15. Atena patentata

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Ecco, ci siamo

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Ecco, ci siamo. È il mio turno, è arrivato finalmente. Tocca a me.

Sono sola, unicamente con le mie capacità.

Nessuno che può vedermi, né può aiutarmi.

È arrivato il momento di dimostrare tutto quello che ho imparato, tutto il tempo che ho dedicato fra la strade trafficate di questa splendida città, tutta la pazienza e tutte le parolacce che ho perso di fronte a conducenti totalmente incapaci. Tutta la sagacia che ho riversato sopra queste quattro ruote, senza perdermi d'animo. E anche tutta la sicurezza che sono riuscita a conquistare, pian piano e con costanza.

Voglio dimostrare che non ho paura, che la mia è stata una validissima e una bravissima insegnante di guida, voglio dimostrare che persino i miei genitori si sono rivelati dei positivi istruttori – nonostante mia madre, le prime volte, si sorreggeva con sguardo un po' preoccupato al gancio sopra al finestrino, e nonostante mio padre, sempre le prime volte, si ficcava in testa un casco da motocicletta –, hanno contribuito parecchio a non farmi svalvolare dinanzi al caos fiorentino.

Infine voglio dimostrare la mia voglia di diventare indipendente, la mia prova che voglio iniziare a cavarmela da sola.

Ci sono solo io, seduta sopra questo sedile.

Vicino non ho un amico, non ho un familiare, ho soltanto Alessandra che ha il dovere di tenere sigillata la bocca e di non darmi direttive. Neanche il piede pronto a scattare sul pedale del freno.

Ora c'è solo Matilde. Matilde dietro e la strada davanti, un volante fra di noi.

Naturalmente, c'è anche un esaminatore pronto a darmi del filo da torcere, insomma, è il suo lavoro dopotutto.

Spetta a me apparire tranquilla, abbastanza esperta nel condurre un veicolo e una brava riconoscitrice di segnali e di dovute precedenze.

Spetta a me a non dargli la soddisfazione nel vedermi cadere in una banale stronzata.

«Cominciamo?» sorrido affabile verso lo specchietto retrovisore, guardando dritto negli occhi dell'esaminatore.

«Cominciamo, sì!» esclama egli con gli occhi placidi, «A proposito, io mi chiamo Orlando Casperchi, è basilare la presentazione prima d'un esame».

«Ha ragione, piacere mio» annuisco assai lieta di questa piccola introduzione, «e non penso sia necessario che io mi presenti, saprà già come mi chiamo», faccio chiaro riferimento alla lista che tiene con fare protettivo sopra le ginocchia, insieme a un altro fascicolo.

«Matilde Castellani, classe millenovecentonovantasei e prima volta che tenti l'esame pratico. So bene, so bene» commenta il signor Casperchi, mostrando simpatia.

«Direi che possiamo iniziare, siamo pronti» s'intromette Alessandra, portandosi dietro l'orecchio una ciocca bionda dei suoi capelli ricci.

«Come no. Prego, accenda pure il veicolo, Matilde» mi dà l'okay l'esaminatore.

Quando Apollo s'invaghì di AtenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora