31. Libiam ne lieti calici

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Marta

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Marta.




Lo faccio o non lo faccio? Mi sembra ovvio, devo farlo. Oh no, non è così ovvio invece! Magari non devo farlo.

Forse meglio analizzare i pro e i contro. Sì, una persona intelligente, saggia e giudiziosa ci penserebbe a fondo prima di fare qualcosa; non che io sia saggia o quantomeno giudiziosa, però d'intelligenza posso vantarmene fino alla fine dei miei giorni.

Indubbiamente, a volte, i momenti in cui bisogna comportarsi con equilibrio e ponderando a dovere gli eventi futuri ci travolgono eccome, dunque si è quasi obbligati a far uso di un minimo di senso di assennatezza, anche se non rientra nei nostri parametri consueti. Basti strappare un foglio da un quaderno, tracciare con una matita una linea nel mezzo più precisa possibile e scrivere in ambedue i lati.

Sì perché. No perché.

Ed è ciò che sto facendo esattamente adesso. Ho strappato un pezzo di carta dal mio quadernone ad anelli, fregandomene di averne lasciato quasi metà attaccato al sostegno, e con un impeto degno Darth Maul ho preso una matita dal portapenne sopra la scrivania e ho disegnato una linea non troppo dritta nel punto preciso del foglio a righe.

Tutt'ora sono impegnata a scrivere con una calligrafia non troppo ordinata le due concezioni alle quali dovrò affidare tutto il mio intelletto e il mio raziocinio. "Sì perché" a sinistra, "No perché" a destra.

Intanto direi di cominciare dai "no perché", in quanto è proprio lì che si manifesta il senso di criterio (se davvero ne ho uno).

Comincio proprio da quella parte, forse quella che può essere definita la più complicata per certi versi, una via più tortuosa da percorrere rispetto alla sua controparte. Però è giusto affrontarla, è un atto legittimo che sarà in grado sicuramente di darmi la risposta concreta e corretta a questo immenso dilemma.

Sì, iniziamo dal "No perché"!

Non devo farlo perché, in primo luogo – anche se fino a ora non me n'è mai importato più di quel tanto, anzi quasi niente –, è il mio professore.

Professore prettamente di passaggio, sostituto della Pancrazio a tempo determinato, però pur sempre un mio professore. E scrivo il primo punto con un corsivo strascicato e con il mio solito tocco lieve, quel tocco che non attraversa il sottile strato del foglio, quel tocco che non riuscirà mai a bucare la superficie dall'altra parte, sul lato destro e accanto a un cerchietto colorato all'interno, tanto per dare un'idea di un elenco puntato.

Non devo farlo perché, naturalmente, gli darei soddisfazione.

Vedermi arrivare nel bel mezzo di un appuntamento, incontro, di un'uscita – o come cavolo sia meglio intenderla –, e dargli quel lampo sfuggente di compiacimento nel farmi beccare nell'esatto posto in cui si trova in dolce compagnia.

Quando Apollo s'invaghì di AtenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora