo s'invaghì di AtenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora