Il cellulare prende a squillare alle quattro e mezza precise del pomeriggio.Dal sussulto che mi ha aggrovigliata per poco che non sfugge via dalla presa, rischiando di andare a finire per terra. Senza badare nemmeno a scorgere il nome disegnato sul display, rispondo con il cuore avvolto da un manto di neve — angoscia e nastrini di palpitazioni. Un momento così delicato quanto il vetro più fine va saputo maneggiare con cura.
Il polpastrello tremolante dell'indice va a collidere contro il touch screen — un nodo di farfalle affiora alle pareti della gola, piano piano, per poi agitarsi sempre di più. Avvicino il cellulare contro l'orecchio, oltre la morbidezza dei capelli.
"È sicuramente Marco", un pensiero lieve si fa strada dentro di me, scavando senza chiedere il permesso, la cosa più ovvia di questo mondo; lui sapeva che ci saremmo riuniti dopo l'orario del pranzo in attesa di una sua chiamata.
Ormai lo spoglio delle schede dovrebbe essere finito, ormai il Caravaggio dovrebbe avere i suoi otto Rappresentanti d'Istituto e i suoi quattro Rappresentanti della Consulta.
«P-pronto?» un balbettio trapela dalla bordura delle mie labbra, incontrollato, selvatico. Rispondo sotto gli sguardi guizzanti e curiosi di Marta, di Diego e di Yousef, prede anche loro di un sussulto identico al mio. I loro cuori, avvolti dagli stessi spilli di ghiaccio.
Se ne stanno intorno a me, in cerchio, come se stessimo per dare inizio a un rito voodoo. Io, in piedi al centro della camera da letto di Marta, e loro tre a circondarmi con silenzio cheto — colui che cela impazienza.
Giunti alla fine di questa bizzarra mattinata scolastica, dopo pranzo, abbiamo deciso con un veloce via vai di messaggi di riunirci nell'appartamento di Marta, avremmo appreso la tanto attesa notizia tutti insieme. Vicini. I respiri incatenati gli uni agli altri come le aspettative.
L'idea di invitare anche Yousef è stata mia — avere intorno più persone è sempre un bene, una salvezza intangibile e dorata. E poi, Yo è un nostro compagno di classe a tutti gli effetti... si è rivelato essere un gesto alquanto naturale.
Io con l'ansia ad attorcigliarmi i tralci della spirito e con l'inquietudine a graffiare contro il costato, ossa dopo ossa, non sono riuscita a sfiorare con i denti un grammo di pasta o una briciola di pane — cosa che lei ha giudicato molto male e per nulla di buon occhio visti i miei... precedenti.
Ma niente da fare, mi si era serrato lo stomaco in ogni senso, non ho nemmeno toccato acqua o qualcosa con più dolcezza, come un succo di frutta. Purtroppo è un qualcosa che stavolta non sono riuscita a controllare — ho lasciato che un impeto più forte della mia volontà mi sovrastasse, un'urgenza troppo grande per poterla ostacolare.
«Pronto?» ripeto una seconda volta, però con più decisione, abbandonando quella parvenza di titubanza di pochi istanti fa. Trattengo le palpebre chiuse, le ciglia dolcemente incurvate verso il cielo — minuscole ali di farfalle opache e buie — e libero un refolo di un qualcosa che si avvicina all'equilibrio, alla quiete interiore.
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Quando Apollo s'invaghì di Atena
Teen FictionIl liceo Caravaggio è diviso in due fazioni: quella del Classico e quella dell'Artistico - comunemente rinominati Perfettini e i Fattoni. Questi due indirizzi da tempo immemore condividono lo stesso tetto ma non si può certo dire che vadano in perfe...