62. Be mine

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"Ti senti mai solo?"

"Soltanto in mezzo alla gente."

La sottile linea rossa (1998)





La sottile linea rossa (1998)

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Marta.



Il suo volto, alle mie spalle, me lo immagino inclinato, con quella rigidezza alterata, a stridere posata su quei lineamenti contratti in un sorriso sghembo. Le iridi impenetrabili mascherate di puro e semplice divertimento.

Il suo volto, alle mie spalle, accoglie le sue labbra che non fanno altro che ripetere il mio nome, implorandomi di fermarmi, di ascoltarlo.

Sentire cosa ha da dire a proposito del pizzo della mia biancheria, mostrato senza pudore, un dolce spettacolo offerto ai suoi occhi di colpo ricamati di stupore in un guizzo di palpebre.

Ma... d'un tratto... è come se le mie orecchie fossero foderate di una cortina sin troppo spessa per riuscirlo ad ascoltare, provarci, almeno — vergogna e quel delicato modo impacciato che ogni volta mi si appiccica addosso non appena lui incunea il suo sguardo a me. Una tenerezza remota che si agita in un rollio di pensieri quando lui modella anche delle misere parole misurate, lineari, mute occhiate e amabili attenzioni in petali di rosa riarsi, accartocciati su loro stessi e offerti al fior della mano.

Di nascosto, quasi con troppa fretta, il timore di essere scoperto.

E mi ritrovo incapace di deglutire, la valle della gola secca, arida, mi ritrovo incapace di formulare riflessioni avvolte di logica... so solo muovere le caviglie, avanti e indietro, il rumore dei miei passi celeri che vengono inghiottiti dagli angoli del corridoio, martellanti a spezzare quel silenzio ancestrale per tutto l'istituto.

Ci siamo solo noi.

Solo io e lui, e il mio cuore punto da un tremito fugace, un qualcosa di indiscreto a smuoversi fra la gabbia di ossa ad avvolgerlo; la forza di un uccellino e l'incanto di una stella a stracciare il manto del buio. Perché anche la più piccina delle cose riesce a scatenare grandi uragani, immensi temporali e giganti d'ombra a rincorrersi fra le paure delle persone.

«Hai finito?» pronuncio titubante, con voce ridicola, strizzando le ciglia, tentando di convincermi che la sua presenza, oltre la mia nuca, non c'è, frutto totale della mia immaginazione.

«In realtà non ho nemmeno cominciato...» celia lui con un tono deliziosamente sfrontato, il rintocco dei suoi passi che collima con il mio, un'unica armonia... precisi, definiti anche in quello.

Non voltarmi verso i suoi occhi e verso il suo tentativo di fermarmi, inocula in me una sensazione di cheta violenza, una dolcezza di cotone a tamponare sull'effigie delle palpebre e delle labbra.

...Una mancanza proprio lì... che gronda d'un liquido vermiglio... e che costella di sbavature.

Saperlo a un palmo da me, il profilo del suo petto così vicino all'orlo della mia schiena, mi riempie di un desiderio febbricitante di ruotare le gambe e affrontarlo col cielo aperto e pulito delle mie pupille, intrecciando le mie dita ai suoi ciuffi e con le altre a cucirgli quella maledetta e dannata bocca.

Quando Apollo s'invaghì di AtenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora