56. Lion's mercy ½

13.2K 649 287
                                    






"Molti di quelli che vivono meritano la morte, e molti di quelli che muoiono meritano la vita. Tu sei in grado di valutare, Frodo? Non essere troppo ansioso di elargire morte e giudizi. Anche i più saggi non conoscono tutti gli esiti."

Il Signore degli Anelli - La Compagnia dell'Anello (2001)











Il Signore degli Anelli - La Compagnia dell'Anello (2001)

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.






















Marta.





«Quali sono i tuoi fiori preferiti?».

La sua voce giunge alla mie orecchie in una danza leggera, una piroetta di movenze fievoli, e sulle mani, in punta di dita, incastrate certe gentilezze a cui mai sono stata in grado di farci l'abitudine, perché sentivo... lo sentivo che era un candore, una premura non destinata a me, un qualcosa che non avrebbe mai attecchito sulle mie membra gelide, morte di percezioni, un tramonto di emozioni — e le parole che provengono da una bocca amica non hanno lo stesso sapore, odore, di quelle pronunciate da qualcuno che custodisce sentimenti cheti come un sussurro sopito e dolci come il miele.

Ogni lettera, ogni spigolo con ogni sua ombra, è velluto... e si posa sul mio animo come un vello d'oro, in un fibrillio di nervi sotto pelle e nello stropicciare di un cuore appena udibile — un po' rovinato di speranze andate a morire, un po' incrinato di quelle illusioni d'amore che sono soltanto destinate alle fiabe racchiuse in libri antichi e dalle infiorettature delicate, un po' sbeccato di rimpianti eclissati, come quando sole e luna collidono e l'uno cerca di annullare l'altro... un po' ammantato di luttuoso tenebrore, una tintura fosca senza sfumature, una notte senza le sue stelle, e lì, in penombra, un traliccio di rose nere appena fiorite.

Lo stesso colore che si dirama in me come una ragnatela, attraverso il ginepraio delle vene, nel pulsare lento del sangue, un sottile riecheggiare nei meandri interiori.

...ma sento... sento una morsa stretta a pugno incuneata nel petto, incandescente, vibrante delle più nobili fantasie — e da lì nasce la mia prima speranza, in quelle fenditure che il gelo vi attraversa, di quel cuore raggrinzito, castello nero.

E il vello d'oro si adagia in ogni angolo, in ogni tassello, irrorando quell'aridità aberrante che mai, neanche per un attimo, mi ha lasciata libera, nutrendo ogni poro e disegnando orme di tenerezza. Gemme di ossidiana che sbocciano come fiori e divengono quarzi, ametiste, agate.

Oh no... nessun vello d'oro.

Perché io, lui, non lo immagino avvolto da nuvole dorate, brillanti, che celano bagliori di sole. Lui me lo figuro con le sfumature che decorano i miei ciuffi aggrovigliati: argentee, luccichii cinerei a orpellargli ciuffo dopo ciuffo, un pulviscolo che, con fare vispo, discende in quelle fosche pennellate che ha come ciglia, e labbra costellate, grondanti di plenilunio.

Quando Apollo s'invaghì di AtenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora