Corro come non lo credevo possibile, per scappare dalla paura ma man mano che percorro il bosco di quel residence, man mano che mo allontano la paura svanisce e continuo a correre perché non so che fare.
Solo quando mi fermo percepisco l' intenso lo sforzo fisico a cui mi sono sottoposta. Le piante dei piedi che battono sull'asfalto sembrano voler andare a fuoco all'interno di delle scarpe. Ma sopratutto sento i polmoni ardere alla spasmodica ricerca di ossigeno. Ogni boccata fa male e mi spinge a piegarmi sempre di più sulle ginocchia fino a rimanere a terra.
Impiego dieci minuti a riuscire a respirare normalmente, minuti nei quali cerco di pensare a cosa posso. Sono a km da casa mia, con un tossico potenzialmente fatto e fuori controllo che per quanto ne so potrebbe continuare a cercarmi e senza nessuno. Mi balena per la testa l'idea di chiamare Alyssa ma abbandono subito la cosa.
Ho le gambe completamente escoriate, piene di terra e il mio correre tra i rami secchi coperti dalla neve ha peggiorato la situazione contribuendo con altri svariati segni. C'è anche il principio di svariati lividi per via delle sportello che ha sbattuto dapprima contro la mia coscia e poi su parte della schiena che ancora fa parecchio male. Senza contare il segno di quella mano sul mio polso, rosso e ben visibile. In queste condizioni non è il caso di chiamare la mia amica incinta.
Inevitabilmente il pensiero di lei con la pancia ha portato a me, al mio piccolo segreto che sembrava farsi giorni dopo giorno sempre più detestabile. Mi fa venire voglia di singhiozzare, scavare una grossa buca nella neve e ficcarmici dentro al solo pensiero che potrei avere un bambino da Jamie.
Ho millantato indipendenza e ora eccomi qui a non saper uscire dalla losca situazione in cui mi sono infilata. Ho perso me stessa mesi fa e quella che credevo di aver trovato è solo una scialba copia troppo debole, pronta a farsi distruggere per un po' di amore ma è il momento di tornare in se.
Presa consapevolezza di questo, mi rialzo da terra, la neve mi bagnato gran parte del vestito e del cappotto, che grazie al vento diventavano attimo dopo attimo gelidi. Qualche mese sarei stata tremendamente imbarazzata, come tutti, a girare con un grossa macchia d'acqua sul sedere ma oggi sono stata umiliata già così tanto che questo quasi mi fa ridere.
Percorro la strada addentrandomi in un centro abitato, non ho la minima idea di dove sia, ma la cittadina sembra abbastanza grande.
Percorro la prima strada che mi viene a tiro inizio ad essere stanca e sentirmi una sorta di barbona. Entro nella prima caffetteria che trovo, un microscopico Starbucks molto carino e poco affollato. Sorrido all'idea di vedere il famoso punto vendita poco affollato, non mi è mai capitato di non dover fare la fila a New York.
Chiedo al commesso annoiato che cerca di studiare sui libri tra un cliente e l'altro la chiave del bagno.
Con fare melenso me la porge ma non prima di avermi squadrato come se fossi una fattona che chiede la chiave del bagno per andare a bucarsi.
Quello se avessi voluto avrei potuto farlo nelle macchina del mio ragazzo. Faccio fatica a non dirlo.
"Senti, sono caduta con il sedere nelle neve, ho beccato in pieno non so quanti rami e non ho nemmeno idea in che parte del Connecticut sono finita. Voglio solo cambiarmi e tornare a New York perchè la campagna non fa proprio per me." sorriso, mi fingo un po' tonta dando adito a tutti gli stereotipi della ragazzina di città che non sa sopravvivere in campagna senza la sua borsetta Chanel. Non mi importa di lui infondo, voglio solo la maledetta chiave. Ridacchia, i suoi occhi brillarono un attimo di divertimento sostituendo la noia dei libri, mi passa la chiave con un sorriso dolce e prima che inizi a provarci vado in bagno.
Ho un aspetto peggiore di quanto avrei potuto immaginare. Il mio viso è pallido, smunto, gli occhi sono rossi per via delle lacrime e non oso immaginare il resto. Sono ben felice che lo specchio sia troppo piccolo per riflettere anche il mio corpo. Prendo dal borsone le salviette imbevute e cerco come posso di ripulire il sangue intorno ai miei taglietti quel tanto che basta per riuscire a mettere dei pantaloni senza che questi si macchino.
Dopodichè mi cambio rapidamente, mi do una sistemata alla faccia quel tanto che basta per non farmi più scambiare per una tossica e torno fuori e fingere di essere la svampita ragazza di città.
Mi prendo un secondo di pausa seduta al bancone ordinando un caffè. Cerco di non stropicciarmi troppo il volto per via del trucco e penso a come tornare a New York.
"Senti c'è una stazione qui vicino? O da queste parti passa qualche pullman per andare a New York?"
"No, da questa parti usiamo ancora le vacche e i carri per andare in giro."
"Non intendevo quello. Lascia perdere cerco su google." rispondo stanca prendendo il cellulare dalla tasca.
"Se prendi il treno fai prima, ti lascia alla Grand Central ma devi arrivare alla città affianco per la stazione. Puoi farlo in pullman o in taxi."
"Grande! Sai anche il numero per chiamare un taxi?"
"Avrò il tuo di numero in cambio?" domanda spavaldo sporgendosi con fare da piacione dal bancone.
"Assolutamente no, e se per caso pensi di allungare le mani vorrei farti presente che il numero del pronto intervento lo conosco ancora. Torna nel tuo lato del bancone." Ridacchia nuovamente alzando le mani, si allontana poi ritorna con un biglietto di un'agenzia di taxi ma non mi sfugge l'appunto a matita dietro con il suo di numero.
Sbuffo, l'ultima cosa che vorrei fare dopo oggi è quella di rispondere a delle avance, di avere gli occhi di qualcuno addosso o di parlare soltanto con qualcuno dell'altro sesso.
Sbuffo e vado via componendo il numero per chiamare il maledetto taxi.
Alla fine dopo giri immensi riesco a immettermi nel treno diretto a New York e solo seduta a quel sedile scomodo che riesco a realmente a realizzare l'assurdità di ciò che è successo.
Nelle due ore che mi separano da New York la mia mente ripercorre più volte tutto, io che mi affretto a raggiungere l'auto, quando apro il portaoggetti e trovo quello schifo di roba.
Lui che mi trascina fuori, era sul serio fuori di sè, ma non era rabbia. Era paura, era un'uomo al suo stato primordiale, con un clava in mano e delle mutande di pelliccia sarebbe stato perfetto.
Le sue scuse, mentre mi trascinava erano vere, non voleva farmi male ma lo stava facendo comunque perchè credeva fosse giusto, credeva ancora di poter decidere per me. Di avere la risposta a tutto. Era quasi una supplica la sua, con la sua solita follia e non gli importava si graffiarmi e di sciuparmi voleva solo che restassi lì. Stampato nella mento ho ancora la confezione di pillole, non avrei pensato ad una simile pazzia.
Era in preda alla sua follia, e quando si è reso conto che non poteva più decidere è rinsavito. E io non credo di esser mai stata più grata di qualcosa in vita mia.
Tutto questo continua a ripetersi in maniera infinita, lasciando sempre più vuoto fino al punto che tali pensieri mi rendevano cupa, ma indifferente.
Così prima di scendere da treno, li metto tutti in una piccola scatola immaginaria e li lascio lì. Decido di non pensarci più, di fingere che non sia mai successo perchè sembra quello più sensato e saggio da fare.
La Grand Central sapeva di casa, E' stato solo un giorno eppure è stato così lungo che mi è sembrata una vita intera.
La tentazione di correre a ripararmi tra le braccia di Harry è così forte che non penso due volte e raggiungere il taxi giallo all'entrata e dare l'indirizzo della casa di mio padre, ma già al primo semaforo mi rendo conto di non poterlo fare. Sarebbe troppo facile correre da lui, mi consolerebbe, lo farebbe senza pensarci due volte, si distruggerebbe per ogni singolo graffio sul mio corpo, si darebbe la colpa perchè lui è fatto così. E non posso permetterlo. Mi sono cacciata solo in questo casino. Tutti mi avevano avvisato su di lui e io li ho ignorati. Non voglio più ignorare me stessa però, e se ora andassi da Harry sarebbe solo per comodità, per sentirmi meno sola e non si merita questo.
"Ho cambiato idea, mi porti al Guggenheim." cambio destinazione, la mia mente dopo il massacro di oggi ha bisogno di cose belle e quel museo che ormai conosco a memoria è sempre stato il mio piccolo rifugio segreto. Lì sono solo circondata dalla cosa più pura del mondo: L'arte.
STAI LEGGENDO
Amori sbagliati 2 H.S.
Fiksi PenggemarTaylor è ancora confusa, Harry è arrabbiato e l'orgoglio di entrambi non è certo una cosa da poco. Harry Styles fanfiction